25.12.11

Un SB nuovo di zecca



Finalmente in cinque, appena in tempo per festeggiare Natale tutti insieme. Il nuovo SB si è presentato al mondo la mattina del ventuno dicembre, in una Los Alamos coperta di di neve che riverberava la luce del sole del New Mexico, tanto intensa da far chiudere gli occhi.
Il labour è stato "facile ed estremamente rapido", definizione che tralascia i particolari splatter e le gioie del passare da zero a dieci in due ore. D'altra parte, è vero che tre ore dopo sarei stata pronta a rifare tutto, anche solo per il momento in cui l'ho abbracciato per la prima volta: ululante, affamato come un lupo, un po' cianotico, pieno di capelli umidicci, bellissimo. L'evento più comune della storia umana mantiene un che di vagamente miracoloso. Benvenuto, P'tit Loup!

12.12.11

Proust questionnaire @ 39th week

(While I wait for those Vanity Fair people to take notice of my existance...)

What is your current state of mind?
On the verge of nervous exaustion, but only for the last four and half years. Also very happy at times, albeit in a slightly drunken way.

What is your idea of perfect happiness?
Opening the presents on Christmas day in five.

What is your greatest fear?
Baby coming out with a tail. Or with Dr Spock ears. Or never coming out. And other such rational fears.

Which words or phrases do you most overuse?
"Ooops" and "Sorry". Being unable to see under my belly, I keep bumping into my children. On some unfortunate occasions, I've also bumped into someone else's children: not a good way to make new mommy friends, btw.

What are your favourite names?
Caterina and Pietro. And they are taken (I came up with the grand idea of letting them two to choose your name, baby. So that they'd feel involved, of course; also, here's something you won't be able to list when you will be catalogueing my ineptitudes in fifteen years or so - ah!)

What is your greatest regret?
Having booked a tour of the OB department, where I have been informed that "Babies here come out really, really blue, since we are the highest hospital in the country", and "If something goes wrong an helicopter comes up from Albuquerque in only twenty minutes". Nothing to worry about, then!

What is the trait you most deplore in yourself?
Impatience.

What is the trait you most deplore in others?
Procrastination (I know, baby, it's a loud and noisy world out there, but you will have to come out anyway at some point, and all this waiting is not going to make things easier, for any of us. Besides, most of the noise you are hearing is made by Big Sister and Big Brother, who happen to be among the very finest people I've met in my life, and hopefully in yours too. Scary stuff, but really worth a try)

What is your current motto?
"Keep calm and carry on" will do.

10.12.11

Pierrot's checklist

Day one - sorpreso sul passeggino dalla prima nevicata, ancora timida, fine fine:
"Oh! Sand!"

Day two - per terra più di un metro di neve; abbandonata ogni pretesa di timidezza:
"Chi messo qui all this snow?"

Day three - chiudono il lab, le scuole e la library:
(visibilmente preoccupato)
"Starbucks open?"
"Smiths open?"
"Doctor-check-baby's-heatbeat open?"

Neve o no, baby, we are ready

30.11.11

Cose che non ho

Tra le altre, un minimo di talento nel fotografare i bambini. O di pazienza, o di voglia, o di abilità di ricordarsi di portar dietro la macchina fotografica. Pace. In compenso, ho avuto la lungimiranza di affibbiare a Pierrot una fairygodmother che sopperisse alle mie lacune. Non solo, ma al momento, forse avendo notato che faccio fatica a mettere in fila frasi sensate (I blame those pregnancy hormones, obviously), scrive anche post sui SB ai posto mio, un po' aulici e un po'ultrapragmatici proprio come lei - thanks Monte!

http://outoftherandstad.blogs.ie/2011/11/17/summer-in-us-kids/

19.11.11

Random rambles

Il pater familias rientra dopo cinque giorni di conferenza a Salt Lake City. Il resto della famiglia si è mantenuta operosa e in salute, nonostante la mater familias si sia trascinata tra playgrounds, library e birthday parties in stato di perenne dormiveglia, sostenuta solo da frequente assunzione congiunta di nescafe e lindt dark 86% - la dieta ideale al nono mese (l'inquilino comunque non ha fatto un piega: good boy).


A patire più palesemente la lontananza di H è stato il frigo, ridotto al vuoto assoluto se si escludono due uova scadute e un pezzo di cocumber, il che che considerate le dimensioni dei frigoriferi americani fa sempre un certa impressione.


H indaga con Verdun:


"Ma l' avete mai fatta la spesa mentre ero via?"


"No. Però siamo andati tre volte da Starbucks!!!"


Quando il gatto è in Utah, i topi ballano - ubriachi di hot chocolate e gingerbread latte.

14.11.11

Cinderfella

To add to the list of the things that can seriously terrify the two year old: the entertainer at your big sister's best friend's birthday party, aka Giant Cinderella.
Or, the party guest's chinese cat, Mao, which Pierrot mistook as a huge stuffy toy and pet for twenty minutes until it got rather fed up and grab his t-shirt: very scary stuff. It reminded me about contemplating of my beautiful newborn babies looking like dollies in their sleep -until all of a sudden they would wake up screaming, reminding the world that they were indeed alive.
Great party, btw.

25.10.11

Blood test

Primo esame del sangue per i SB. Tutto secondo protocollo: shock iniziale, lacrime amare, cerotti degli Incredible Five, stickers di Kung Fu Panda, succo e barretta gentilmente offerti dal Los Alamos medical centre.
All' uscita dell'ospedale Verdun, ancora visibilmente sconvolta, annuncia:
"Devo dire something."
"Dimmi."
"Quando lo rimettono dentro?"
"Cosa?"
"Mio blood. Quando me lo rimettono dentro?"
"Mai, non serve. Ne hanno preso pochissimo, solo per controllare che vada bene."
"Ah."
.....
"Sei proprio sure?"
"Sicurissima."
"Ok, then."

22.10.11

The special one


"Mamma, look, in questo book c'è uno mistake."

"Dove?"

"Here. Vedi come hanno spelled "one"? "

"O-N-E. Nessun mistake."

"Ma "one" inizia with the sound ua, so it should begin with W."

"It should. Però "one" è un red word, una parola che non segue le regole dello spelling. E'...mmm...speciale."

"Oooh!"

"Eh."

Welcome to the magic world of the english spelling, Verdun. It doesn't come short in special words. In fact, I have a feeling there are enough for a lifetime of surprises...

18.10.11

La mamma drago

Ogni tanto arriva una definizione nuova: ci sono la mamma chioccia, la mamma giraffa, l'ultima è la mamma tigre di Amy Chua, che ha fatto discutere tanto qualche mese fa. A me in genere queste definizioni lasciano molto perplessa: perchè non si applicano a nessuno. Lasciamo perdere chi cerca di mettere il dibattito sul piano mamme cinesi vs mamme occidentali; non funziona neanche livello individuale. Tutte le mamme che conosco, senza eccezioni, sono dei fardelli di contraddizioni, sfuggenti a qualunque tipo di incasellamento. Per motivi abbastanza ovvi, peraltro: sommano le variabili infinite del proprio carattere con quelle altrettanto innumerevoli della creature che stanno cercando di allevare facendo meno danni possibili. Le quali giovani creature, tanto per aggrovigliare la situazione, possono avere dei cambi di personalità radicali nel giro di cinque minuti.
A volte mi sembra che larga parte del mio percorso di genitore sia speso nel cercare di capire con che razza di bambini ho a che fare. Ho degli ideali a cui aspiro, molto sfaccettati, che vengono rimessi in gioco e questionati in continuazione dai Signori Bambini. Raramente mi addormento sentendo di essermi avvicinata abbastanza a questi ideali; più spesso mi capita che mi ronzino in testa dubbi, insicurezze, idee per cercare di fare di più e di meglio. Just in case avessi bisogno di accumulare ancora un po' di ore di sonno perse.

Comunque. Ieri notte appunto non riuscivo a dormire, complice un po' di ansia generica e la pancia di dimensioni ormai significative, e mi sono imbattuta in questo articolo del Sunday Review, "Notes from a Dragon Mom", di Emily Rapp. Non un altro essere mitologico, ma una categoria di genitori molto specifica.
Alla mamma drago mamma tigre e compagnia fanno un baffo, perchè a lei è toccato il compito più terribile, quello di crescere un bambino colpito da una malattia genetica che involve una crescita poco diversa dal normale fino ai diciotto mesi, e poi una graduale regressione verso uno stato vegetativo, fino alla morte prima del terzo compleanno. Nessuna cura e nessun trattamento. Il suo compito è di accompagnare il suo bambino piccolo attraverso la malattia limitandone il più possibile la sofferenza, cercando di rispettare il suo dolore e la sua dignità.
E' chiaro che un'esperienza del genere abbia poco a che vedere nella pratica con quella di un genitore di un bambino sano. E' ovvio che su di me e sul mio rapporto con i miei figli ci siano altre aspettative, costruite sul presupposto di avere un futuro insieme e oltre la mia esistenza.
Eppure leggere la storia di questa mamma, raccontata con profondità e consapevolezza feroci, aiuta, in qualche modo. Ad esempio, a riconsiderare incertezze e paranoie sul proprio ruolo; a ricordarsi di incoraggiarli a fare del loro meglio, mettendo davvero da parte le nostre ambizioni e il nostro ego; a pregare non solo per la loro salute e la loro allegria, ma anche per trovare la forza di saperli aiutare ad affrontare il dolore. A mettere le cose in prospettiva, insomma.

But today Ronan is alive and his breath smells like sweet rice. I can see my reflection in his greenish-gold eyes. I am a reflection of him and not the other way round, and this is, I believe, as it should be. This is a love story, and like all great love stories it is a story of loss. Parenting, I've come to understand, is about loving my child today. Now. In fact, for any parent, anywhere, that's all there is.

26.9.11

Turning two on the choo-choo

Pierrot, o Toto come preferesce definirsi, compie due anni, ma è fermamente convinto di averne quattro come la sorella. Cerca di correre più veloce di lei, saltare più in alto, mangiare più veloce - altissimo tasso di competitività registrato specialmente nell'ultimo settore.
Non contento, pretende di saper contare e di conoscere l'alfabeto: scende le scale di casa contando one, two, three, three, four, four, four, ten! Finge di scrivere con la precisione di un monaco amanuense, producendo ovviamente solo scarabocchi. Riconosce la P, ma la indica come "This P, P for Toto!", segnale inequivocabile della mancanza di un tassello nel ragionamento. Chiacchera, racconta, chiede sempre "perchè", quando nessuno lo ascolta blatera a vanvera come un vecchio brontolone. Crea neologismi pazzeschi in italinglish e si arrabbia moltissimo se non li cogliamo al volo; eppure basta poco, davvero pochissimo, per farlo tornare a sorridere.
Lui e Verdun trafficano insieme per ore, letteralmente; capita che finisca in tragedia, ma nemmeno troppo spesso. Al momento il gioco favorito consiste nel caricare sul divano tutti i loro giocattoli e pretendere di essere su un bus, su un taxi, and all things that go (mi sembrava strano finchè ho avuto un flashback al 1987, in cui io e i miei fratelli spostavamo tutti le nostre cianfrusaglie sul tappeto e giocavamo al "camper di david e lisa" - il link tra il camper e lo gnomo rimane imperscrutabile).

Ma il mezzo di locomozione preferito di Pierrot rimane il treno, che ovviamente a Los Alamos non c'è: in compenso la biblioteca ha un'ampia selezione di libri illustrati in materia, con l'unico limite di illustrare perfettamente treni a carbone in stile Far West non proprio facilmente reperibili. L'abbiamo anche preso il treno, l'estate scorsa in Italia, ma è chiaro che con aspettative del genere il viaggio Alpignano-Torino non risulti proprio entusiasmante.
Per fortuna in America, sempre per la storia del popolo giovane dalla storia relativamente recente, ci sono un sacco di adulti che sembrano condividere la passione di Pierrot, e vecchie linee vengono sistematicamente restaurate e rimesse in funzione just for fun. Così per festeggiare il suo complenno siamo stati in Colorado, sulla Durango and Silverton Narrow Gauge Railroad, antica linea che collegava Durango a questa città creata per ospitare i cercatori d'oro, a tremilacinquento metri nelle San Juan Montains, coda delle Rocky. Il Colorado all'inizio dell'autunno vale la pena un giro in treno anche se non si appasionati di antiche locomotive: le tre ore di viaggio tra le montagne, lungo il fiume o a ridosso di canyons profondissimi, in mezzo alle foreste dai colori incredibili, sono trascorse molto veloci. Poi c'è stato il museo dei treni e l'immancabile sosta di mezz'ora intorno ala plastico di Thomas the Engine. Insomma siamo tornati da Durango stravolti e con le facce nere di carbone, ma Pierrot detto Toto è apparso soddisfatto. Happy birthday, my little engineer!





22.9.11

Between the lions

"Ok guys, I think I just saw a penguin on the beach. Let's just take ONE good picture with the ocean and we're back to the spa. Ready?"

"Yes, yes!"

"Good: one, two, three!"

"Ahrrrrrr!"


"What was that?"

"We were pretending to be mighty lions!"

"Could you please pretend to be plain sensible children instead? Let's try again: one, two, three!"


"....?"

"I was being a jellyfish!"

"Do you even know what a jellyfish IS?"

"We're cold!"

"And I' m freezing! Just fake a nice smile and we're done, ok? Now!"


"Oh, my."

"What? What?"

"Nothing. The mighty lions impression will do. Back to the hotel, now."

There are days when even a digital camera won't do. How did parents ever managed with the old ones, I know not.

18.9.11

Appendix

Non siamo stati a Ground Zero. C'eravamo stati tre anni fa, e questa volta i SB sarebbero stati probabilmente abbastanza grandi da intuire qualcosa di sbagliato nel grande buco trai grattacieli, ma troppo piccoli per capire la magnitudine del disastro.
Il nuovo centro è stato ufficialmente inaugurato due giorni dopo che abbiamo lasciato New York - molti progetti interessanti, mi piace l'idea delle fontane con i nomi delle vittime iscritte sulle pareti. Larga parte del piano è ancora in the making, ma a New York questa è una cosa che anzichè disturbare in un certo senso armonizza con il resto della città.

Tutti i giornali e probabilmente le televisioni hanno dedicato grandissimi spazi alle celebrazioni del decimo anniversario dell' undici settembre, e le opinioni in merito erano molto diverse, al di là del comune denominatore di nostalgia e malinconia. Un messaggio che però mi è sembrato più diffuso di altri era questo: Let it go, lasciar andare, non dimencare ma nemmeno usare la rabbia e la disperazione di quei giorni come una ragione ancora valida per giustificare decisioni prese dieci anni dopo.
Non è un messaggio che coincide esattamente con il Vangelo di questa settimana, incentrato sul valore del perdono, anche se si sovrappongono in parte. Mi sembra più interpretabile come un'ammissione dei propri limiti, dell'incapacità di una piena comprensione degli eventi e delle ragioni di chi li ha provocati - forse un atteggiamento che sarebbe stato più scontato e immediato in un popolo europeo, ma per quello americano implica una messa in discussione dei propri valori, storia e cultura molto profonda e non facile. Eppure c'è in corso una presa di coscienza della necessità di rivalutare l'efficacia delle scelte politiche fatte sulla scia di quegli eventi, e di andare oltre, di celebrare il futuro, ad esempio la capacità di New York di rimanere un centro di gravità mai veramente messo in discussione, dai giorni di Ellis Island in avanti. Non so, mi è sembrato un piccolo segnale di speranza per tutti, dappertutto.


17.9.11

This is New York


"Okay, okay, I'll throw in another clock."
In the year 1626 a Dutchman, Peter Minuit, bought the island of Manhattan from the Indians for twenty-four dollars worth of handy housewares. It remains the biggest bargain in American history. Businessmen say that now he would have to throw in another eight billion dollars.



And no wonder.


(M. Sasek, "This is New York")

Il bello degli fisici nucleari è che ogni tanto organizzano conferenze in posti interessanti. A pensarci bene non ho mai visto H arrivare da un convegno soddisfatto in termini di scambio di conoscenze, in compenso torna sempre con belle foto e buone idee per le vacanze.
Ogni tanto capita che ci accozziamo anche noialtri tre.
L'ultima conferenza è stata in New Jersey, in un residence sull'oceano a un' ora di treno da New York. Eufemisticamente si potrebbe dire che ho appoggiato la sua partecipazione; in pratica, ci è mancato poco che l' abstract lo mandassi io ("Impact of the ocean waves on the wellbeing of the twentysix-weeks-pregnant woman").
Insomma, alla fine siamo partiti tutti, e approfittando del Labour Day e del weekend siamo stati via una settimana, quattro giorni a New York e tre a Longbranch.

I love New York. Ci sono stata la prima volta a sedici anni e sono rimasta comprensibilmente folgorata. Pero mi è successo anche quando ci sono tornata a ventinove e anche la settimana scorsa, e nel mentre un po' di mondo l'ho girato ("Ma NY è poi tanto diversa da Londra?" "Si.")
H ha delle perplessità sul traffico, sulla relativa mancanza di spazi verdi, sulla concentrazione di persone, sui ritmi accelerati della metropoli. Cose che non scalfiscono il mio entusiasmo, che i Signori Bambini, come sempre, hanno assorbito come spugne mantenendosi eccitati e iperattivi per tutto il soggiorno. Nota di colore: abbiamo dimenticato a Los Alamos alcuni items abbastanza essenziali, tra cui il passeggino - l' incubo di ogni genitore. Per fortuna Verdun è entrata in modalità Maurizio Damilano e ha camminato per Manhattan in lungo e largo, distratta della densità di gente, taxi e Starbucks. In compenso, io e H abbiamo rischiato l' amputazione degli arti superiori, sfibrati dal sostenimento prolungato del non-longilineo Pierrot. E' andata.

Nell' infinita offerta culturale locale abbiamo pescato attività che avessero un minimo di rilevanza per tutti. Mmm. Con un leggero sbilanciamento verso il settore più giovane della famiglia. Insomma, tra le ninfee di Monet al MoMa e l' orso polare al Central Park zoo, ha vinto l'orso.
Abbiamo anche preso il ferry per la Statua della Libertà ed Ellis Island, e al ritorno abbiamo fatto la doccia le fontane a zampillo di Battery Park. Siamo stati al "Museo dei dinosauri" e al planetario, e al Disney Store di Times Square che è come una show room dove piu roba tiri giù, più sono contenti e se ti vedono provare il costume di Cinderella ti portano subito scarpette e tiara, per completezza. Abbiamo zigzagato per Central Park,tra lo zoo, il lago delle barchette, la statua di Alice in Wonderland e il burattinaio che ha incantato Verdun.
Siamo stati a Bryant Park di notte, quando le uniche luci sembrano quelle riflesse dai grattacieli intorno, e i SB hano organizzato un birthday party sul prato per i loro amici immaginari.






L' ultimo giorno pioveva a dirotto, così ci siamo rifugiati nella Central Library, sezione kids, dove custodiscono tra le altre cose i pupazzi originali di Winnie-the-pooh and friends. Siamo anche riusciti a vedere il resto della library, le collezioni e le sale studio, e il bookworm che è in me avrebbe volentieri piantato radici lì.




Invece ci siamo poi spostati in New Jersey, dove il tempo è stato abbastanza inclemente, ma i SB non hanno fatto una piega: hanno giocato sulla spiaggia per ore, in kway, e invece che nell'oceano, il bagno l'hanno fatto nella spa dell'hotel.

E così è andato anche l' ultimo sprazzo di vacanza, l' ultima vacanza in quattro. A Los Alamos siamo stati accolti da un clima decisamente autunnale. Per la prima volta dopo anni, tuttavia, ho voglia di autunno, di aria fredda, di umidità, di foglie per terra, di cinnamon dolce latte bollente, di coprirmi e tenere al caldo la pancia che cresce veloce. Di vivere quest' ultimo trimestre di attesa in toni un po' più lenti , compatibilmente con i ritmi dei futuri Big Brother and Big Sister, i cui feelings per il nuovo fratellino al momento oscillano fra curiosità, eccitazione e timore da invasione barbarica. Brace yourselves, guys!

31.8.11

Cartoline dall' Eurotour (continued)

Seconda tappa: Italì.

Da Londra siamo volati in Sicilia. Una settimana di mare a Cefalù, poi un breve tour con una macchina affittata sul posto: Palermo, Agrigento, Siracusa.
La Sicilia è potenzialmente bellissima. Solo che a me, a forza di girare con i Signori Bambini, è venuta questa sorta di deformazione professionale per cui le prime cose che noto quando visitiamo un posto nuovo sono l' attitudine, le attenzioni e le attrezzature dedicate ai piccoli. Dopo anni di consultazione ossessivo-compulsiva della Lonely Planet, sono passata a scrivere mentalmente la Lonely Planet for kids ogni volta che esco di casa.
La premessa è per spiegare perchè in tante occasioni la Sicilia mi abbia fatto cascare le braccia.
Certo, c'era il mare davvero pulito, e la spiaggia con la sabbia fine e le conchiglie che assicurano ore di intrattenimento per qualunque infante, e specialmente per i nostri che vivono a duemila km dalla spiaggia più vicina: Pierrot era soprattutto interessato a trafficare con camion, palette e secchielli sulla spiaggia, mentre Verdun avrebbe passato ore in acqua.
Solo che finiva tutto lì: il mare, la spiaggia, la vegetazione lussureggiante potevano compensare il caldo e l' umidita, ma non la trascuratezza con cui si presentava tutto il resto. Come l'area pedonale intasata di motorini che correvano come schegge facendo rasette ai passeggini; i marciapiedi rotti e sporchi; i parcogiochi minimi, vandalizzati, esposti al sole; ancora troppa gente che fuma noncurante di avere dei bambini vicino; and so on. Stesse condizioni nelle città che abbiamo visitato, a parte Siracusa, che mi ha lasciato un'impressione migliore.
Mi sono sembrati segni di un'arretratezza culturale a cui non ero preparata, e mi ha amareggiata un po'. Davvero si può fare di meglio, e non ci vorrebbe neanche tanto. Mi piacerebbe tornare in Sicilia tra qualche anno e trovarmi smentita, realizzare che fosse solo una questione di catching up, chissà.

Poi siamo tornati a Torino, e le ultime due settimane di vacanza le abbiamo dedicate alle nostre famiglie e ai nostri amici, il che comporta sempre un tour de force tempistico e organizzativo che ci lascia puntualmente stravolti, ma un po' più sereni, non fosse altro che per tutte quelle facce che dopo tanti anni di assenza ci accolgono ancora con entusiasmo.

Insomma vacanze lunghe e intense, accumulando giorni di ferie ancora da maturare (H mi fa notare che al momento è a -17), tempo dedicato a noi quattro e poi a far conoscere ai SB quella famiglia allargata di cui si ricordavanno pochissimo. Good times.





30.8.11

Cartoline dall'Eurotour

Qualche immagine ricordo delle nostre vacanze, prima che svaniscano del tutto.

Prima tappa: London.
Se hai vissuto in una città per tre quarti della tua vita, stai via per otto mesi e quando torni non ti ricordi di averci mai messo piede, i casi sono due: o sei molto vecchio, o sei molto giovane. In entrambi i casi, per chi assiste alla scena lo spettacolo è un po' sconfortante. Non mi aspettavo molto da Pierrot, ma un barlume di familiarità da Verdun si. Nein, familiarità. Tuttavia deve essersi resa conto che ci fossero delle aspettative: siamo tornati in questo parcogiochi a Marylebone, dove avrei diritto a una placca blu solo per le infinite code davanti alle altalene praticamente quotidiane. Verdun si è guardata intorno spaesata e mi ha chiesto:
"Tu ci sei gia stata qui?"
Eh, occasionally.

Nevermind.
Io e H abbiamo avuto la sensazione opposta, quella di non esserci mai mossi di lì, non fosse che per qualche altra vetrina che ha dovuto lasciare il posto a un ristorante libanese, lo starbucks di fiducia che aveva cambiato gestione e il bambino nuovo di zecca dei nostri amici italiani. Era ancora tutto lì, tutto quello che ci ha attirato e tutto quello che ci ha fatto venir voglia di fuggire: il cielo sempre grigio e la sensazione costante di freddo nelle ossa, il melting pot, i parchi curatissimi, la metro, l'accento irritante dei veri londoners, la loro schiettezza, il flusso rapido e incessante di persone e possibilità che può elettrizzare o angosciare, a seconda dei giorni.

Non ci sono foto della settimana londinese, proprio perchè non ci sentivamo per niente in vacanza. Appena sbarcati a Heathrow siamo invece immediatamente entrati in hyperactive mode, per adeguarci allo spirito del luogo. H ha incontrato il suo vecchio supervisor e hanno prodotto idee che dovrebbero riempire tre articoli, a suo dire. Io ho avuto la mia intervista di dottorato, che inizierò ufficiamente a ottobre, anche se sono mesi che lavoro al proposal. E' stato un raro momento di gloria, e soprattutto un'opportunità per discutere il mio progetto con persone competenti, interessate e addirittura apparentemente entusiaste. Non che H non abbia fatto del suo meglio per apparire interessato ed entusiasta, ma ho sempre avuto il dubbio che quando gli parlavo del proposal lui facesse codici nella testa.

I Signori Bambini sono stati palleggiati da un genitore all' altro e ovviamente hanno visto più cose in una settimana che nei tre anni in cui hanno vissuto lì.
Nella loro classifica delle London's top tourists' traps: il parco di Peter Pan nei Kensington Gardens; il children's zoo di Battersea, anche se l'animale più esotico è il lemuro; il Natural History Museum, specialmente lo shop; Trotters, dove le parrucchiere ti tagliano i capelli mentre sei distratto a guardare l' enorme acquario, e alla fine puoi avere un lecca lecca e un certificato di buona condotta; gap kids in High Street Ken, così grande e incasinato che a nessuno importa se i bambini si scelgono i vestiti da soli; e la pizza sulla south bank, nel ristorante da cui si può controllare il viavai delle barche sul Tamigi.

Ci manca Londra? No. Non ci tornerei a vivere neanche morta? Non è vero neanche questo. Mixed feelings.


(to be continued)

21.8.11

Black and white and grey

Ti puoi anche illudere di essere lontana da Torino da abbastanza tempo da non sentirne neanche più nostalgia. Parlarne poco, quasi mai. Cancellare foto dal computer. Ignorare certe canzoni ancora in memoria sull'ipod. Descriverla come la casa in cui sei cresciuta, un posto importante ma non necessariamente quello in cui vorresti tornare a vivere - 'che essere fuidi, capaci di adattarsi ed entusiasmarsi per nuovi habitat è diventata un po' la tua parola d'ordine.
Poi però ti capita una domenica pomeriggio di sfogliare il New York Times Magazine e incappare in una pubblicità della Rosetta Stone, corredata da foto in bianco e nero di Piazza Vittorio, all' alba, luce grigia sul pavè e poche macchine in giro. Non una didascalia, un indizio, niente. Non si vede neanche la Gran Madre, coperta da un gioco di luce - ma tu la vedi benissimo.
Allora succede di realizzare con un discreto senso di smarrimento che tu e l'uomo di fronte, a sua volta impegnato a leggere un inserto domenicale mentre controlla che i pargoli non si rovescino addosso la cioccolata calda, siete probabilmente gli unici individui in tutto il New Mexico in grado di riconoscere istantanemente quella piazza. Di ricordarne l'eleganza e la maestosità, le passeggiate sotto i portici e le corse al mattino prestissimo, le sessions da shopaholic con le amiche, le prime uscite a due tentative e dentrolariasporcailtuo sorrisocontrovento. Di immaginare una vita parallela, chiedersi e se invece fossimo rimasti a orbitare da quelle parti . Roba che fa male al cuore, e bene all'anima. L'appartenenza è avere Piazza Vittorio dentro di sè.



29.7.11

Kicks

Those first kicks. Despite it being the third first time in not-so-long, it still feels overwhelming. Nevermind the exaustion, the twenty-four hour sickness or the backache: it just puts this big, slightly vacant smile on your face. It's like falling in love. Actually, this is probably what falling in love is about.

25.7.11

Arrivals

Un'estate in fuga: mentre a Los Alamos bruciavano le pinete, noi eravamo in Sicilia. Due ore dopo che siamo decollati da Catania, hanno chiuso l'aereoporto per un improvviso aumento di concentrazione di ceneri vulcaniche nell'aria. Il giorno dopo che lasciamo Torino, terremoto. Le calamità naturali sembrano mancarci per un soffio.
In compenso in termini di catastrofi fai-da-te non ci facciamo mancare nulla: tornare in America una settimana dopo H per sfruttare un po' di più i biglietti strapagati, per esempio, non si è rivelata un' idea brillante.

E' noto che la ratio ideale per i viaggi è 3 adulti: 1 bambino. 1 adulto: 2 bambini è invece premessa di esurimento fisico e nervoso, per tutti e tre, specialmente se il tragitto comporta tre voli e 23 ore complessive di viaggio. Atroce.
Comunque, è andata: siamo arrivati tutti e tre interi e senza aver perso per strada niente di fondamentale. Poteva andare peggio: lo zaino con tutti i documenti, biglietti, passaporti e cash che ho dimenticato alla dogana avrebbe potuto raccoglierlo qualcun altro, anzichè il poliziotto che me lo ha restituito mezz' ora dopo con sguardo compassionevole. Verdun avrebbe potuto rovesciarmi addosso un bicchiere di vino anziche il suo apple juice, e allora sarebbe stato più difficile autoconvincersi che l' alone fosse quasi invisibile. Il signore seduto davanti avrebbe potuto girarsi e inveire contro Pierrot almeno una ventina di volte, invece di sopportare stoicamente calci sulla schiena per dodici ore - unica spiegazione plausibile è che sia stato nella mia stessa situazione qualche anno fa.

Arrivata ad Albuquerque, ho promesso a me stessa che sarebbe stato il mio ultimo viaggio da sola con due bambini, nella piena consapevolezza che si trattava dell'ultima di una lunga serie di promesse mancate. Tipo quelle fatte tra una contrazione e l' altra in attesa della comparsa di Verdun, poi smentita e ripetuta tra una contrazione e l'altra in attesa della comparsa di Pierrot. E adesso è prevista una nuova smentita per dicembre...
Perciò, pensandoci meglio, potrebbe essere la volta buona che terrò fede a una promessa fatta in condizioni disperate: si prospettano viaggi da sola con tre bambini, sperando di non dimenticarne nessuno alla dogana.

2.7.11

Fire

http://topics.nytimes.com/topics/reference/timestopics/organizations/l/los_alamos_national_laboratory/index.html


Un incendio sta devastando Los Alamos county. Non è un evento sorprendente, in New Mexico: l'estate è calda e secca, e le foreste si estendono ininterrotte per centinaia di chilometri, così si è sempre sul chi va là - non abbastanza, purtroppo. Per dire, il mese scorso ci sono stati una serie di incendi nel nord dell' Arizona, distante centinaia di chilometri, e il fumo è arrivato fin da noi: sembrava l'ora del tramonto anche a mezzogiorno.
E da qualche giorno anche le pinete delle Jemez Mountains che circondano Los Alamos bruciano: il fuoco non è ancora arrivato al centro abitato, ma per precauzione, e memori dell'incendio che nel 2000 distrusse duecento case, l'intero paese è stato evacuato - 25ooo persone. Rimane una città fantasma, fino a data da destinarsi.


Con un tempismo assolutamente inedito nella mia storia, invece che a Los Alamos al momento ci troviamo in Sicilia: per riequilibrare il karma, mi aspetto che mi cada una tegola in testa da un momento all'altro. Ci sentiamo molto fortunati, ma la preoccupazione non lascia dormire tranquilli neanche qua. Intanto, perchè tutto quello che abbiamo, meno due zaini e due valigie, è laggiù, nella casa di legno a due passi dal canyon - e io che avevo paura degli orsi!
Poi per quei luoghi che ormai sentiamo anche un po' nostri, per la "land of enchantment" tanto delicata, per le montagne che stavano tornando verdi dopo l'ultimo grande incendio.
Ma soprattutto per gli amici e per i loro bambini, per il trambusto, il disagio e la paura che stanno vivendo. Come avrebbe affronatato Verdun l'incertezza e lo scombussolamento di un'evacuazione? Certamente molto male. Come se la staranno cavando Maya, Ian, Peter e tutti gli altri?
Non resta che sperare che tutto torni presto alla normalità, anche se un po' affumicato, senza troppi danni e troppi brutti ricordi. A pensarci bene, una parte di me preferirebbe essere lì.

30.6.11

A mother's prayer for her daughter

First, Lord: No tattoos. May neither Chinese symbol for truth nor Winnie-the-Pooh holding the FSU logo stain her tender haunches.

May she be Beautiful but not Damaged, for it’s the Damage that draws the creepy soccer coach’s eye, not the the Beauty.

When the Crystal Meth is offered,
May she remember the parents who cut her grapes in half
And stick with Beer.

Guide her, protect her
When crossing the street, stepping onto boats, swimming in the ocean, swimming in pools, walking near pools, standing on the nearby subway platform, crossing 86th Street, stepping off of boats, using mall restrooms, getting on and off escalators, driving on country roads while arguing, leaning on large windows, walking in parking lots, riding Ferris wheels, roller-coasters, log flumes, or anything called “Hell Drop,” “Tower of Torture,” or “The Death Spiral Rock N’ Zero G Roll featuring Aerosmith,” and standing on any kind of balcony ever, anywhere, at any age.

Lead her away from Acting but not all the way to Finance.
Something where she can make her own hours but still feel intellectually fulfilled and get outside sometimes
And not have to wear high heels.

What would that be, Lord? Architecture? Midwifery? Golf course design? I’m asking You because if I knew, I’d be doing it, Youdammit.

May she play the Drums to the fiery rhythm of her Own Heart with the sinewy strength of her Own Arms, so she need Not Lie With Drummers.

Grant her a Rough Patch from twelve to seventeen.
Let her draw horses and be interested in Barbies for much too long,

For Childhood is short — a Tiger Flower blooming
Magenta for one day –
And Adulthood is long and Dry-Humping in Cars will wait.

O Lord, break the Internet forever,
That she may be spared the misspelled invective of her peers
And the online marketing campaign for Rape Hostel V: Girls Just Wanna Get Stabbed.

And when she one day turns on me and calls me a Bitch in front of Hollister,
Give me the strength, Lord, to yank her directly into a cab in front of her friends,
For I will not have that Shit. I will not have it.

And should she choose to be a Mother one day, be my eyes, Lord,
That I may see her, lying on a blanket on the floor at 4:50 a.m., all-at-once exhausted, bored, and in love with the little creature whose poop is leaking up its back.

“My mother did this for me once,” she will realize as she cleans feces off her baby’s neck.
“My mother did this for me.” And the delayed gratitude will wash over her as it does each generation and she will make a Mental note to call me. And she will forget.

But I’ll know, because I peeped it with Your God eyes.

Amen.


(from Tina Fey "Bossypants")

Buon compleanno, Verdun, pesciolina instancabile nel mare di Cefalù. Che bella sorpresa la grinta con cui affronti le onde più alte di te: "Ieri ero solo three, ma adesso sono four: voglio stare sempre sempre sempre nel mare!"

17.6.11

Eurotour

Vigilia della nostra partenza per l'Europa: una settimana a Londra, quindici giorni in giro per la Sicilia e poi due settimane a trovare i nonni nell' amena provincia torinese, sperando che la stagione dei monsoni per allora sia terminata. Un viaggio dal glamour decresente, insomma.
Tra una tappa e l'altra, un' infinita' di appuntamenti, interviste, presentazioni, cose da fare e gente da vedere, ma anche, of course, rilassarsi - ci vorrebbero sei mesi.
Siamo tutti e quattro un po' tesi e carichi di aspettative, e spero davvero di poter aggiornare queste pagine con qualche bella notizia, e qualche foto come si deve. Intanto, ci concentriamo sul domani: sveglia alle cinque per fare le valigie (la nostra interpretazione di "viaggi last minute") e volo intercontinentale con due SB gia' visibilmente sovraeccitati.
La maggioranza delle mamme locali a cui mi sono rivolta in cerca di consigli su come domarli mi ha dato indicazioni di tipo farmaceutico. Io ho qualche remora, ma e' probabile che mi sara' passata per quando sorvoleremo la Groenlandia. Aggiornamenti a seguire.

15.6.11

Verdunglish

"Questi socks sono da washare."

"Io non singo. Singhi tu."

"Wait uno secondo: sono arrivando!"

"Abbiamo comprato juice, bananas e qualcosa else."

"Quanto abbiamo speso da Smiths? Forty dollars? This is oh my-oh my!"

"Boy, cosa fai su tuo bed? It's not dorming time!"

"Aaaah! Non ho chiudato miii eyes!"
(nel bagnetto)

Financo al metanalitico : "Lo so che si dice jump, però io dicio jumpare perchè è more funny."

Ricordo quando, aspettando Verdun, io e H ci siamo sciroppati tutta la letteratura sul growing bilingual su cui siamo riusciti a metter mano: decisamente, avremmo potuto sfruttare meglio tutto quel tempo libero. Perchè in questo campo, le regole le detta lei. Perchè il bilinguismo è una cosa con cui lei deve fare i conti, e noi possiamo solo aiutarla.
Non che non ci abbiamo provato, all'inizio, a mantenere una sembianza di purezza linguistica: parlare esculusiavamente italiano in certe situazione, esclusivamente inglese in altre, rispettando i suoni, la grammatica, le idiosincrasie di ogni lingua.
Solo che non funziona per Verdun, la aiuta poco: perchè lei sta crescendo in bilico fra le lingue, nel suo mondo non c'è una separazione netta. Il suo modo di trovare un senso è di mischiarne il lessico e le costruzioni sintattiche, ascoltarsi, compiacersi di certi suoni e dei suoi neologismi.
Alziamo bandiera bianca davanti alla contaminazione. Finiamo per parlare tutti verdunglish: è inevitabile, e, come direbbe la diretta interessata, more funny.

8.6.11

How I disgraced your mother - and her ineptitude at cooking - in five words

Wednesday morning, at the local playgroup: Verdun is sitting in the middle of the room, playing by herself. A younger friend sits close to her, and after a little chat they start banging really hard on a lego platform with two toy hammers. A few parents look at them curiously, then a mum asks her:

"Are you fixing something, sweetheart?"

"No. We're making a cake."

Which says something about her mum's idea of making a cake being going to the supermarket and buy one, possibly pre-sliced. There's still a possibility that some mums did not make the connection. Although people tend to be quite receptive about these things here.

2.6.11

The burrow

Il cuore della nostra casa non è la cucina, un po' perchè i confini tra la cucina e il salone sono abbastanza difficili da delineare, e comunque non è che ci sia mai tempo per cucinare niente che richieda più di un quarto d'ora. No, il cuore del 4307 è la camera dei Signori Bambini: la più calda, la più luminosa, la più trafficata.
Sarà un po' eccessivo un post celebrativo sulla cameretta dei bambini? Forse solo chi ha dormito per più di un anno in quattro nella stessa stanza potrà empatizzare. Io, ogni volta che sulla scia dell'esasperazione declamo: "Andate a giocare in camera vostra!", ho ancora un fremito di entusiasmo.
"Camera vostra" vuol dire non svegliarsi con brutti pensieri a causa dell' infimo pezzo di lego che ti aspettava ai piedi del letto; vuol dire poter uscire di casa ignorando il casino perchè basta chiudere una porta; e, soprattutto, poter dormire diciamo non notti intere ma una discreta porzione senza il caratteristico sottofondo del brontolio dei criceti raffreddati.
Eccola qua, la tana, 10% ispirazione e 90% contributo dei sapienti architetti svedesi. Ci sono un po' di cose che piacciono ai SB, altre che piacciono a me, sistemate secondo quelle quattro cose che ho imparato avendo a che fare con creature al di sotto del metro e venti.

Pierrot dorme nel lettino che abbiamo portato da Londra. Non abbiamo portato altri mobili, ma il lettino ha trovato il suo spazio sulla nave della speranza. Ci ha dormito Verdun sin dal giorno zero, fino a quando è stata scalzata dal fratello: non sono riuscita ad abbandonarlo oltreoceano. I lettini sono uno di fronte all altro e per un certo periodo il genitore di turno doveva sedersi in mezzo e tenere la manina a entrambi i pargoli finchè non si fossero addormentati, modello crocefisso. Alla vigilia dei quattro anni, Verdun ha deciso che può fare a meno della manina, bontà sua.

Il dovere arredare una camera per un maschio e una femmina mi ha impedito nel cadere nella trappola rosa/blu, propendendo invece per un' accozzaglia di colori. Il fatto che Verdun sia la maggiore le garantisce cmq una role-play area abbastanza ad hoc, con massiccia presenza di forni, pentolame, bambole e passeggino, non proprio calibrata dalle quattro macchinine di Pierrot. Ma credo sia solo questione di tempo.

Il tavolino dell' Ikea è ormai scribacchiato oltre ogni possibilità di recupero; cerco di convincermi di avere due Pollock in erba, ma temo piuttosto siano segnali precoci di vandalismo. Se non altro, è amatissimo, anche comprensibilmente essendo l' unico mobile della casa a loro misura. Di grande appeal, appena l' occhio del genitore è distratto, l'autoscontro con le seggioline. A conferma della teoria che i bambini non imparano niente dai propri errori se commessi più di mezz' ora prima, i lividi da autoscontro sono uncountable.

Di fronte al tavolo c' è uno scaffale preso da Target, il fratello povero dell' Ikea: nella cameretta funziona bene perchè è tutto alla loro portata e i giochi possono essere riposti totalmente a caso mantenedo comunque un'apparenza decorosa.
Accanto allo scaffale, il reading corner: i libri, in italiano, inglese più qualche extra, sono sistemati in tre ceste, senza un ordine preciso. Cerchiamo di tenere fuori in una pila quelli presi in prestito alla library, per tentare di ricordarci di restituirli, eventualmente. La scelta delle ceste piuttosto che di una libreria è sempre basata su un criterio di accessibilità: i SB possono trovare facilmente i libri che cercano, li hanno sempre tutti sotto gli occhi, e sono più facili da rimettere a posto (sull'ultimo punto c'è ancora abbastanza lavoro da fare, in effetti).



Sui muri, dove il contratto d' affitto prevede di bucherellare il meno possibile: l' Abc di Alison Jay; i poster di Babar comprati quando i SB erano solo un' idea; il calendario di Dora su cui tracciamo i numeri e registriamo il bollettino meteo, attività inspiegabilmente di grande successo. Sulle finestre, qualche lavoretto fatto nei workshop più riusciti.

L' armadio è a muro e scorrevole, il che ci ha risparmiato un po' di soldi e craniate contro le ante. La moquette blu per terra continua a piacermi poco, e forse un giorno o l' altro copriremo anche quella con vero finto palquet. La cosa buona è che posso risparmiare ai SB alcuni dei mantra più fastidiosi della mia infanzia : "Gioca sul tappeto che prendi freddo" e "Dove sono finite le tue ciabatte?".

La tana dei Signori Bambini così come appare nelle foto è ovviamente una conquista delle primissime ore del mattino e della notte: nel resto della giornata tendiamo a scavare sentieri in mezzo a giocattoli e libretti, tutti rigorosamente per terra. Del resto, come Verdun ha imparato da Charlie and Lola, "It's not messy: it's just spread out!"
Greetings from the burrow !

15.5.11

May snow

In macchina, di ritorno da una cena a Santa Fe, per una volta tutti zitti come topolini per la stanchezza. Passiamo davanti al cimitero militare: lunghe file di pietre bianchissime, tutte identiche, in perfetto ordine e apparentemente infinite, nella luce del tramonto ancora più suggestive e malinconiche.
Vocina dal sedile posteriore:
"Mamma, cos'è quello? Snow?"

8.5.11

Mother's day

Motherhood is about accepting the limitations of time and energy which stretch beyond you, even though sometimes it feels like they could consume you. Search for and hold on to your own true self. If you lose that, what kind of mother can you be?
Things are always changing, no matter how much we might want them to stay the same: you could take a picture of your children every single day, and every single day they'd just be getting older. That's a fact. A heart-breaking fact, but still a fact. So seize your days and dwell on them fully. Look at your children because they know how to inhabit brief periods of time with extreme passion, and for nothing more really than the sake of those moments. They can help you remember that, if you only slow down and let them.
Feel fortunate, because chances are good that you actually might be.

There's something to go back on the black days, when it's five o' clock and I'm already feeling knackered, but also on those really good ones, when I feel like I'm doing great and nobody is there to clap. On those days when everyone seems so demanding, and I'd really like to be able to press pause for half an hour. On those days when everything feels child-related, and what is not seems to take forever, because it always ends up at the bottom of the priority list. Very intense and exausting days lay ahead - probably the best of our lives.

(the passage is transcript from "Motherhood", about a full-time mum raising two kids in a, uhm, challenging environment: not a terrific movie per se, but anything that can offer the opportunity to identify with Uma Thurman for 70 minutes or so might be worth a look)


24.4.11

Easter Egg Hunters





Non ho ricordi entusiasmanti delle mie Pasque da bambina: una Messa più lunga del solito; un pranzo altrettanto lungo, in una fase della vita in cui stare seduti a tavola a mangiare è una mezza via crucis, tranne forse per il dessert: che si sperava sempre fosse l' agnello, quello con il cioccolato bianco sopra, e invece puntualmente compariva la colomba, una specie di buondimotta gigante, la merendina deprimente per eccellenza. E soprattutto, estremo e costante disappointment causato dall' uovo: sorpresa patetica e cioccolato immediatamente requisito, spezzettato e distribuito da lì a ferragosto in quantità minime da mangiare con il grissino. No wonder I've become a chocaholic.


La lieta novella è che ai Signori Bambini le cose sono andate meglio. C'è stata la Messa, che è lunga anche qui, ma erano troppo impegnati a guardare gli album dei dinosauri portati dal lungimirante amichetto seduto nel banco davanti per rendersene conto. E quando siamo usciti, nel giardino intorno alla chiesa c'erano tremila uova - non nascoste, ovviamente, solo appoggiate per terra, ci sarebbero volute due settimane per nascondere tremila uova. La raccolta delle uova è avvenuta per fasce d'età, e ogni bambino aveva diritto a raccogliere al massimo sei uova, ma Verdun da vera italian ha finto di non saper contare e ne ha imboscate nove. Tra le sorpresine: caramelle, lecca lecca e, nell'ambito uovo d'oro, una catenina con un crocifisso che la fanciulla ha sfoggiato per tutta la giornata con estrema soddisfazione.
Al pomeriggio siamo stati a casa di John e Agnes, dove avevamo già festeggiato Thanksgiving, e dove dinuovo ci siamo sentiti quasi in famiglia: anche qui c'era una piccola egg hunt organizzata per i piccoli ospiti, e i SB, ormai entrati nello spirito della sfida, erano ultracompetitivi. L'entusiasmo si è un po' raffreddato quando hanno capito che la uova erano vere uova sode colorate, ma poi in cambio hanno ricevuto ovetti di cioccolato, bolle di sapone e adesivi. Durante la cena abbiamo sistemato un po' di scatoloni di giocattoli intorno al tavolo, ma c'erano tante cose nuove da provare che sembrava che i SB fossero più che altro interessati a quello che succedeva in tavola. E, guess what, di dolce c'era il coniglio di cioccolato bianco...
A chiunque passi di qui, l' augurio che per una volta dall' uovo salti fuori qualcosa di bello! Buona Pasqua!

26.3.11

Laundry time

Com'è noto ai membri del club, trai privilegi riservati ai genitori di bambini piccoli rientrano le sveglie all'alba il sabato mattina. Chi mi ha conosciuta come "il bradipo" o anche "il ghiropardo" sa che questi risvegli anticipati e con zero margini di carburamento fanno abbastanza a legnate con la mia natura. Non che ai SB importi granchè, della mia natura.

Va detto che i pargoletti affrontano il resto della settimana in modalità single parent, cioè relativamente pacifici e gestibili; ma è chiaro che aspettano con ansia il weekend per avere due adulti da sfiancare a disposizione. Recentemente, Verdun ha iniziato a svegliarsi il mercoledì chiedendo:
"Oggi è saturday?"
"No."
"Allora possiamo andare noi a trovare papà al lab!!"
"Eh. Non vedrà l'ora."
"Cos'hai detto?"

Comunque, è ovvio che tante aspettatative non possono tollerare nessun tentennamento sull'ora della sveglia: il weekend bisogna farlo iniziare il più presto possibile, intorno alle sette, in genere (e si dice che c'è chi sta molto, molto peggio ).

E' difficile cogliere il lato positivo della faccenda finchè non si va a vivere nel Paese delle Lavatrici Condivise: dodici per centoventi appartamenti (cose che ti fanno riflettere sull'opportunità di tutte le prediche sull'importanza dello sharing con cui martelli i figli dalla mattina alla sera).
E' così che ti ritrovi nella laundry room, con l' amica J anche lei mamma di un unenne, occhi a puffo e sorriso arcigno, gongolanti per essersi accaparrate le ambite lavatrici&asciugatrici del sabato mattina. Davvero, ci si aggrappa a tutto.

16.3.11

Sanità ullallà

Insospettabilmente, i Signori Bambini sono amanti degli estemi, à la Manolo. Solo che al free climbing preferiscono le ebbrezze della quotidianità, per esempio sperimentare sulla propria pelle il dibattito sanità pubblica vs sanità privata.

Verdun e Pierrot nascono e crescono a Londra, in balia di un sistema sanitario pubblico che a leggere i titoli del Sun sarebbe in bancarotta da vent' anni; è probabile che sia un'esagerazione, ma di sicuro il proverbiale british understatement viene applicato con una certa spietatezza, anche sui piccoli. Dal parto
("Signora, ha partorito dodici ore fa, è andato tutto bene, adesso può anche andare a casa e lasciare il letto a chi ne ha bisogno"),
al pediatra che è consoderato uno specialista e quindi irragiungibile, alle visite in ambulatorio, altamente scoraggiate dalle inflessibili centraliniste
("Se non ha la febbre più alta di trentanove da almeno quattro giorni, è inutile portarlo qui."
"Nel senso che viene il dottore a casa?"
"No, nel senso che potete comprarvi il paracetamolo da boots senza telefonare e occupare inutilmente la linea."
"Of course.")

Così. Io non sono mai stata visitata da un dottore inglese, per dire, neanche durante le gravidanze che sono del tutto affidate alle temibili midwives. Il medico della mutua ha visto i SB un paio di volte, dove "visto" va inteso non come visitato, ma nell' accezione "dato un' occhiata da sopra il computer in cui stava inserendo i dati, intimando di non ripresentarsi se non fosse successo qualcosa di palesemente grave".
Bisogna dire per completezza che una volta il medico dell' ambulatorio ha regalato a Pierrot un campioncino di soluzione salina per il naso; sfortunatamente, risultava scaduto da un anno. Oh, bel pensiero, però. Non credo neanche che l' avesse fatto apposta.

Poi ti trasferisci ad appena settemila chilometri, e sbatti il naso contro l' estremo opposto. Sbarchiamo negli States ad Ottobre e facciamo l' assicurazione medica: una mezza scommessa sulla salute
"Che copertura scegliamo, alta media o bassa?"
"Mah, siamo giovani e forti, facciamo la media, 'che a far la bassa sembra di gufarsi un po' addosso."
"Vada per la media."
Segue un periodo che verrà ricordato come "Il Miracoloso Inverno Duemilaeundici", in cui l' unico ad ammalarsi è il pater familias, e i Signori Bambini, credendolo in vacanza, vanno a saltare sul letto in cui lui agonizza. Rimpianto generale per non aver puntato sulla copertura bassa.

Poi, domenica scorsa, l' incidente: Pierrot ha qualcosa nel pollice della manina, una scheggia o un pungiglione. La togliamo e il problema sembra risolto, finchè stamattina non si sveglia con il pollice gonfissimo e giallo fosforescente. Ogni tentativo di esaminargli l' arto viene respinto con un ringhio, interpretabile come "Strega! Non azzardarti a toccarmi la manina!".
E' così che finiamo alla Children's Clinic. Quello che, in base alla mie esperienza precedente, immaginavo sarebbe stato un intervento di cinque minuti con un'infermiera che buca il blister e mette un po' di disinfettante, si è trasformato in una visita di quarantacinque minuti, in cui Pierrot è stato visitato da due pediatri, che dopo essersi consultati hanno deciso di non bucare "per non traumatizzarlo", optando invece per una pomata magica che avrebbe dovuto indurre uno sgonfiamento indolore.
Intanto però si sono accorti che Pierrot aveva il naso chiuso, perciò hanno performed un esame di orecchie, naso e bocca completo, con strumenti che i SB non avevano mai visto in vita loro. Inquietati da un apparente eccesso di muco nei bronchi, hanno controllato l' ossigenazione, che è risultata a un livello soglia. Al che hanno proposto di ricoverarlo in osservazione per un paio di giorni.
"Ma io ero venuta per una pustola!"

Rassegnati alla scarsa cooperazione materna, gli hanno prescritto un antibiotico. Si sono un po' insospettiti quando ho dichiarato di non sapere se Pierrot fosse allergico a qualcosa, perchè l' antibiotico non l' ha mai preso - neanche Verdun, a dirla tutta: abbiamo sempre aspettato che passasse, per evitare le occhiate patetiche del british practitioner.
Alla fine abbiamo pagato venti dollari e siamo tornati a casa, con l' antibiotico e la pomata magica, e la promessa di tornare tra due giorni per controllare l ossigeno.
Conclusioni? Pro e contro, di qua e di là del pond. L'ideale sarebbe la cara vecchia via di mezzo, apparentemente irrealizzabile.
La buona notizia è che la pustola gialla si è poi dissolta spontaneamente nel bagnetto (charming, I know). Sollievo generale. La pomata magica dovrà attendere la prossima scheggia.

10.3.11

Corsa ad ostacoli (for beginners)











Why wasting time going all the way down to the playground when you have all-inclusive athletics fields right around the corner, all for yourselves? A hurdle tunnel, a sandpit, some mats, a few hundreds square metres of tartan, that's all we need. And some sunscreen.

2.3.11

Signor Nonno

Il bambino nella foto è mio nonno. Mio nonno oggi compie novant'anni. La mia famiglia osserva da sempre il rito di far finta di non ricordarsi dei compleanni, ma essendo lontanissima da casa posso allegramente ignorare tradizioni familiari e understatement torinese, e trafficare invece un pomeriggio intero con Verdun e Pierrot per preparare un biglietto di auguri.

Mentre traffichiamo, racconto ai Signori Bambini di quando mio nonno mi ha portata a scegliere un regalo per il mio complenno numero sette: in un negozio di giocattoli che ricordo enorme, avevo visto un coniglio bianco della trudi, ma non avevo detto niente perchè temevo che costasse troppo. "E noi non lo diciamo a mamma", aveva detto mio nonno, leggendo quel desiderio in uno sguardo. "Fin quando non ti stanchi, tu sei un bambino coi capelli bianchi", diceva una hit dello zecchino d'oro dell'epoca: mio nonno sembrava sapere bene cosa volesse dire essere piccoli. Ho gli occhi lucidi, ma sono lacrime agrodolci: c'è il ricordo ancora vivo dell'eccitazione e della gioia pura per quel regalo eccezionale, il senso profondo di gratitudine per avere avuto vicino una persona tanto sensibile, e la tristezza per non poter essere più vicina, almeno oggi, anche solo a far finta che non sia un giorno speciale.
Risuona il tasto dolente del fatto di privare i Signori Bambini di conoscere i nonni, di ricevere quell'affetto speciale, nella mia esperienza ancora più incondizionato e assoluto di quello dei genitori - anche se forse è solo una questione di percezioni: forse è solo che quando la bambina ero io, i nonni mi sembravano meno occupati a preoccuparsi e più a godere della nostra compagnia reciproca. Ci saranno altre opportunità, altre esperienze per Verdun e Pierrot, ma questo rimane l'aspetto peggiore del crescere i figli lontano dall'Italia.

Dopo aver finito il nostro bigliettino di auguri, guardiamo sul computer le foto scattate insieme al bisnonno l' ultima volta che siamo stati a Torino, e la vecchia foto in bianco e nero in cui il bisnonno aveva piu o meno l' età di Pierrot, e tendeva la manina perchè per farlo stare fermo gli avevano promesso un biscotto facendolo sventolandoglielo davanti (non erano proprio delle stelle della psicologia infantile, negli anni '20).
Tra una foto e l' altra, novant' anni di vita. Mio nonno vive nella casa in cui è nato, e di quella casa dove ho passato tante giornate ho dei ricordi molto cari. In quella casa io e mio nonno abbiamo giocato insieme all' autobus, rannicchiati sotto il tavolo del salotto. Abbiamo letto ad libitum le storie dei sette capretti e della rapa; ha inventato apposta per me e i miei fratelli le storie dei tre orsetti. Abbiamo guardato il Mago Pancione e Là sui monti con Annette. Abbiamo fatto insieme le divisioni in colonna e i cruciverba del Giornalino. E quando sono cresciuta, negli anni in cui la vita sembrava irrimediabilmente intricata, nella casa di mio nonno ho sempre trovato un'oasi di serenità.
Vorrei poter passare di lì oggi, ma non è possibile. Allora mi piace immaginare mio nonno in cucina, seduto al tavolo con la nostra ultima lettera e il disegno dei Signori Bambini: voglio pensare che gli ricorderanno che, in questi giorni in cui la lucidità sfugge e le giornate passano lente, ha intorno tante persone che gli vogliano bene, che hanno trovato in quella cucina l'appoggio e il coraggio per fare passi importanti, che gli sono profondamente grate. Spero che arrivi il nostro affetto, anche da lontano.

27.2.11

Epiphanies

As it turns out, epiphanies can take place in apparently inoffensive places such as a preschoolers' playgroup on a pretty dull february morning.
I lost sight of my youngest for less than one minute to start one of those uncountable unfinished conversations with another mum, and I found him back under a table, trying to munch on the leg of a chair, one of those metal, iron-like ones .
So there I am, scolding him and complaining with the other mum about kids' unfathomable attraction for the weirdest, non-edible stuff, expecting to elicit some kind of simpathy.
Instead, with a rather unexpected twist of social conventions, Other Mum emphathises with Pierrot and evokes some very buried feelings, reminding me that

"Well, if you think about it for a second, I bet YOU remember how it tastes"

Oh.

I do.

19.2.11

Born to be Abramo

Lunedi prossimo è festa nazionale: il Presidents' Day. La data, da quanto ho capito, è stata stabilita un po' a casaccio, inizialmente per ricordare i compleanni di Washington e Lincoln, poi col tempo è diventata un' occasione per celebrare tutti i presidenti degli Stati Uniti. Si fa sul serio, comunque: scuole chiuse, H a casa dal laboratorio, tante bandierine a stelle e strisce.

Nella zona bambini della biblioteca ci sono i disegni da colorare con le facce dei presidenti più famosi, e l' espositore è pieno di libri sulla storia americana e autobiografie di uomini politici.
Mi sono ritrovata stamattina a contemplare il display con mixed feelings: in parte affascinata da tanto entusiasmo per la propria storia nazionale, in parte scettica riguardo all' apparente scarso approccio critico, in parte vergognosa della mia ignoranza in materia di storia americana, lacuna da colmare al più presto. Poi ci sarebbe il confronto impossibile con il modo italiano di percepire e ricordare il proprio passato storico e politico, ma questo è il genere di domande che apre voragini di questioni.

Per fortuna arrivano i bambini "second generation" della mia amica italiana a fare un po' di chiarezza. Il piccolo, due anni, prende un librone con Washington in copertina e chiede alla mamma:
"Chi è quetto?"

"Mmm...un presidente."

Interviene il fratello grande, cinque anni, prima elementare:
"Si mamma, ma è soprattutto un eroe!"

Il piccolo, visibly impressed , dice "Oh!" e dà un bacino al disegno di Washington.
Verdun osserva registrando per bene, ancora un po' incerta su quale sia la domanda da fare.
Onde evitare ulteriori richeste di approfondimento, i bambini vengono dirottati sul parcogiochi fuori dalla biblioteca. Verdun però prima di uscire afferra un disegno di Lincoln che colorerà a casa in stile Warhol, commentando:
"Assomiglia un po' a nonno"

Happy birthday Abe!


9.2.11

Star Wars

La mia battaglia persa con le stelline barilla è iniziata con lo svezzamento (lentissimo e rimandato il più possibile) di Verdun, ed è tuttora in corso. Praticamente sono tre anni che recupero stelline trai capelli, miei e loro, appiccicate al pavimento o ai muri. Le stelline saltano fuori da body e calzini, galleggiano nell'acqua del bagnetto, o ricompaiono in via di putrefazione dagli anfratti più insidiosi del seggiolone - evento che coincide in genere con la presenza di ospiti. Hate it, hate it!

Questo è chiaramente un post automotivazionale, a promemoria del fatto che ormai anche Pierrot avrebbe superato la fase "pastina in brodo" da un pezzo, anagraficamente parlando, e solo la mia pigrizia e le mie psicosi da soffocamento (qui conosciute come chocking issues, che dà subito quel tono di serietà) continuano a farmi rimandare il passaggio a una pastasciutta decente. Passaggio a cui peraltro il pargolo sarebbe prontissimo, dato che finite le stelline si lancia come un avvoltoio sugli spaghetti del commensale più vicino. Non ce la posso fare. Lo svezzamento è un altro di quegli elementi abbastanza cruciali dei primi anni di vita dei Signori Bambini che avrei serenamente delegato a Maria Dolores, la mia nanny sudamericana immaginaria. E invece.

C'è di buono che i SB non si lamentano quasi mai, basta ci sia qualcosa nel piatto. Hanno gusti semplici, modo elegante per dire che sono due fogne. Abituati alla mia cucina, che potremmo definire very basic, ogni volta che andiamo a una festa o a fare merenda da un amichetto finisce che gli altri bambini giocano da mezz' ora mentre loro sono ancorati al tavolo, e piangono disperati se mi azzardo a portarli via prima che abbiano assaggiato tutto. Gli sguardi delle altre mamme altalenano tra l'invidioso e il preoccupato. Io vorrei attaccarmi un cartello con scritto: "Non è che a casa digiunino!". Beh, molto raramente comunque.
Il fatto è che da quando siamo qua a Los Alamos, sarà l'aria di montagna, ma la situazione è degradata e hanno sempre fame. Perciò a volte mi colgono impreparata; oggi, per dire, a merenda hanno avuto pane con sopra zucchero rubato da starbucks. Shame on me. Il mio blog di cucina dovrà attendere.

2.2.11

Groundhog Day


Bollettino meteo di oggi: massima -13, minima -23. Freschetto, insomma: sono uscita dopo cena per buttare la spazzatura e mi è rimasta la mano appiccicata alla maniglia del cassonetto - tipo nell' indimenticabile video di ultimo minuto-telesvizzera in cui Aldo rimaneva incollato con la lingua al freezer... Anyway, pare ci siano impennate climatiche all'orizzonte: l'esito del Groundhog Day lascia ben sperare! Nota bene per il lettore che fosse inspiegabilmente scampato alla massiccia programmazione sulla reti nazionali del film sul giorno della marmotta, quello con l'acchiappafantasmi e AndieMacDowell: in pratica la regola è che si aspetta che questa marmotta ultracentenaria, Punxutawney Phil, esca dal letargo, e se vede la propria ombra l'inverno sarà ancora lungo, altrimenti primavera alle porte. Ho pensato per anni che fosse una trovata simpatica degli sceneggiatori: ho scoperto invece che non solo esiste davvero, ma è una tradizione che risale al 1880, che in termini americani è quasi preistoria, e che è seguita con grande affetto. Amo questo popolo.
Comunque, pare che oggi in Pennsylvania, residenza della marmotta in questione, ci fossero cielo coperto e -35 gradi sottozero, perciò Phil non ha visto nessuna ombra e dovremmo aspettarci una primavera imminente.

Il giovane Pierrot sta patendo un po' più freddo del solito a causa della recente tosatura: aveva i capelli sempre sugli occhi, e ho pensato piuttosto che strabico, meglio un taglio approssimativo. Un' idea infelice: il risultato ricorda Ringo Starr agli esordi. Buon proposito per il nuovo anno cinese: se mi capitasse di nuovo di pensare di essere in grado di tagliare i capelli ai miei figli, ripensarci immediatamente. Buon anno del coniglio!

26.1.11

Col sapor di cioccolato rende il latte prelibato (continued)

Continuando con il giovane Pierrot: nel suo caso la crescita più evidente è quella fisica, del genere ti perdo di vista al supermercato mentre vai a cercare la marmellata con papà, e quando ti rivedo mi sorprendo a pensare: "Eri già così lungo !?!"... I boccoli biondi stanno prendendo un po' il sopravvento, dato che non ho ancora individuato un parrucchiere per bambini nei dintorni, e non ho assulutamente il coraggio di intervenire di persona: al momento il suo look ricorda un po' quello di Graydon Carter, il direttore di Vanity Fair. Begli editoriali, eh, ma taglio imperscrutabile (Graydon, Pierrot almeno può additare la madre degenere, but what's your excuse?)

Ma c'è dell'altro. Come accennato nel mezzopost precedente, Pierrot non manca mai di ricordarci della sua esistenza con una certa puntualità, tra le quattro e le quattro e cinque di notte, andrebbe ribattezzato Big Ben. Urla come un disperato, finchè non appoggia la testa sul mio cuscino: allora smette istantaneamente e lo si può notare sghignazzare dietro il ciuccio mentre fa finta di dormire. Roba che uno non riesce neanche ad arrabbiarsi: il più delle volte viene da ridere anche a me. Ora, per far svegliare tua mamma alle quattro e poi farla ridere devi essere un elemento abbastanza simpatico, e lui è, indeed.
Episodi notturni a parte, è un bambino pacifico, affettuoso, sempre allegro. Sa dire mamma, papà, hello, byebye, okkey, duck e banana; fa il verso del cane, del cavallo, della mucca e del gufo - tutta roba essenziale, insomma. Si illumina quando vede passare un fire engine, il camion dei pompieri; ma anche le camionette ups e fedex riscuotono discreto successo. Gli piacciono i libretti illustrati, soprattutto quelli con gli animali, e ha una predilizione per i disegni di Eric Carle. Recentemente ha capito qual' è il verso giusto per tenerli in mano e appare molto soddisfatto della scoperta.
Ama colorare con i pennarelli di Verdun, soprattutto i pavimenti e i muri, ma il suo gioco preferito in assoluto è staccare pezzi di battiscopa attaccato da H sul palquet ikea con lo scotch biadesivo ("tanto non si nota") e usarli come ariete contro qualunque tipo di ostacolo, vivente o no. Angelico ma non troppo.

Si adatta a qualunque regola pur di giocare con la sorella. Quando lei esagera tenta di scalparla, ma succede raramente più di tre o quattro volte al giorno. Verdun ha la meglio, ma non durerà ancora per molto. Pierrot è forte e infaticabile, e soprattutto non ha ancora afferrato bene il senso del pericolo. Si arrampica dappertutto; cerca di infilare le dita nelle orecchie ai cani; prova a fare saltelli sul posto finendo sempre per cadere all'indietro, dando delle craniate allucinanti sul pavimento, senza peraltro battere ciglio. Alla sua età Verdun camminava solo in salita perchè in discesa non riusciva a frenare bene; lui invece si butta sulle discese a braccia spalancate, immancabilmente rotola, e quando si rialza prima di tutto ti guarda per controllare che non ti sia spaventata; si batte una manina sul testone, e riparte, sempre di corsa.
Il mio omino sempreinpiedi.

24.1.11

Col sapor di cioccolato rende il latte prelibato

Prima di arrivare in America, pensavo che avrei iscritto Verdun ad una preschool, almeno per tre mattine alla settimana, più che altro per darle la possibilità di socializzare con gente della sua età. Poi però, essendo arrivati ad anno scolastico inoltrato, abbiamo trovato tutto pieno. Ci sarebbe stata la possibilità di inserirla in una lista d'attesa, ma intanto abbiamo scoperto l' esistenza di tanti playgroups e centri per famiglie che propongono attività per preschoolers - musica, danza, storie, lavoretti manuali, toddler hikes nei canyons, praticamente ogni mattina siamo impegnati di qua o di là.
Così ho deciso di rimandare l' iscrizione alla preschool all' anno prossimo: ci prendiamo questi mesi per guardarci un po' intorno tutti e tre insieme, i SB e io, per capire cosa ci piace fare, dove siamo capitati, chi ci sta intorno. E' bello fare queste scoperte insieme, ci sentiamo tutti e tre un po' più sereni e coraggiosi. E, per me, c'è il privilegio di poterli osservare da vicino con continuità, di condividerne gli stati d'animo, di registrare i loro i cambiamenti continui, le menti che si formano, le idee che crescono ad ogni nuova esperienza. Chiaramente, arrivo alla sera esausta e in disperato bisogno di mezz'ora di silenzio; ma al mattino sono sempre contenta di ricominciare una giornata dedicata a noi tre.

Forse proprio perchè li guardo tanto da vicino, mi sembra che stiano crescendo con una rapidità allarmante: ecco allora un post di aggiornamento in due tempi, per niente esaustivo, ovviamente, ma tanto per dare un idea. Cominciando dalla vecchia Verdun.
A guardare le foto dell'inverno scorso, non sembrerebbe tanto cambiata, solo un po' più alta: in effetti, usa praticamente lo stesso guardaroba, grazie anche all' antica strategia del "compriamolo per la crescita"; a dirla tutta, c'è il rischio che usi gli stessi vestiti anche l' anno prossimo. Comunque.
Quel che non si vede dalle foto è che diventa sempre di più una persona vera, una mini-me, come direbbero gli autoctoni. Di fondo, rimane la solita Verdun, acuta, sensibilissima e un po' isterica, e testarda come un mulo. Ma negli ultimi tre mesi, da quando siamo arrivati a Los Alamos, ha fatto passi da gigante: diventa ogni giorno più indipendente, più curiosa, più logorroica; del resto, lei stessa si riferisce ad avvenimenti della settimana scorsa come: "Sai, quando io ero piccola...".
Ha smesso di dormire al pomeriggio: era un momento che temevo, e invece ha alzato il morale di tutta la famiglia. Mentre Pierrot riposa, abbiamo tempo per fare cose "da bimbe grandi": leggere una storia di ballerine, fare un puzzle molto difficile, preparare un pranzo di cinque portate col play-doh, imparare a scrivere i nomi di tutti i suoi nuovi amichetti...
Si vede che apprezza questo momento di attenzione personale, e in genere è più serena per il resto del pomeriggio, anche quando Pierrot si sveglia e mi devo dedicare a lui. Gioca da sola, o cerca di coinvolgerlo nei suoi giochi, più o meno successfully. Un altro risvolto positivo è che alla sera crolla alle nove e dorme fino alle sette del mattino, incurante anche delle urla del fratello, che in genere arrivano puntuali intorno alle quattro (non è un mondo perfetto).
Diventa sempre più facile coinvolgerla in giochi nuovi, è più intraprendente. Ma quel che preferisce rimane il role-play, fare la mamma o la cuoca, soprattutto; la cucinetta ikea che le abbimo regalato a Natale ha avuto grande successo. A dirla tutta, per compensare la spesa dovrebbe giocarci fino alla pubertà, ma è tanto carina.
Colorare la annoia in fretta; disegna esclusivamente Barbapapà e ritratti di famiglia mostruosi, che però non riesco a buttare via. Sa scrivere il suo nome e qualche parola a memoria. Riconosce le lettere dell'alfabeto e per strada legge tutte le scritte tipo es-em-ai-ti-eich-es, senza avere la più pallida idea di come leggerle insieme: sembra che si stia allenanando per una gara di spelling bee.
Ha cestinato autonomamente prima il ciuccio e poi i biberon. Sono stata tentata di recuperarli in caso di reclami, ma non è stato necessario, non sono mai stati reclamati. In cambio invece si è fatta portare da Smiths a comprare una tazza con i cuoricini e la polvere magica per fare la cioccolata calda, nota al resto del mondo come Nesquik. Essendo suo unico termine di paragone la scarsissima hot chocolate di Starbucks, l' entusiasmo per il Nesquik è anche comprensibile: beata ignoranza. Prometto, Verdun, che un giorno ti accompagnero da Fiorio e mi farò perdonare.

(to be continued)