25.10.11

Blood test

Primo esame del sangue per i SB. Tutto secondo protocollo: shock iniziale, lacrime amare, cerotti degli Incredible Five, stickers di Kung Fu Panda, succo e barretta gentilmente offerti dal Los Alamos medical centre.
All' uscita dell'ospedale Verdun, ancora visibilmente sconvolta, annuncia:
"Devo dire something."
"Dimmi."
"Quando lo rimettono dentro?"
"Cosa?"
"Mio blood. Quando me lo rimettono dentro?"
"Mai, non serve. Ne hanno preso pochissimo, solo per controllare che vada bene."
"Ah."
.....
"Sei proprio sure?"
"Sicurissima."
"Ok, then."

22.10.11

The special one


"Mamma, look, in questo book c'è uno mistake."

"Dove?"

"Here. Vedi come hanno spelled "one"? "

"O-N-E. Nessun mistake."

"Ma "one" inizia with the sound ua, so it should begin with W."

"It should. Però "one" è un red word, una parola che non segue le regole dello spelling. E'...mmm...speciale."

"Oooh!"

"Eh."

Welcome to the magic world of the english spelling, Verdun. It doesn't come short in special words. In fact, I have a feeling there are enough for a lifetime of surprises...

18.10.11

La mamma drago

Ogni tanto arriva una definizione nuova: ci sono la mamma chioccia, la mamma giraffa, l'ultima è la mamma tigre di Amy Chua, che ha fatto discutere tanto qualche mese fa. A me in genere queste definizioni lasciano molto perplessa: perchè non si applicano a nessuno. Lasciamo perdere chi cerca di mettere il dibattito sul piano mamme cinesi vs mamme occidentali; non funziona neanche livello individuale. Tutte le mamme che conosco, senza eccezioni, sono dei fardelli di contraddizioni, sfuggenti a qualunque tipo di incasellamento. Per motivi abbastanza ovvi, peraltro: sommano le variabili infinite del proprio carattere con quelle altrettanto innumerevoli della creature che stanno cercando di allevare facendo meno danni possibili. Le quali giovani creature, tanto per aggrovigliare la situazione, possono avere dei cambi di personalità radicali nel giro di cinque minuti.
A volte mi sembra che larga parte del mio percorso di genitore sia speso nel cercare di capire con che razza di bambini ho a che fare. Ho degli ideali a cui aspiro, molto sfaccettati, che vengono rimessi in gioco e questionati in continuazione dai Signori Bambini. Raramente mi addormento sentendo di essermi avvicinata abbastanza a questi ideali; più spesso mi capita che mi ronzino in testa dubbi, insicurezze, idee per cercare di fare di più e di meglio. Just in case avessi bisogno di accumulare ancora un po' di ore di sonno perse.

Comunque. Ieri notte appunto non riuscivo a dormire, complice un po' di ansia generica e la pancia di dimensioni ormai significative, e mi sono imbattuta in questo articolo del Sunday Review, "Notes from a Dragon Mom", di Emily Rapp. Non un altro essere mitologico, ma una categoria di genitori molto specifica.
Alla mamma drago mamma tigre e compagnia fanno un baffo, perchè a lei è toccato il compito più terribile, quello di crescere un bambino colpito da una malattia genetica che involve una crescita poco diversa dal normale fino ai diciotto mesi, e poi una graduale regressione verso uno stato vegetativo, fino alla morte prima del terzo compleanno. Nessuna cura e nessun trattamento. Il suo compito è di accompagnare il suo bambino piccolo attraverso la malattia limitandone il più possibile la sofferenza, cercando di rispettare il suo dolore e la sua dignità.
E' chiaro che un'esperienza del genere abbia poco a che vedere nella pratica con quella di un genitore di un bambino sano. E' ovvio che su di me e sul mio rapporto con i miei figli ci siano altre aspettative, costruite sul presupposto di avere un futuro insieme e oltre la mia esistenza.
Eppure leggere la storia di questa mamma, raccontata con profondità e consapevolezza feroci, aiuta, in qualche modo. Ad esempio, a riconsiderare incertezze e paranoie sul proprio ruolo; a ricordarsi di incoraggiarli a fare del loro meglio, mettendo davvero da parte le nostre ambizioni e il nostro ego; a pregare non solo per la loro salute e la loro allegria, ma anche per trovare la forza di saperli aiutare ad affrontare il dolore. A mettere le cose in prospettiva, insomma.

But today Ronan is alive and his breath smells like sweet rice. I can see my reflection in his greenish-gold eyes. I am a reflection of him and not the other way round, and this is, I believe, as it should be. This is a love story, and like all great love stories it is a story of loss. Parenting, I've come to understand, is about loving my child today. Now. In fact, for any parent, anywhere, that's all there is.