25.11.10

The first Thanksgiving

Quattro secoli dopo i pellegrini di Plymouth, anche Elle e famiglia, ultimissimi arrivati, hanno festeggiato il loro primo Thanksgiving.
L' invito è arrivato da un professore americano che lavora con H, John, che ha esteso la sua cena del Ringraziamento ai ricercatori del gruppo rimasti a Los Alamos nonostante il lungo ponte.
Noi eravamo un po' titubanti all'idea di portare i Signori Bambini a una cena che aveva chiaramente rituali e significati importanti per chi è nato e cresciuto in queste terre: temevamo sarebbe stata una serata troppo lunga e formale per loro - l'invito era per le quattro del pomeriggio! Invece siamo stati accolti con un entusiamo e una sincerità che mi ha colpita, un'espressione genuina della voglia di condividere questo momento dell' anno speciale, in cui si vuole soffermarsi sulle cose belle, quelle che fanno sentire un po' blessed, qualunque sia l'autorità superiore da cui il blessing proviene.

La moglie di John ci accolti spiegando che i suoi cinque figli erano tutti in giro per il mondo, ma dato che hanno pressapoco la nostra età per questa sera potevamo considerarci "our adopted children" - and grandchildren. E, insieme agli antipasti, ha tirato fuori scatoloni e scatoloni di giochi usati dai suoi figli, tra cui una bambola gigante che ha fatto brillare gli occhi di Verdun.
La cena è iniziata con una preghiera di ringraziamento molto semplice ma anche commovente, nel soffermarsi sulle famiglie lontane: perchè se il grazie più immediato è per quello che abbiamo intorno a noi in questo momento - i Bambini, la casa nuova, l' opportunita di vivere questa esperienza - c'è poi tutto un' altra dimensione per cui sentirsi grateful: persone lontane, nemmeno a conoscenza che oggi ci fosse qualcosa da festeggiare, che però hanno avuto un ruolo fondamentale nel costruire quello che siamo ora, nel pavimentare le nostre stade. Le nostre mamme, papà, fratelli prima di tutti, e poi quella famiglia più estesa fatta di amici che vediamo così poco, ma il cui sostegno arriva lo stesso e aiuta a superare i momenti di nostalgia. Mi è venuta in mente una canzone lontana anni luce dal luogo e dal momento: "..E' come seee foste con mee...". It kind of rang true.

Sono seguiti l'immancabile torture of the turkey, le patate dolci, i panini che Verdun aveva aiutato ad impastare, il gelato e la pumpkin pie. Molto semplice e molto buono.
Verdun era curiosissima: ha partecipando al brindisi con il suo bicchiere di apple cider e ha voluto assaggiare tutto con meticolosita scientifica e risutati altalenanti. Poi ha giocato e riso come una matta, facendoci dubitare dell' effettiva analcolicità dell' apple cider.
Pierrot ha mangiato un panino e due banane, ma è apparso molto divertito da tutte quelle cose insolite, specialmente il tacchino gigantesco, che ha nutrito tutta la tavolata di diciassette persone, la scintillante cranberry sauce, il profumo delle torte, la fiamma delle candele.
E così il momento di malinconia evocato dalla preghiera di John è stato offuscato dalle chiacchere, dai sorrisi, dallo scambiarsi storie, ricordi, progetti. Bello. Thank you, John and Agnes.


24.11.10

#4307

Finalmente nella casa nuova. Dopo tre settimane di vita in bed&breakfast - non vacanza, ma everyday life, cose che fanno la differenza - cominciava a sembrare un miraggio. Non che non mi sia spiaciuto un po' abbandonare il b&b: mi mancheranno le colazioni del signor Patrick, le cure di MariaD, il mega king size bed in cui abbiamo dormito in quattro comodamente, nonostante la tendenza di Pierrot a posizionarsi sull'asse perpendicolare ai suoi familiari. Ma era tempo di andarcene - soprattutto dopo aver disperso tre cucchiaini, rotto due bicchieri e strappato alcune pagine dell' immancabile Holy Bible. Sorry, Mr Patrick!

La casa nuova, apartment 4307, non è perfetta, ma ci piace: dal balcone si vedono il canyon e le montagne, che è una cosa che mi fa stare bene. Ci sono DUE stanze da letto, e questa premessa di ritrovata intimità con H, seppure minacciata da frequenti incursioni notturne dei SB, mi fa stare pure meglio. C'è anche una piccola scrivania nera tutta per me, che non vedo l 'ora di coprire con i miei quaderni e i miei libri, che btw al momento sono dispersi per l'Atlantico insieme a tutto il resto delle cose che abbiamo spedito da Londra. Con fiducia.
Aspetti meno positivi: l'appartamento è al terzo piano, senza ascensore: settantacinque gradini con Pierrot al collo e Verdun per mano, almeno due volte al giono - cerco di concentrarmi su quel che risparmio in abbonamento alla palestra. La casa era anche coperta di moquette, che H sta gradualmente occultando con il palquet prelevato al famoso ikea di phoenix: non sembra troppo stabile, ma l'impegno è da apprezzare. A vedere i tutorials di Leroy Merlin su youtube, l'operazione sembrava più immediata.

Insomma, al momento più che una casa è un accampamento, con i mobili montati per metà, i lampadari ancora per terra, le valigie mezze piene e le camere mezze vuote. Io barcollo tra iperattività e isteria. I SB invece non sembrano affatto destabilizzati della precarietà della situazione: appaiono invece galvanizzati a bestia dall' insolita disponibilità di spazio vitale. Si rincorrono (yes, Pierrot corre! ), giocano a palla, a nascondino e a una loro speciale versione di following the leader in cui piu che altro si striscia per terra. Quasi sempre finiscono per sbattere uno contro l'altra ma non piangono mai troppo a lungo : sono molto allegri. I vicini del piano di sotto probabilmente un po' meno. Anyway, siamo in forma. Ho voglia di raccontare cosa c'è al di fuori delle nostre nuova quattro mura, ma sarà per un'altra volta, perchè Pierrot è appena sgattaiolato fuori dal lettino per reclamare la sua mezz'ora da figlio unico.

6.11.10

Spietata spontaneità

Prima di andare a vivere con H, condividevo un appartamento a Torino con altre quattro persone. Ho, degli anni passati in quella casa, molti ricordi belli, legati all' intimità speciale che si era creata con le mie coinquiline e ad alcuni momenti che mi hanno fatta ridere fino alle lacrime (mi fanno ancora ridere, in realtà, in genere quando sono sovrappensiero in situazioni totalmente inopportune...).
Unico aspetto negativo della casa di Torino era la metratura: era un appartamento grande grande grande. Il che tornava comodo quando c'era da far festa, e un po' meno quando c'erano da fare le pulizie. Non è che pulissimo granchè, ma il turno mensile appariva all'epoca estremamente gravoso. Quando toccava a me, puntualmente blateravo di quando sarei diventata una casalinga di lusso con tre cameriere sudamericane ad occuparsi della mia magione. Le mie colf immaginarie avevano anche dei nomi: si chiamavano Maria Carmela, Maria Dolores e Maria Maria.
Ora, è ormai chiaro che lo status quo di casalinga di lusso non è raggiungibile per questa vita. Tuttavia, in questa breve parentesi nel bed&breakfast newmexicano, in attesa di trasferirci nella casa nuova, si è materializzata Maria Dolores: è stato come incontrare il topino dei denti.

Maria Dolores è un signora messicana, sulla cinquantina, con lo sguardo dolce e un sorriso sempre pronto per i Signori Bambini, anche quando entrano con le scarpe piene di terra sui pavimenti su cui lei ha appena passato l'aspirapolvere. Tutte le mattine viene a pulire le nostre stanze e a rifare i letti - non il genere "tiro su il sacco del piumino-ho rifatto il letto", proprio un letto come si deve, con lenzuola, risvolto, doppi cuscini e tutto.Fino ad oggi le nostre conversazioni si erano limitate a ola-ola e sorrisi amichevoli. Stamattina però le avrei voluto chiedere di tornare un po' più tardi, perchè ieri sera i SB sono stati in piedi fino a ore improponibili per aspettare il papà che tornava dall' Arizona con un camion carico di mobili.

E' così che ho scoperto che Maria Dolores non parla una parola di inglese. Zero assoluto. Non solo, era divertitissima dal fatto che io non parlassi spagnolo.

"No habla espagnol?"

"Nope."

"Nada?"

"Nada de nada."

"Hahahahahahaha!"

Hey. La proverbiale spontaneità messicana può anche ferire.

Ho finito per comunicare in italiano aggiungendo s a casaccio - "dos el ramasos", anyone? Mi sono fatta capire, insomma, ma non è stato un momento brillante. Uno pensa, parlo inglese, è un passepartout universale: è tempo di ripensarci. Seconda good resolution per la vita a Los Alamos: imparare lo spagnolo.

1.11.10

In my cauldron

In my cauldron I do mix
a recipe for Halloween tricks
Hocus pocus, pumpkin stick
web of spider and apple pip,
breath of dragon, bark of dog,
meow of cat and honk of hog!





Alla fine ha vinto l'opzione A, e siamo rimasti a Los Alamos nel weekend. Non solo, ma ci siamo lasciati coinvolgere nei festeggiamenti, lasciando da parte per due giorni i pensieri riguardo alla casa nuova.
E' stata una scelta abbastanza simbolica, questa di festeggiare Halloween alla grande, come gli americani: simbolica di voglia di cambiare, di confrontarsi, di capire la realtà in cui ci ritroviamo. Non è una cosa scontata, quando si vive all' estero: se guardo indietro agli anni passati al Londra, mi rendo conto che nonostante tante soddisfazioni e traguardi importanti, ho sempre vissuto in Inghilterra da ospite osservatrice, quasi come se la vita laggiù fosse una parentesi tra un viaggio in Italia e l' altro. Ho cambiato pochissimo delle mie abituadini, dei miei riti. La mia casa, per come era sistemata e per quel che c' era dentro, avrebbe potuto benissimo essere a Torino, se non per i libri in inglese e qualche pacco di biscotti di tesco. Non ho fatto nessuno sforzo oltre allo stretto indispensabile per capire e adottare aspetti della cultura inglese, in parte per diffidenza, in parte per mancanza di energia, in parte per pigrizia. Negli anni passati a Londra ho lavorato molto su obiettivi personali e sul costruire le basi della nostra famiglia, mia e di H, ma questo mi ha lascito poco spazio per interagire con il resto del mondo.
E' tempo di cambiare orizzonti: una delle mie good resolutions per la nostra vita negli states, mia e della mia famiglia, è di aprirci alla cultura locale, di interrogare e capire tradizioni e abitudini diverse dalle nostre; tutto ciò mantenendo coscienza del valore delle nostre radici, dll' esperienza e degli incontri che ci hanno portato fin qui. Cercare di integrarsi senza disintegrarsi, insomma.
Questo è, in un certo senso, più facile e ovvio in quando sui emigra in un paese come gli Stati Uniti, nati come un calderone in cui si sono mischiate, con momenti più o meno facili, tradizioni e culture molto diverse; piu facile, ritengo, che in un paese europeo, dove le tradizione locali sembrano esere piu forti, e l'atteggiamento dei locals più diffidente.

Abbiamo cominciato con Halloween, che qui è la festa dei bambini per eccezione. E così, proprio io che provengo da una classica famiglia di educazione subalpina in cui il carnevale veniva tradizionalmente sdegnato o boicottato, mi sono ritrovata a scegliere con Verdun il vestitino e il cappello da strega, le calze lunghe nere, a disegnarle le lentiggini. Una mamma conosciuta in biblioteca mi ha prestato un vestito da gatto nero per Pierrot, perfetto nel ruolo di gobbolino il gatto della strega.



Siamo andati a vedere la parata in main street, la festa alla scuola elementare, e il pumpkin glow, la mostra notturna delle zucche intagliate e illuminate (no, non abbiamo comprato la zucca e il kit del perfetto intagliatore: lo riservo per l' anno prossimo, quando verdun potrà cimentarsi).
Domenica siamo stati a una piccola festa con altre famiglie con bambini dell'età dei nostri, e appena è venuto buio li abbiamo accompagnati a riempire i secchielli di treats per le strade del quartiere: Pierrot è rimasto in braccio a me, con gli occhi sbarrati per l' oscurità e per l' eccitazione palpabile intorno a lui. Verdun invece ha corso e saltellato come una vera strghetta, dando la mano a un pirata conosciuto un'ora prima come se fosse il miglior amico di sempre. A ogni porta aperta enunciava spavalda "Trick or treat?", e credo che non abbia smesso di ridere per un 'ora o più. Una serata speciale per lei, e anche per noi, di riflesso.



Insomma, abbiamo fatto un piccolo passo avanti, siamo usciti dalla nostra bolla e ci siamo diveriti molto. Verdun è entrata un po' troppo nella parte e adesso gira per casa imponendo le mani e dicendo:

Abraa Cadabraaa! Puff! Sono sparita!...
Hey, mamma, sono sparita?

Del resto, essendo arrivata qui in pieno delirio pre-Halloween, probabilmete pensa che in America la gente abbia zucche in giardino tutto l' anno e ogni tanto esca vestita da mummia o frankestein; ho deciso di lasciarglielo credere ancora per un po'.