28.5.10

Only 793 days to London 2012

A casa dei miei genitori, nella mia excamera, ora adibita a magazzino, c'è ancora appeso al muro un orsetto di legno, la mascotte delle olimpiadi di Mosca '80, l'anno in cui sono nata. Si chiama Misha, e nonostante la guerra fredda, il boicottaggio, i comunisti che mangiavano i bambini, ha un faccia sorridente, mi ha sempre messo allegria.
Su una mensola nella mia excamera c'è anche lo zio Sam, mascotte di Los Angeles '84 - un pappagallo con la tuba, colorato very bright, disegnato dalla Disney, piuttosto indicativo dell'ottimismo e della non reticenza ad ostentare caratteristica di quegli anni, e di quelle terre. Allo zio Sam è anche legato uno dei miei primissimi ricordi: sono con mia madre e mio padre sulla 500 blu, siamo andate a prenderlo a caselle al ritorno dagli Stati Uniti con la squadra dell'atletica, e mio padre tira fuori il mio regalo, il pappagallo appunto; mia madre ha una pancia enorme, sono i miei ultimi giorni da figlia unica.

Qui si conclude il mio sapere in materia di mascotte olimpiche, perchè quando mia madre è rimasta incinta per la terza volta l'atletica è stata messa da parte e mio padre ha dovuto convergere verso sport che probabilmente lo entusiasmavano meno ma garantivano un po' piu di sicurezza economica a una famiglia ormai discretamente numerosa - stile Homer Simpson che rinuncia a lavorare al bowling quando nasce Maggie - una puntata commovente, a modo suo.

Comunque: erano mascottes carine, senza grosse pretese, pensate per creare un po' di marketing, rappresentare la nazione ospitante, fare tenerezza e magari coinvolgere i bambini. Bon.

Ma veniamo ai giorni nostri: hanno presentato pochi giorni fa le mascottes di London 2012, Wenlock and Mandeville. Les voilà:


"Allora, mio caro muono-occhio: su quale misero, insignificante pianetucolo mia creatura scatenerà sua ira?"

Agghiaccianti. Due polifemi. A parte far paura ai bambini, cosa rappresentano questi due? Londra, con tutte le sue contraddizioni, è un posto assolutamenete unico, nessuno ha pensato di renderle vagamente rilevanti al loco?
Mah. Pare che W&M siano stati commissionati a un'equipe di esperti, e che nessuno abbia osato fargli notare che erano dei mostri.
Stolti. Avrebbero dovuto prendere esempio dalla mia direttrice che l' anno scorso, quando si trattava di rifare il logo della scuola, ha aperto il concorso a tutti, ha finto di valutare tutte le oscenità proposte dai bambini e alla fine il logo l' ha disegnato lei con la mano sinistra. E vissero tutti felici e contenti.

Chiaramente, esistono problemi maggiori. Ma vivendo all' ombra della BT tower, su cui scorre imperterrito il countdown all'inizio delle olimpiadi, si finisce per sentirsi vagamente coinvolti, così volevo esprimere la mia disapprovazione. Non ci siamo: persino il Ciao di Italia'90 era più simpatico...

24.5.10

Antò, fa caldo!

Da qualche tempo la ryanair chiude i voli con un momento di autocelebrazione, squilli di tromba e insulti alle compagnie highcost, del tipo:
Pepperepeppeppèèè! Welcome in London on yet ANOTHER on-time ryanair flight! Our punctuality rating is 99.9%! Take that, "Latehansa"!

Va detto che hanno anche ragione, i voli ryan sono quasi sempre puntuali; per tutto il resto, c' è "Latehansa".

Reduci da un weekend molto allegro in Italia, siamo stati accolti a Londra da un caldo inaspettato, del genere inaspettato anche per il 31 luglio - qui. I locals sono ovviamente impazziti, tutti seminudi nei parchi al fine di ottenere in poche ore la caratteristica sfumatura aragosta. Insieme all' iniziale entusiasmo si avverte però gia una certa tensione: irrigatori accesi tutto il giorno, gente che fa scorte di ventilatori, offertissime da boots sulle creme solari, panico da disidratazione.
L' emergenza caldo non mi allarma. Vivo qua da abbastanza tempo per sapere che non durerà.
Intanto, io in queste temperature mi crogiolo. Il resto della famiglia pare invece aver assorbito influenze very british e non condivide affatto il mio entusiasmo: H è piegato da allergie a pollini varii; Pierrot è sconvolto dallo sbalzo climatico (essendo nato a fine settembre, probabilmente è lì che si chiede: "Cos'è quella palla gialla di luce?") ; Verdun è tesa e imbronciata come in qualunque temperatura.
Oggi siamo usciti, per la prima volta dall' estate scorsa, in maglietta e pantaloncini, e le chiesto: "Non ti piace uscire così, senza giacca, sciarpa e guanti? Sentire l' aria sulla pelle?"
Per tutta risposta ha preso il bicchiere del frappuccino ghiacciato che stavo bevendo e ha cominciato a tamponarsi la fronte e le braccia , scandendo in toni melodrammatici: "Too hot, too hot!". Cannes, arriviamo.

22.5.10

Venerdì pomeriggio

Venerdì pomeriggio a spasso per Torino. Sono in cerca di qualche libro utile per la tesi, così ho lasciato H e i Signori Bambini a casa dei miei genitori, a dormire per recuperare il sonno perso nel viaggio. Childless e husbandless, libera da passeggini, babybjorn e obbligo morale di chiaccherare a vanvera per intrattenere i piccoli, mi muovo rapidissima e silenziosa. Non devo pensare a dove vado, qui posso inserire il pilota automatico.

Per strada raccolgo un po' di sensazioni che mi fano sentire subito a casa.
L' eleganza dei portici, delle vetrine di via Roma e piazza Castello, più pulite di come le ricordassi. La loro praticità, anche, perchè presto inizia a piovviginare, ma non fa niente.
Un caffè macchiato, in alternativa al solito tall-skinny-vanilla-latte-extra-hot: riscoprire il sapore dell' espresso del bar, la lucidità immediatamente successiva.
Via Garibaldi e le viuzze che la tagliano, una più bella dell' altra, ma anche non facili da differenziare. Testare sulla propria pelle il fatto che "il bello di Torino è che è costruita a pianta quadrata, perciò se ti perdi basta che giri tre volte a destra e ti ritrovi al punto di partenza". Ritrovare la strada.
Sentirsi urlare da un marocchino "Ciao bella!", fingere indifferenza e sorridere solo con il profilo rivolto al muro. Rendersi conto di avere chimato "marocchini" tutti quelli che venivano da latitudini inferiori alla Sicila per venticinque anni, senza neanche sentirsi unpolitically correct.
Gli odori e i colori di San Salvario, la chiesa dei Santi Pietro e Paolo: ci lavora un prete silenziosamente rivoluzionario, don Piero Gallo. Amavo ascoltare le sue messe quando vivevo qui, ho voluto che fosse lui a battezzare i Signori bambini, tutti e due. Tra i suoi mille impegni di sacerdote in un territorio ancora "difficile", dove immigrazione e disperazione arrivano spesso sullo stesso treno, trova il tempo ogni settimana di dipingere su una bacheca fuori dalla chiesa un messaggio per la comunità: questa settimana è "I cristiani rendono Dio visibile". Mi fa pensare ai turisti e ai souvenirs che ho notato in giro per l' ostensione della Sindone, a come il fatto di entusiasmarsi perchè si vedrebbe la faccia di Gesù su un lenzuolo mi abbia sempre lasciata perplessa, che sono altre le cose che lo rendono visibile.
Rendersi conto di essere già arrivati: le distanze qui sono più umane che altrove, pare.

Non soffro di nostalgia quando sono a Londra: credo di aver attivato inconsciamente un meccanismo di autodifesa, per cui non penso mai a Torino. Alle persone che vivono qui ovviamente si, ma raramente ai luoghi.
Poi basta una passeggiata, da una stazione all' altra e ritorno, per ricordarmi che sono fiera di arrivare da qui, qualunque sia la destinazione futura; che la relativa facilità con cui mi sono adattata a vivere in luoghi molto diversi potebbe aver a che fare con un senso di appartenenza di fondo ben precisa, a cui il resto va a sommarsi ed arricchire, senza attaccare le basi un'identità costruita qui; il che mi porta dritto dritto a riflettere su che tipo di radici avranno i pargoletti, su cosa sia meglio per loro, se esista un meglio assoluto. Finisce che a forza di pensarci mi viene voglia di rivederli immediatamente, torno alla macchina quasi di corsa: ho solo due libri in borsa, e uno è per Verdun, ma meglio che niente.

18.5.10

Eyjafjallajokull

H chiama a mezzogiorno per controllare che la famiglia si mantenga operosa e in salute.
Risponde Verdun, ovviamente.
"Heho. Wa wa iu"
(Hello, how are you)

"Ciao, piccoletta! Com'è andata la tua mattinata?

"Sunny day. Rainy day. Sunny day. More rainy day. More sunny day. Mummy not happy." - segue lancio del cordless sotto il divano

(Quando siamo usciti c'era il sole - anche se si gelava. Poi in un nanosecondo sono arrivate delle nuvole enormi e bassissime, e ha iniziato a diluviare. Poi è tornato il sole e siamo andati all'altalena, bagnati. Poi ha ripreso a piovere e ci siamo riparati sotto la tettoia. Poi è tornato di nuovo il sole, ma a quel punto eravamo già sulla via di casa perchè mamma era un tantino esasperata, specialmente all'idea che il cash scarseggia e quindi probabilmente passeremo l' estate qui. A pensarci bene è meglio che non te la passi neanche, 'che la vedo un po' tesa.)

Purtroppo la primavera è ancora un miraggio; del resto, come mi ha fatto notare ai giardinetti l'amico Ben, di professione nanny (scelta di vita originale, no?): "This might very well be as good as it can get", potrebbe benissimo essere il meglio a cui possiamo aspirare in queste latitudini, estate compresa.
Ma non disperiamo - abbiamo degli obiettivi! Siamo infatti sopravvissuti al cupo inverno londinese con in testa l' appuntamento del 22 maggio, data del matrimonio di un caro amico, mio e di H. Si prevede un bel momento: coppia molto allegra, tutti i nostri migliori amici riuniti, nonchè, elemento da non sottovalutare, primo evento sociale in a while in cui non sono incinta/puerpera/allantante, cosa che mi permetterà di sfoggiare qualcosa di vagamente femminile, in alternativa al modello "saio francescano" delle ultime occasioni.

Così, abbiamo in programma un weekend intenso: uscita di casa venerdi alle 3 di notte per prendere il volo delle 6 da Stansted (a presto un post di denuncia sociale contro la ryanair); venerdi pomeriggio vedrò una persona che mi è molto cara che è un po' uscita dal mio radar, per motivi non chiari; sabato, matrimonio; domenica, ragguaglio immediato sull'evento con le mia amiche gallinelle (admittedly, la parte migliore dei matrimoni; tranne in caso si tratti del tuo, ovviamente); lunedi, rientro a Londra.

Insomma, grande impennata di vita sociale: questo genere di weekend mi lascia sempre stravolta, eppure non vedo l'ora. Adesso non ci resta che pregare che il vulcano islandese abbia misericordia di noi.
Con Verdun, abbiamo trascorso buona parte della giornata a contare le scie bianche nel fazzoletto di cielo che ci permettono le nostre finestre: mi sento ottimista (gianni!)

16.5.10

Effelanti

Il bello di vivere a Londra è che dopo un po' - dopo i buddisti tamburellanti in oxford street, le nonnine vestite da topshop e i serissimi manager della city che si fanno la barba in metro - alla fine, dicevo, non ti stupisci più di nulla. Però qualche domanda te la poni ancora, di tanto in tanto.

Per esempio: ai giardinetti sono comparsi da qualche giorno gli Elefanti.

Gli Elefanti non sarebbero altro che una variazione delle piu note Mucche che hanno girato per anni in tutto il mondo - noi la avevamo beccate a Chicago, mi pare- o degli orsi di Berlino. In sostanza, ingombranti modelli 3d dei suddetti animali, all' apparenza plasticosi, replicati a centinaia ma decorati in modo diverso dagli artisti coinvolti nell'iniziativa. A Londra ne hanno piazzati duecentocinquanta - due nel parchetto sotto casa, appunto.

Mah. Avendo Elle mantenuto con persevaranza la media del "cinque al sei" in educazione artistica per cinque anni di liceo, non si azzarda assolutamente a dare giudizi di merito al valore artistico di queste iniziative. In generale, si limita a sperare che non siano state investite troppe risorse dei contribuenti.

Gli Elefanti in questione però non sono semplici opere d' arte, macchè: si tratta di orfanelli in cerca di generosi donatori che li sponsorizzino, in cambio del nome sulla targetta alla base della bestia. Il ricavato di questa geniale iniziativa andrà a un' associazione che ha l'obiettivo di garantire un futuro migliore per l'elefante asiatico.

OK. Anche gli elefanti hanno bisogno di qualcuno che si occupi del loro futuro, suppongo. Mi chiedevo però, in una città dove il credit crunch, la crisi economica, ha colpito secco, specialmente il genere di persone che potevano comprarsi un modellino di cucciolo di elefante in dimensioni naturali, chi mai si sarebbe comprato il pachiderma da salotto.

Le risposte non sono tardate: quello sotto casa (Poppy, per la cronaca: se lo adotti, hai poi il diritto di battezzarlo, giustamente) se lo sono comprati quelli di Farrow&Ball, produttori di tappezzerie e colori da pareti di lusso. Stride un po' come un ossimoro, nel senso che le tappezzeria e lo chic non vanno proprio a braccetto nel mio immaginario. D' altra parte, vivendo in un appartamento arredato in puro stile svedese, non sono nella posizione di esprimere opinioni - again!

E se vendi tappezzerie di lusso, è comprensibile che la tua clientela si aspetti che adotti l'elefante, probabilmente. Altri generosi donatori che ho notato in giro: la società "Amici di Sherlock Holmes" (si sono comprati l'Elefante in baker street), e l' associazione dei sindaci di Londra, London Majors Association, o LMA - questi, con un umorismo assolutamente inaspettato dalla categoria, hanno battezzato l'elefante Ella May.

Non ne sono sicura, ma ho la sensazione che finchè ci sono Elefanti in giro, e qualcuno che ci investe sopra, la crisi non debba essere poi così nera. O forse è solo un virgulto di ottimismo dovuto al fatto che, colorati come sono in modo assurdo, rallegrano un po' queste giornate di maggio molto novembrine. Se non altro, ai SB piacciono moltissimo.





13.5.10

Just as long

So we have got a new PM. So we didn't really have time to care. Or mental energy, or concentration. There is too much going on, on a much more personal - well, familiar - level, that it doesn't leave much space for anything else.
Big decisions bring stress, stress brings pressure and misjudgements, and so we happen to make mistakes. Little ones if we are lucky, big ones if we are not. Mind you, sometimes it looks like you have done wrong, and then it turns out you haven't: life it's beutiful that way, so they say. But at the moment it does indeed look like an error, H, and I am not good at pretending that it's ok, that it doesn't matter. It actually does.

I am a bit sad and a bit worried. And yet, that doesn't justify me rubbing it to your face or trying to make you feel bad. I know you are good. I am sorry, really sorry, for having been such a mess.
I had forgotten where my place is. But I'll keep standing by you, no matter what, I promise. I triple promise.

So this one is for you, H; and in case anyone else is reading this, it does make a good undertone if you are looking at old photos, or facing a huge pile of shirts waiting for ironing. Enjoy!

(watch out for min 2:10 - love you so much)

7.5.10

H's back

Happy ending al post precedente: H is back!

E' tornato dall' America con magliette e marchandising vario delle università che ha visitato, e soprattutto con tre proposte di lavoro, tutte interessanti (così pare, non è che mi sia davvero interessata di cosa andrebbe a studiare, chiaramente), ed estremamente diverse, in termini di location: New York, New Mexico o San Francisco. Così, al di là dell' indirizzo che prenderebbe la ricerca di H, si tratta di scegliere che tipo di vita vogliamo fare nei possimi diciamo almeno tre anni, che genere di opportunità offrire ai Signori Bambini ... roba da perderci svariate notti di sonno, prima di cominciare a tirare la monetine per non assumersi la responsabilità di una scelta di portata abnorme.

Al momento, però, non abbiamo la forza di pensarci; in effetti, da tre giorni facciamo poco altro che dormire, tutti e quattro, in ogni momento libero. Si dorme di notte, tutta di filato come non succedeva da mesi (sette), ma anche sulla metro, nel passeggino, sul bus, sul divano, nel babybjorn, sulla sdraietta. Cala la palpebra persino da starbucks e mentre si gioca a memory. Una caporetto, insomma. Niente paura, stiamo solo recuperando il jet dad.

Jet dad
, n: a condition characterised by psychological and physiological effects (as fatigue and irritability), occurring following prolonged absence of the pater familias, and resulting from disruption of circadian rhythms in the family routines (Merriam Webster's, revisited by Elle)

3.5.10

A perfect day for Bananafish

Sono reduce da una giornata da dimenticare.
Tanto per cominciare, sono dieci giorni che faccio la mamma single: H è in tour negli States, per una serie di interviste di lavoro, e noi siamo a casa a fare crocette sul muro, tutti e tre - sono abbastanza convinta che anche Pierrot abbia la percezione che quacosa non torna.
Non sono in grado di sostenere la situazione molto più a lungo; anzi, ho deciso che i genitori single vincono un posto a pieno titolo nel mio personale zoo di personaggi mitologici (insieme a Donald Duck, Mc Giver, il maitre chocolatier Lindt, Claudio Anselmetto, Pennac, Calvin e Hobbes, Fante, Sendak, Salinger e altri elementi più o meno noti).
Non ho idea di come reggano questi ritmi da soli, a lungo termine. Le giornate in assenza di H scorrono più o meno come sempre, abbiamo le nostre routine, sono preparata. Normalmente però H torna a casa intorno alle sei, e nelle successive tre ore ci palleggiamo alla meglio i Signori Bambini, con movimento ancora non proprio armonico ma perlomeno rodato.
Essere in due è abbastanza essenziale per superare questa fase della giornata garantendo che tutti vadano a dormire con il pancino pieno, la faccia libera da croste di natura sospetta, tre storie e una ninna nanna. In genere, con un po' di buona volontà, arriviamo alla sera avendo evitato l' esaurimento nervoso tutti e quattro. Come direbbe la mia preside - non sto inventando -"Give yourself a pat on the back and say "Well done!".

Invece, da sola con i pargoletti, per quanto riesca comunque a enjoy le nostre giornate insieme, arrivo alla sera stravolta, vorrei solo timbrare il cartellino da genitore e tornare domani. Sfortunatamente, i giovani non sono d'accordo. Complice la carenza affettiva, l' ansia da assenza della figura paterna e le giornate ormai lunghissime, dormono ancora meno del solito.
E a rallegrare la situazione, con una puntualità agghiacciante, ieri notte è spuntato Il Primo Dentino di Pierrot. Credo di non aver dormito più di venti minuti di seguito per tutta la notte.
Perciò oggi Verdun è caduta malamente dall' altalena, prima che potessi recuperarla al volo.
Perciò ho rovesciato per terra la sua cena, inciampando in una macchinina.
Perciò i caffe multipli casa non bastavano, sono andata a prendere un flat latte da starbucks, e ho lasciato lì il portamonete.
Ufff

Non c' erano documenti o altre cose di importanza cruciale - l' ho gia perso troppe volte per cascarci di nuovo. C' erano però abbastanza soldi da arrabbiarsi. Poi, ovviamente, me ne sono accorta al supermercato al momento di pagare, con annesso tut-tut della commessa e sorrisi compassionevoli della gente in fila.
1, 2, 3, 4 help, I need somebody, not just everybody...

Il ritorno di H è previsto per mercoledi, per fortuna.
Come suggerito dai motivi della sua assenza, si prevedono migrazioni autunnali, insieme agli aironi del Serpentine: direzione ovest, ma destinazione ancora incerta. Big decisions time.