24.12.10

A brand new Christmas


Ecco la foto del nostro presepe. E' una nativity di origine peruviana, un regalo della madrina di Verdun, minimalista ma indistruttibile, come ripetutamente testato dai Signori Bambini.
Da piccola amavo i presepi sovraffollati: mi piaceva radunare tutti i pastorelli e gli animali intorno alla capanna, e inventare storie su che cosa li avesse portati lì, o su che cosa avrebbero regalato a Gesù Bambino. Oggi invece il momento a cui mi piace di più pensare è quello in cui Gesu è proprio appena appena nato, e nell' intimita della stalla quei tre se ne stanno lì ad ammirarsi senza parole, immersi nella meraviglia e nella gioia: per me, è un'immagine che ispira riverenza, forza e tenerezza insieme.

Questa notte, guardando il presepe , ripenserò a quello a casa dei miei genitori: alle statuine, quasi tutte in brutto stato per via dell' abitudine mia e dei miei fratelli di giocarci facendole cadere in continuazione; alla capanna intagliata da mio padre nel traforo da ragazzino, incredibilmente sopravvissuta indenne; a Gesù Bambino nascosto dietro all' albero di Natale fino alla mattina del venticinque, all'entusiamo che mi trasmetteva da bambina il vederlo finalmente nella culla. Mi mancheranno molto.
Ma questo è soprattutto il primo Natale di un'altra bambina: il primo in cui Verdun capisca che c' è qualcosa di speciale da festeggiare. Il primo in cui le ho raccontato la storia del primo Natale, il primo in cui abbiamo fatto insieme il presepe, il primo in cui abbiamo aperto le finestre del calendario dell' avvento, quello che era stato mio, stupendosi ad ogni immagine nascosta come se la vedessi anche io per la prima volta. E' un Natale nuovo e diverso: c' è nostalgia per le persone care lontane, ma anche felicità all'idea di poterlo trascorrere nell'intimità della nostra famiglia, mescolando tradizioni della nostra infanzia con altre tutte nuove. Ci aspetta una serata a Santa Fe illuminata dai farolitos, a bere cioccolata calda per strada, una cena newmexicana, poi la Messa e i regali - non molti, ma scelti con cura.

Guardo Verdun, overexcited e carica di aspettative mentre martella lo xilofono nel tentativo di suonare Jingle Bells, e il mio augurio, per la mia famiglia e per chiunque legga queste righe, è di ritrovare in questi giorni di festa l'allegria e l'entusiasmo del primo Natale in cui abbiamo capito che sarebbe stato un giorno diverso dagli altri. Merry Christmas, folks!

19.12.10

Un pesce di nome Jimmy

Just in case non mi sentissi ancora sul baratro della sopraffazione da responsabilità di minori, da ieri ho anche un pesce in affidamento per due settimane. La padrona, una collega di H, è tornata in Italia per le vacanze e chiaramente non poteva portarselo dietro. Ha pensato che sarebbe stato carino per i Signori Bambini avere una creatura vivente per casa, il che si è anche rivelato vero. Io in compenso sono in ansia: ho il terrore di trovarlo a pancia in su da un momento all' altro. Gli unici due pesci di cui mi sia presa cura sono stati seppelliti nel campo da golf di Sestriere dopo una settimana di vita agonizzante - era il '93 e non ho ancora elaborato il lutto.
Perdipiù le condizioni non sono proprio favorevoli: il pesce in questione è stato comprato da Walmart, che si può collocare un gradino sotto comprarlo alla fiera: il genere di pesce con aspettative di vita di due o tre giorni. Sfidando qualunque previsione ottimistica, la bestia sopravvive da un anno e mezzo: non so a quanti anni umani equivalgano, ma è in palese stato di decadimento. Ha perso i colori, le pinne sono tutte sgarruppate e ha un marcato esoftalmo all' occhio sinistro. Sta tutto il giorno praticamente immobile, non mangia niente, non ha reagito neanche ai ripetuti tentativi di Pierrot di tirarsi addosso la vasca. Nonostante lo spettacolo piuttosto deprimente, Verdun è tutta entusiasta, gli dà la colazione, lo incita a nuotare, nota micromovimenti invisibili all' occhio adulto ("Guarda! Ha mosso sue alucce!"), gli augura buonanotte, si preoccupa di quanto dorma. Perciò, mio caro Jimmy, hold on per due settimane o le spezzeresti il cuore.

Aggiornamento meteo: nel giro di due giorni le temperature sono impietosamente crollate di venti gradi e ora è tutto coperto di neve. Stamattina però è uscito il sole, così, incuranti dell'equipaggiamento poco idoneo, siamo usciti con la missione di realizzare il primo pupazzo di neve di Verdun. Purtroppo abbiamo avuto la sfortunata idea di passare dal sentiero in mezzo alla pineta, dove Pierrot, bloccato nel passeggino, è stato colpito e affondato da un macigno di neve caduto da un albero. Con il suo consueto aplomb, non ha detto beh: probabilmente ha pensato di proporre uno scambio di casa col pesce, ma intanto si è limitato a scrollarsi la neve dalla faccia. Una roccia.




14.12.10

Barnum's

Correre tutto il pomeriggio su e giù per il playground in maniche corte, increduli di quanto possa scaldare il sole a metà Dicembre alle latitudini giuste. Osservare dalla piattaforma dello scivolo il sole scendere piano piano oltre le montagne, e il cielo diventare rosa, e poi viola. Essere sorpresi dalla potente escursione termica, e scappare a casa con il naso congelato. Imparare a fare il the, e inzupparci dentro una scatola intera di Barnum's Animals.

Scriverne per non dimenticare, perchè alla sera si finisce di guardarsi indietro e pensare a come un pomeriggio qualunque sia diventato un momento a cui si ripenserà con tenerezza infinita. I Signori Bambini non potranno ricordarsene, ma chissà, magari il profumo dei Barnum porterà allegria. Stile Proust, ma con brio.


8.12.10

Latte

Oggi pomeriggio da Starbucks conosciamo una famiglia fotocopia di origine tedesca; mamma, bimba grande di tre anni e mezzo, bimbo piccolo di quattordici mesi. Dopo qualche chiacchera assisto all' allattamento del fratellino: per me che ho allattato per otto mesi sommando i due figli, sembra un traguardo notevole.
Poi la mamma mi informa che anche la sorella alla sera viene regolarmente allattata: non so bene come commentare la notizia. Il commento spontaneo del mio cervello - "That's just weird!" -andrebbe filtrato. Per prendere tempo mi giro verso la mia bimba grande, che sta soffiando sul suo moka kids size per farlo raffreddare: sembra soddisfatta. A ognuno il suo Latte. Possibilmente decaf.

6.12.10

E' arrivato un bastimento carico di...

E' arrivato un bastimento carico di scatoloni. I nostri. Purtroppo è bloccato nel porto di Los Angeles per controlli doganali fino a data da definirsi. Praticamente, siamo incastrati nel trasloco più lungo della storia, roba che non augureresti al tuo peggior nemico. Nel tentativo di non buttar via troppi dollari per comprare cose che abbiamo già, stiamo sopravvivendo in condizioni minime; non proprio Lost, ma insomma.
Perdipiù, iniziano a spuntare lucine colorate ovunque, renne nei giardini, mostre dei presepi e compagnia bella, mentre le nostre decorazioni di Natale sono nel box number 2, perciò ci aggiudichiamo con buone probabilità la casa più spoglia di Los Alamos. Andrà a finire che, anziche a Babbo Natale, Verdun scriverà la letterina al Department of Homeland Security.

Il risvolto positivo dei ritardo della consegna dei diciassette scatoloni è la sorprendente solidarietà che abbiamo riscontrato in tante persone conosciute qui, perciò conosciute poco, che ci hanno dato una mano prestandoci coperte, lettino, scatole degli attrezzi, libri e giocattoli per i Signori Bambini e altro ancora, spinti dalla molla del ritrovarsi accomunati dall' essere genitori, o giramondo lontani dalle proprie radici, o da una generosità innata. Il Premio Simpatia va al nonnino coreano absolutely-non-english-speaker del piano terra che, dopo averci assistito barcollare sulle scale tra passeggino e borse della spesa, ci ha sporto tre gelati dal giardino. MiniMars gelato, roba che ti ricarica. In the end, we' re lucky guys.

25.11.10

The first Thanksgiving

Quattro secoli dopo i pellegrini di Plymouth, anche Elle e famiglia, ultimissimi arrivati, hanno festeggiato il loro primo Thanksgiving.
L' invito è arrivato da un professore americano che lavora con H, John, che ha esteso la sua cena del Ringraziamento ai ricercatori del gruppo rimasti a Los Alamos nonostante il lungo ponte.
Noi eravamo un po' titubanti all'idea di portare i Signori Bambini a una cena che aveva chiaramente rituali e significati importanti per chi è nato e cresciuto in queste terre: temevamo sarebbe stata una serata troppo lunga e formale per loro - l'invito era per le quattro del pomeriggio! Invece siamo stati accolti con un entusiamo e una sincerità che mi ha colpita, un'espressione genuina della voglia di condividere questo momento dell' anno speciale, in cui si vuole soffermarsi sulle cose belle, quelle che fanno sentire un po' blessed, qualunque sia l'autorità superiore da cui il blessing proviene.

La moglie di John ci accolti spiegando che i suoi cinque figli erano tutti in giro per il mondo, ma dato che hanno pressapoco la nostra età per questa sera potevamo considerarci "our adopted children" - and grandchildren. E, insieme agli antipasti, ha tirato fuori scatoloni e scatoloni di giochi usati dai suoi figli, tra cui una bambola gigante che ha fatto brillare gli occhi di Verdun.
La cena è iniziata con una preghiera di ringraziamento molto semplice ma anche commovente, nel soffermarsi sulle famiglie lontane: perchè se il grazie più immediato è per quello che abbiamo intorno a noi in questo momento - i Bambini, la casa nuova, l' opportunita di vivere questa esperienza - c'è poi tutto un' altra dimensione per cui sentirsi grateful: persone lontane, nemmeno a conoscenza che oggi ci fosse qualcosa da festeggiare, che però hanno avuto un ruolo fondamentale nel costruire quello che siamo ora, nel pavimentare le nostre stade. Le nostre mamme, papà, fratelli prima di tutti, e poi quella famiglia più estesa fatta di amici che vediamo così poco, ma il cui sostegno arriva lo stesso e aiuta a superare i momenti di nostalgia. Mi è venuta in mente una canzone lontana anni luce dal luogo e dal momento: "..E' come seee foste con mee...". It kind of rang true.

Sono seguiti l'immancabile torture of the turkey, le patate dolci, i panini che Verdun aveva aiutato ad impastare, il gelato e la pumpkin pie. Molto semplice e molto buono.
Verdun era curiosissima: ha partecipando al brindisi con il suo bicchiere di apple cider e ha voluto assaggiare tutto con meticolosita scientifica e risutati altalenanti. Poi ha giocato e riso come una matta, facendoci dubitare dell' effettiva analcolicità dell' apple cider.
Pierrot ha mangiato un panino e due banane, ma è apparso molto divertito da tutte quelle cose insolite, specialmente il tacchino gigantesco, che ha nutrito tutta la tavolata di diciassette persone, la scintillante cranberry sauce, il profumo delle torte, la fiamma delle candele.
E così il momento di malinconia evocato dalla preghiera di John è stato offuscato dalle chiacchere, dai sorrisi, dallo scambiarsi storie, ricordi, progetti. Bello. Thank you, John and Agnes.


24.11.10

#4307

Finalmente nella casa nuova. Dopo tre settimane di vita in bed&breakfast - non vacanza, ma everyday life, cose che fanno la differenza - cominciava a sembrare un miraggio. Non che non mi sia spiaciuto un po' abbandonare il b&b: mi mancheranno le colazioni del signor Patrick, le cure di MariaD, il mega king size bed in cui abbiamo dormito in quattro comodamente, nonostante la tendenza di Pierrot a posizionarsi sull'asse perpendicolare ai suoi familiari. Ma era tempo di andarcene - soprattutto dopo aver disperso tre cucchiaini, rotto due bicchieri e strappato alcune pagine dell' immancabile Holy Bible. Sorry, Mr Patrick!

La casa nuova, apartment 4307, non è perfetta, ma ci piace: dal balcone si vedono il canyon e le montagne, che è una cosa che mi fa stare bene. Ci sono DUE stanze da letto, e questa premessa di ritrovata intimità con H, seppure minacciata da frequenti incursioni notturne dei SB, mi fa stare pure meglio. C'è anche una piccola scrivania nera tutta per me, che non vedo l 'ora di coprire con i miei quaderni e i miei libri, che btw al momento sono dispersi per l'Atlantico insieme a tutto il resto delle cose che abbiamo spedito da Londra. Con fiducia.
Aspetti meno positivi: l'appartamento è al terzo piano, senza ascensore: settantacinque gradini con Pierrot al collo e Verdun per mano, almeno due volte al giono - cerco di concentrarmi su quel che risparmio in abbonamento alla palestra. La casa era anche coperta di moquette, che H sta gradualmente occultando con il palquet prelevato al famoso ikea di phoenix: non sembra troppo stabile, ma l'impegno è da apprezzare. A vedere i tutorials di Leroy Merlin su youtube, l'operazione sembrava più immediata.

Insomma, al momento più che una casa è un accampamento, con i mobili montati per metà, i lampadari ancora per terra, le valigie mezze piene e le camere mezze vuote. Io barcollo tra iperattività e isteria. I SB invece non sembrano affatto destabilizzati della precarietà della situazione: appaiono invece galvanizzati a bestia dall' insolita disponibilità di spazio vitale. Si rincorrono (yes, Pierrot corre! ), giocano a palla, a nascondino e a una loro speciale versione di following the leader in cui piu che altro si striscia per terra. Quasi sempre finiscono per sbattere uno contro l'altra ma non piangono mai troppo a lungo : sono molto allegri. I vicini del piano di sotto probabilmente un po' meno. Anyway, siamo in forma. Ho voglia di raccontare cosa c'è al di fuori delle nostre nuova quattro mura, ma sarà per un'altra volta, perchè Pierrot è appena sgattaiolato fuori dal lettino per reclamare la sua mezz'ora da figlio unico.

6.11.10

Spietata spontaneità

Prima di andare a vivere con H, condividevo un appartamento a Torino con altre quattro persone. Ho, degli anni passati in quella casa, molti ricordi belli, legati all' intimità speciale che si era creata con le mie coinquiline e ad alcuni momenti che mi hanno fatta ridere fino alle lacrime (mi fanno ancora ridere, in realtà, in genere quando sono sovrappensiero in situazioni totalmente inopportune...).
Unico aspetto negativo della casa di Torino era la metratura: era un appartamento grande grande grande. Il che tornava comodo quando c'era da far festa, e un po' meno quando c'erano da fare le pulizie. Non è che pulissimo granchè, ma il turno mensile appariva all'epoca estremamente gravoso. Quando toccava a me, puntualmente blateravo di quando sarei diventata una casalinga di lusso con tre cameriere sudamericane ad occuparsi della mia magione. Le mie colf immaginarie avevano anche dei nomi: si chiamavano Maria Carmela, Maria Dolores e Maria Maria.
Ora, è ormai chiaro che lo status quo di casalinga di lusso non è raggiungibile per questa vita. Tuttavia, in questa breve parentesi nel bed&breakfast newmexicano, in attesa di trasferirci nella casa nuova, si è materializzata Maria Dolores: è stato come incontrare il topino dei denti.

Maria Dolores è un signora messicana, sulla cinquantina, con lo sguardo dolce e un sorriso sempre pronto per i Signori Bambini, anche quando entrano con le scarpe piene di terra sui pavimenti su cui lei ha appena passato l'aspirapolvere. Tutte le mattine viene a pulire le nostre stanze e a rifare i letti - non il genere "tiro su il sacco del piumino-ho rifatto il letto", proprio un letto come si deve, con lenzuola, risvolto, doppi cuscini e tutto.Fino ad oggi le nostre conversazioni si erano limitate a ola-ola e sorrisi amichevoli. Stamattina però le avrei voluto chiedere di tornare un po' più tardi, perchè ieri sera i SB sono stati in piedi fino a ore improponibili per aspettare il papà che tornava dall' Arizona con un camion carico di mobili.

E' così che ho scoperto che Maria Dolores non parla una parola di inglese. Zero assoluto. Non solo, era divertitissima dal fatto che io non parlassi spagnolo.

"No habla espagnol?"

"Nope."

"Nada?"

"Nada de nada."

"Hahahahahahaha!"

Hey. La proverbiale spontaneità messicana può anche ferire.

Ho finito per comunicare in italiano aggiungendo s a casaccio - "dos el ramasos", anyone? Mi sono fatta capire, insomma, ma non è stato un momento brillante. Uno pensa, parlo inglese, è un passepartout universale: è tempo di ripensarci. Seconda good resolution per la vita a Los Alamos: imparare lo spagnolo.

1.11.10

In my cauldron

In my cauldron I do mix
a recipe for Halloween tricks
Hocus pocus, pumpkin stick
web of spider and apple pip,
breath of dragon, bark of dog,
meow of cat and honk of hog!





Alla fine ha vinto l'opzione A, e siamo rimasti a Los Alamos nel weekend. Non solo, ma ci siamo lasciati coinvolgere nei festeggiamenti, lasciando da parte per due giorni i pensieri riguardo alla casa nuova.
E' stata una scelta abbastanza simbolica, questa di festeggiare Halloween alla grande, come gli americani: simbolica di voglia di cambiare, di confrontarsi, di capire la realtà in cui ci ritroviamo. Non è una cosa scontata, quando si vive all' estero: se guardo indietro agli anni passati al Londra, mi rendo conto che nonostante tante soddisfazioni e traguardi importanti, ho sempre vissuto in Inghilterra da ospite osservatrice, quasi come se la vita laggiù fosse una parentesi tra un viaggio in Italia e l' altro. Ho cambiato pochissimo delle mie abituadini, dei miei riti. La mia casa, per come era sistemata e per quel che c' era dentro, avrebbe potuto benissimo essere a Torino, se non per i libri in inglese e qualche pacco di biscotti di tesco. Non ho fatto nessuno sforzo oltre allo stretto indispensabile per capire e adottare aspetti della cultura inglese, in parte per diffidenza, in parte per mancanza di energia, in parte per pigrizia. Negli anni passati a Londra ho lavorato molto su obiettivi personali e sul costruire le basi della nostra famiglia, mia e di H, ma questo mi ha lascito poco spazio per interagire con il resto del mondo.
E' tempo di cambiare orizzonti: una delle mie good resolutions per la nostra vita negli states, mia e della mia famiglia, è di aprirci alla cultura locale, di interrogare e capire tradizioni e abitudini diverse dalle nostre; tutto ciò mantenendo coscienza del valore delle nostre radici, dll' esperienza e degli incontri che ci hanno portato fin qui. Cercare di integrarsi senza disintegrarsi, insomma.
Questo è, in un certo senso, più facile e ovvio in quando sui emigra in un paese come gli Stati Uniti, nati come un calderone in cui si sono mischiate, con momenti più o meno facili, tradizioni e culture molto diverse; piu facile, ritengo, che in un paese europeo, dove le tradizione locali sembrano esere piu forti, e l'atteggiamento dei locals più diffidente.

Abbiamo cominciato con Halloween, che qui è la festa dei bambini per eccezione. E così, proprio io che provengo da una classica famiglia di educazione subalpina in cui il carnevale veniva tradizionalmente sdegnato o boicottato, mi sono ritrovata a scegliere con Verdun il vestitino e il cappello da strega, le calze lunghe nere, a disegnarle le lentiggini. Una mamma conosciuta in biblioteca mi ha prestato un vestito da gatto nero per Pierrot, perfetto nel ruolo di gobbolino il gatto della strega.



Siamo andati a vedere la parata in main street, la festa alla scuola elementare, e il pumpkin glow, la mostra notturna delle zucche intagliate e illuminate (no, non abbiamo comprato la zucca e il kit del perfetto intagliatore: lo riservo per l' anno prossimo, quando verdun potrà cimentarsi).
Domenica siamo stati a una piccola festa con altre famiglie con bambini dell'età dei nostri, e appena è venuto buio li abbiamo accompagnati a riempire i secchielli di treats per le strade del quartiere: Pierrot è rimasto in braccio a me, con gli occhi sbarrati per l' oscurità e per l' eccitazione palpabile intorno a lui. Verdun invece ha corso e saltellato come una vera strghetta, dando la mano a un pirata conosciuto un'ora prima come se fosse il miglior amico di sempre. A ogni porta aperta enunciava spavalda "Trick or treat?", e credo che non abbia smesso di ridere per un 'ora o più. Una serata speciale per lei, e anche per noi, di riflesso.



Insomma, abbiamo fatto un piccolo passo avanti, siamo usciti dalla nostra bolla e ci siamo diveriti molto. Verdun è entrata un po' troppo nella parte e adesso gira per casa imponendo le mani e dicendo:

Abraa Cadabraaa! Puff! Sono sparita!...
Hey, mamma, sono sparita?

Del resto, essendo arrivata qui in pieno delirio pre-Halloween, probabilmete pensa che in America la gente abbia zucche in giardino tutto l' anno e ogni tanto esca vestita da mummia o frankestein; ho deciso di lasciarglielo credere ancora per un po'.


28.10.10

Trick or trip?

Trascorrere il weekend di Halloween in una Los Alamos decisamente over-enthusiast, cercando di entrare nello spirito della festa e dimenticare gli ultimi dieci giorni di intensivo house-hunting

oppure

affrontare la temibile trasferta in macchina all' ikea, resa particolarmente insidiosa dal fatto che il più vicino è a Phoenix, Arizona, a 700 km da qui, e i SB in genere malsopportano il viaggio in macchina fino al supermercato?

19.10.10

Pierrot vs Jet lag

Il secondo aereo sta per atterrare ad Albuquerque: i Signori Bambini sono sopravvissuti al primo volo di dieci ore, alla coda chilometrica alla dogana, alla corsa per afferrare la coincidenza. Al momento però per loro sarebbero le due di notte, mentre fuori splende il sole - il sole più forte che abbiano mai visto, tralaltro. Di conseguenza Verdun è over excited, blatera in continuazione e non sta seduta per più di due minuti. Pierrot invece ha gli occhi sbarrati e un' aria un po' stranita.
Io e H facciamo del nostro meglio per ignorare tali dimostrazioni di squilibrio quando una hostess si avvicina con il carrellino bevande. E' una hostess old school, di quelle che hanno iniziato questa carriera in un momento storico che sembra già lontanissimo in cui le hostess parevano rubate alle passerelle e le bambine anzichè diventare veline sognavano di passare la vita a offrire caffè filtrato. Un deprecabile mondo pre-equal opportunities, political correcteness e, soprattutto, pre-ryanair & co, condizione ormai inimmaginabile.
Comunque, l'hostess in questione appare un po' acida. Quando Verdun inizia a urlare saltando sul sedile che vuole un succo di frutta, la fulmina con lo sguardo. Di fronte alle mie giustificazioni sul fatto che arriviamo da Londra e siamo in viaggio da quasi un giorno intero, la vecchia arpia osserva, indicando Pierrot:

"This one looks more shell-shocked than jet-lagged."

"Oh. Well..."

"I bet he feels that way, too."

"..."

Anyway, pur con qualche immancabile intoppo, siamo giunti a destinazione: jet-lagged, shell-shocked, ma tutti interi, senza dimenticare nessuno al gate. Inoltre, da tre notti i Signori Bambini crollano esaustialle 8 e mezza; purtroppo, io e H reggiamo si e no un quarto d'ora in più. Ancora tante cose da fare e da organizzare, ma da qui sembra tutto un po' più facile.


16.10.10

Seventeen boxes

Siamo in balia di un trasloco un po' sui generis, finanziato e quindi regolato nei modi e nei tempi dal laboratorio dove lavorerà H.
Succede così che un mattino ti arriva in casa un omino rotondo che ti fa aprire tutti i cassetti e gli armadi, e a occhio stima quante scatole ci vorranno per contenere il tutto. Il giorno dopo, l' omino manda due colleghi, presumibilmente non ancora maggiorenni, che in quaranta minuti ti svuotano casa, buttando tutto quello che hai di più caro in enormi scatole di cartone con la grazia tipica dell' uomo diciassettenne. Poi partono, il camion carico di diciassette scatoloni, un lettino e un seggiolone.
Lunedì saranno imbarcati, destinazione Los Angeles. Mah. Così a primo acchito l' impressione è che puntino al lato sbagliato del continente. Passeranno da Panama, credo. O forse faranno il giro dall'altra parte, chi puo dirlo. Li rivedremo, pare, "entro le prosime sei settimane": in the meantime, non ci resta che vivere con quello che riusciremo a caricare in due valigie. "In vacanza da una vita" o "Peggio dei profughi", dipende dai punti di vista.
Just in case il livello di paranoia non fosse già quasi insostenibile, abbiamo dovuto firmare un sacco di fogli per assicurare i nostri diciassette scatoloni contro eventualità del tipo scambio, naufragio, attacco di pirati, coccodrilli...

Aaand breathe. Cerco di assumere un distacco à la Saint-Exupèry, l' essenziale non sta in quelle casse blablabla, ma ci credo solo a metà. Io non sono un accumulatrice. Al contrario, sono figlia di due accumulatori, perciò ho sviluppato la tendenza opposta: più di una volta mi sono ritrovata a mentire riguardo a roba che avevo buttato ritenendola superflua - e poi tanto superflua non era (sorry, H :) . Questo per dire che tutto quello che è stato imballato è davvero prezioso per noi quattro. C'è anche Dog nella numero cinque! Infatti anche Verdun appare un po' tesa. Fa un sacco di domande del tipo: "C'è Starbucks in america?" "C'è la library in america?" "Ci sono i soldini di cioccolata in america?"
Ci piace parlare della casa nuova - di come la vorremmo, intendo, perchè la cercheremo quando saremo sul posto. Le racconto che nella casa nuova ci sarà una camera solo per i bambini dove lei e Pierrot potranno tenere i loro giochi, i libri, i vestiti e i pupazzi, e mi sembra che l' idea le piaccia. Vorremmo anche un divano grande e comodo. Niente moquette. E una finestra da cui vedere il sole e la luna, anzichè il muro di fronte: sarebbe bello.
Il suddetto Pierrot, con tempestività tipica della sua natura di signore bambino, è convalescente dopo cinque giorni di febbre a trentanove, che il medico ha collegato alla comparsa dell' ottavo dente. Rejoice, my boy, only twelve to go!

3.10.10

Habemus visas !

Non ci voleva poi tanto: è bastato raccogliere una mezza dozzina di documenti che provassero la nostra effettiva parentela; scattare un centinaio di foto a testa ai Signori Bambini, e poi ritoccarle per ore affinchè soddisfassero i rigidi criteri consolari; presentare altre carte che giustificassero il nostro trasferimento; compilare applications che richiedevano titoli di studio e curriculum dettagliato a partire dalla licenza media; recludersi volontariamente nel consolato americano per quattro ore, per un'intervista effettiva durata circa un minuto e mezzo; lasciare in ostaggio i passaporti e sperare in bene.
Tutto alle spalle, ormai: i passaporti sono arrivati, tutti e quattro corredati di visto che ci garantisce libero soggiorno sul territorio statunitense fino all' autunno 2012! Yup! Yankee Doodle went to town a-riding on a pony...
Sulla scia dell' entusiasmo, abbiamo finalmente prenotato il volo per il 18 ottobre: Londra-Houston-Albuquerque, un interminabile viaggio della speranza.
Ho una lista infinita di cose da fare e solo più due settimane. Nei momenti di angoscia estrema mi affido a uno dei miei filosofi di riferimento, Dr Jumba Jookiba: "Restare uniti. Sperare in miracolo. Altro non c'è."

Intanto oggi, dato che da qualche parte bisognava pur cominciare, ho portato Verdun a tagliare i capelli. Lei non appariva particolarmente convinta. La pettinatrice invece, palesemente over-enthusiast, le ha fatto un sacco di complimenti per come aveva "behaved like a big girl". Mah. Non mi risulta che i clienti di Tony&Guy vengano normalmente ricattati a colpi di soldini di cioccolata e lecca lecca per tenere la testa ferma. Comunque, il risultato è positivo: ho lasciato via libera alla pettinatrice ed è venuto fuori un taglio un po' anni '60, sembra la figlia di Don Draper. Naturally trendy Verdun.

26.9.10

King for a day


Un anno fa, il giorno in cui Pierrot si è presentato al mondo, c' era un sole che spaccava le pietre, evento del tutto eccezionale a Londra. Infatti, la ricorrenza del suo primo compleanno è stata caratterizzata da pioggerellina quasi continua e aria glaciale - mancavano gli alberi di Natale. Forse Gap ha già iniziato i saldi.
Incurante del tempo avverso, apparentemente non turbato dal fallimento del picnic al parco in programma, Pierrot ha trascorso la giornata nei suoi 37 metri quadrati preferiti, tentando di mordere palloncini e di afferrare bolle di sapone. In un breve break tra una pioggia e l' altra è uscito sul passeggino lasciando a casa il rain cover, per andare a sfamare i ducks di Hyde Park. Un vero Londoner.


Caro Pierrot, ribattezzato "El Lindo" dalle nannies sudamericane dei giardinetti, chissà se hai capito che questo era un giorno speciale per te? Ti ha incuriosito o solo frastornato essere svegliato da Verdun che cantava stonatissima "Happy birthday to you"? Ti è piaciuta l' arca di Noè che ho scelto dopo aver ispezionato ogni angolo di Hamleys? E il biglietto che abbiamo fabbicato ieri io e Verdun, con il disegni di noi quattro e tu con la corona?
Ci sembrava azzeccato: nato parte di un set di quattro, appari felice soprattutto quando siamo tutti insieme seduti per terra. Quando c'è armonia. Quando chiaccheriamo tutti contemporaneamente senza che nessuno alzi la voce. Sembra che ti piaccia far parte di questa piccola tribù.
Ti piacciono i Lego da impilare, ma più ancora distruggere le costruzioni di tua sorella. Ti incuriosiscono i libri con i disegni degli animali e di bambini. Ti piace rovesciare scatole e poi rimettere tutto dentro. Ti diverti molto a riarrangiare la spesa in frigo, specialmente quando dimentichiamo di mettere in salvo le uova. Più di tutto mi sembra ti diverta riuscire a farci ridere: con una faccia buffa da pesciolino, un bacino al vento, sollevando onde nell' acqua del bagnetto - un piccolo clown.
Altre volte ti piace inventarti esploratore, e correre con quel passo ancora un po' ubriaco a nasconderti in angolini della casa a cui hai accesso solo tu. Poi ti fermi zitto zitto e aspetti che qualcuno venga a prenderti, per ricompensarlo con uno dei tuoi sorrrisi larghissimi a sette denti. O battendo le mani. O con un mammamma/pappapap - ancora piuttosto random. O con un morso, se sei proprio supereccitato. Un po' come stasera, quando sembrava che la giornata di festa ti avesse caricato un po' troppo e di dormire non ne volevi proprio sapere; cercavi invece con notevole perseveranza di buttarti giù dal lettone di testa.
Alla fine, sei crollato: a guardarti così, tutto rannicchiato nel lettino come un ranocchio, non sembri troppo diverso da un anno fa: hai mantenuto lo stesso carattere sereno e affettuoso, ma allo stesso tempo stai costruendo una personalità tutta tua, fatta di ricerca di autonomia, di modi di comunicare, di complicità con tua sorella, di curiosita insaziabile e osservazioni attente. Mi colpisce soprattutto il modo in cui sembri intuire ed adattarti all'umore di chi ti sta intorno, illuminandoti se senti serenità e spegnandoti di fronte a tensioni e scontentezza. E ancora di più i sorrisi e i ciaociao con la manina che elargisci a chiunque ti rivolga uno sguardo gentile, la tua capacità di suscitare allegria.
Ecco il mio augurio per il tuo primo compleanno: spero che tu riesca a mantenere crescendo questa serenità di fondo e sintonia con chi ti è vicino. Mi sembrano fondamenta su cui costruire una vita interessante. Intanto, tanti auguri bimbo mio.

25.9.10

Incontri

Spiegava il giovane Holden come "quelli che proprio mi lasciano senza fiato sono i libri che quando li hai finiti di leggere e tutto quel che segue vorresti che l' autore fosse un tuo amico per la pelle per poterlo chiamare al telefono ogni volta che ti gira".
Come si può dedurre da un certo numero di indizi apparsi qua e là su questo blog, mi è capitato più di una volta di pensare che sarebbe stato piuttosto pratico poter fare uno squillo ogni tanto a Daniel Pennac. La mia ammirazione è costruita in larga parte sull'apprezzamento puramente letterario del suo stile, del suo uso della lingua e dei temi che affronta, sia attraverso i romanzi che i saggi. Ho anche la fortuna di poter leggere Pennac in francese, il che, per quanto la traduzione italiana sia eccellente e renda molto bene la fluidità e dinamicità del testo originale, rimane indiscutibilmente vantaggioso.
A questo si aggiungono, come quasi sempre se si va a investigare una preferenza particolare per un testo o un autore, ragioni più personali ed emotive, legate al momento in cui ho letto alcuni suoi libri, e alle persone che me hanno invitata a leggerli.
Come per la saga di Malaussène, che era stata fortemente consigliata da H, solitamente così restio alla fiction che mi aveva incuriosito. L' entusiasmo era stato tanto contagioso che l'avevo letta tutta in un estate. Anche i "Signori bambini" sono stati un suo regalo, arrivato in occasione di un Natale in cui avevamo appena scoperto che a breve saremmo diventati signori genitori. "Come un romanzo" e "Diario di scuola", invece li ho scovati da sola (uno l'ho sequestrato a un' ex-coinquilina, a dirla tutta), e hanno fornito grande carica e ispirazione negli anni in cui mi preparavo ad insegnare. Altri due titoli sulle mie mensole: "L' occhio del lupo e "Cabot Caboche", libri delicatissimi per bambini, ragalo di un amico francese che aveva individuato questo mio interesse senza che ne facessi parola.

Poi succede che un paio di settimane fa un' amica del master mi avverte che Pennac sarà a Londra per presentare la traduzione francese di "Diario di scuola". Ignorerò l' opportunità offerta su un silver tray per ironizzare sul fatto che ci sono voluti tre anni per tradurre il testo in inglese: Pennac qui non gode dello stesso successo che ha in Francia o in Italia, probabilmente proprio a causa del fatto che nella traduzione inglese, per quanto buona, si perdono il ritmo e lo stile che lo rendono tanto peculiare e interessante. Forse per questo la traduttrice inglese ha accantonato Malaussène per concentrarsi sui saggi sull' educazione, "Come un romanzo" e, appunto, "Diario di scuola".
Insomma, avrei preferito ascoltare Pennac da un palco all' aperto in una piazzetta parigina che in una saletta semibuia di Farrington, north east London, ma è stato comunque emozionante, sopra le mie aspettative.

La presentazione di ieri sera riuniva Pennac, la sua traduttrice inglese Sarah Ardizzone, e Quentin Blake, uno dei miei disegnatori di libri per bambini preferiti, che ha illustrato l' edizione inglese di "Come un romanzo" e ha scritto la prefazione di quest' ultimo lavoro. Attraverso gli spunti offerti dalle domande di Blake, Pennac ha raccontato, commosso, divertito e filosofeggiato attraverso un curioso mix di brillantezza dialettica, gestualità vivacissima, pacatezza e garbo, risultanti in un carisma che il suo lavoro da scrittore riflette solo in parte. Ha raccontato della propria esperienza di studente e di insegnante, soffermandosi in particolare sulla figura dell' ultimo della classe, delle paure e del senso di ineguatezza che caratterizzano la sua esperienza di scuola e di educazione. Di come lui avesse avuto la fortuna di incontrare alcuni insegnanti che lo incoraggiarono, attraverso strade e direzioni diverse da quelle canoniche,a sviluppare autostima e talenti personali. Di come poi egli abbia sperimentato sulla propria pelle, da professore, il bisogno di creare opportunità alternative e rispettare i ritmi individuali dei propri alunni, di dirigere la classe come un' orchestra anzichè come un reggimento. Dell' importanza che egli attribusce agli insegnanti e piu in generale agli educatori, nel promuvere una concezione della ricerca del benessere legata non alla capacita di cambiare macchiana o cellulare ogni due anni, ma alla possibilità di istruirsi, di avere accesso ed esplorare stimoli intellettuali diversi.

Tante idee, insomma, molto food for thought. Ma forse più di tutto mi ha colpita il contrasto, in questo scrittore ormai anziano, tra l' andatura rallentata e appesantita e la faccia scavata dalle rughe, e la caparbietà dello sguardo luminoso e profondo e del sorriso scanzonato e un po' sarcastico, apparentemnrte incapaci di soccombere allo scorrere degli anni, alla fatica, alla monotonia. Un bambino coi capelli grigi.

Avevo portato con me tre libri di Pennac per chiedergli di autografarli; ma lui era in vena creativa, e così adesso sono in possesso di una copia di "Signori Bambini" altamente personalizzata (per chi non avesse presente il disegno originale, i cinque omini con il cartello in alto sono stati aggiunti ieri sera). Wow! Questo compensa per quando mi hanno portata a Disneyland ma c' era lo sciopero delle maschere cosi non avevo potuto avere l' autografo di Donald Duck.

Et vive Pennac!


20.9.10

Wake me up when September ends

O anche October, o November. Svegliatemi per la vigilia di Natale, 'che quella mi spiacerebbe perdermela.
Motivo di tanta frustrazione e voglia di alienarsi fino a quando sarà tutto a posto non è solo la realizzazione che ci aspettano un paio di mesi molto intensi per via del trasferimento in New Mexico. Una volta lì so (spero) che entrerò in modalità "rullo compressore" e affronterò tutto con una certa rapidità e lucidità. Yes, we can.
E' l'attesa on this side of the pond, "da questo lato del laghetto", come dicono gli inglesi, che sta diventando moralmente estenuante. I tempi del trasferimento non sono ancora ben definiti, principalmente a causa di cavilli burocratici (yes, yes, flagellano anche gli usa!). Esiste un' espressione inglese in merito, onomatopeicamente molto efficace: essere STUCK. Siamo bloccati.
Siamo bloccati in attesa che dagli States arrivino i documenti necessari a richiedere un' intervista al consolato americano. Attraverso l' intervista dovremmo ottenere i visti. A quel punto potremmo prenotare il volo.
Allora ci si potrebbe concentrare su una lunga serie di aspetti più pratici, ancora più terrificanti: la seleçao su cosa portare/regalare/buttare/mandare in Italia. L'inscatolamento. La scelta del corriere. Dettagli tecnici del tipo ok, ma dove esattamente la spediamo tutta 'sta roba, visto che per le prime due settimane negli states vivremo in un bed and breakfast.
Ridare il bianco alle pareti, sostituire i mobili irrecuperabilmente rovinati dai SB, trovare un agente immobiliare a cui affidare l' affitto del nostro appartamento.
Ma finchè non arrivano questi benedetti documenti, siamo stuck. H intanto continua a lavorare, anche se con la testa è spesso altrove. Io sono a casa e mi posso dedicare come si deve ai pargoletti, il che non sarebbe male, ma anche io ho spesso la testa occupata dal pensiero di queste incombenze. E' il genere di pausa che non riesco a godermi, per niente. Per questo a volte vorrei essere un minatore cileno e riemergere tra tre mesi, a trasloco compiuto, casa newmexicana pronta e perfetta, libri già sistemati sulle mensole e tendine alle finestre. Altre volte, il pensiero del trasferimento, delle sue incognite e delle molteplici possibilita che potrebbe aprire per la nostra vita è eccitante. Sto diventando un po' bipolar, insomma.

Verdun, come è logico, assorbe tutto come una spugnetta.
Tutte le mattine prepara il suo zainetto e saluta ufficialmente:
"Bye bye, mamma."
"Dove vai oggi?"
"America."
Si siede sullo scalino della porta, in compagnia del fedele Dog, Ba e Boy, e un giornalino di Peppa Pig, o Vanity Fair, dipende cosa trova in giro.
Dopo un po' interrompe la lettura e rivolge a Dog uno sguardo omnicomprensivo:
"Cos'hai detto Dog? Siamo già America? Noooo! Ahahaha, Dog! No America quetta, quetta Londra! Ancora sei minuti."

Probabilmente un giorno, in retrospettiva, questi giorni sembreranno davvero un tempo d' attesa brevissimo. Sei minuti.

17.9.10

Giovani, carini e stressati






Non è vero che era meglio quando non parlava. La verità è che la pargoletta non è mai stata piu interessante di quanto sia ora. Perchè, udite udite, proprio Verdun, che destava sospetti di mutismo, che a due anni aveva un repertorio di venti parole, che ha a lungo dimostrato una spiccata preferenza per forme di linguaggio non verbali, parla!
Parla in continuazione, e anche discretamente bene (disclaimer: questa è l' opinione della madre, e come tale va presa con le pinze). Comunque c'è stato questo progresso rapidissimo nel giro degli ultimi tre mesi che ci ha colti di sorpresa. Sembra che impari 100 parole al giorno; le frasi diventano piu complesse, la grammatica meno casuale, i verbi vengono declinati, spesso in modo sbagliato, ma si intravede un tentativo, una logica nell'estrapolare e applicare regole sintattiche (ditto anzichè detto, ad esempio).

Italiano e inglese si mescolano allegramente, anche in una parola sola: il difficile è rimanere serii, quando se ne esce con osservazioni del tipo (leggendo cappuccetto rosso):

"Guarda mamma, dietro albero: il big bad wulfo!"

oppure

"Ho messo i Barbapapas in mi borsa, quella po' pink, po' white."

o , per strada


"Mamma! Qualcuno buttato bin per terra: che pigs!"

Da ascoltatrice, riconosce qundo una persona parla italiano, inglese, o nessuna delle due lingue. Da speaker appare molto più confusa: sperimenta, sceglie le parole che ricorda meglio, o che le suonano più simpatiche, o che ha sentito in una storia. Cerca di trovare un senso, delle regole, dei pattern.

Fa osservazioni su tutto con una sincerita spiazzante, a volte entusiasmante

"Che bbella mia mamma!"
,

a volte meno

"Quetta minestra fa schifo. Mio daddy minestra è piu buona."

Il risvolto un po' inquietante è che quello che dice, specialmente in questo periodo in cui non va alla nursery, lo sente da me, o da H. O da Peppa Pig, ma direi soprattutto da me. Mi fa riflettere sulle parole, sul tipo di linguaggio, sull'atteggiamento che uso più o meno consapevolmente con lei e Pierrot: è una riflessione utile, anche se non sempre resco a reindirizzare la comunicazione come vorrei. D'altra parte, la spontaneità è probabilmete altrettanto importante.


Parla volentieri con me, H e Pierrot, ma i suoi interlocutori preferiti rimangono il già citato Dog, Ba, Boy e Miss Mousie. Abbandonati i toni dittatoriali, adesso ha assunto un atteggiamneto più materno, scadente nel patronising: mentre gli parla ogni tanto alza gli occhi al cielo e fa larghi sorrisi accondiscendenti.

"Cos'hai detto Dog? Ah ah! Dog detto che ha paura di seesaw! Beh, he's only ten months."

Ogni tanto cerco di capire cosa confabula con i suoi pupazzi, ma i toni sono quasi sempre bassissimi e cospiratori, e le mie richiestre di spiegazioni vengono sistematicamente ignorate, o liquidate con un lapidario "Ho detto niente". Paganini non ripete, diceva mia madre.

Stamattina eravamo ai giardinetti in coda davanti all' altalena. Verdun si sente ormai ubercool e l' altalena la lascia volentieri ai bambini piccoli, ma oggi si era portata dietro Dog e voleva fargli fare un giro.
Aspettiamo. Aspettiamo some more. Sembra di essere in posta.
La sento parlare con Dog.

"Cos' hai detto ?"


"Niente."


"Non è vero, ti ho vista. Cos' hai detto a Dog?"

"Ho detto: che stress. Dog, andiamo su scivolo."

E' tosta 'sta pupetta. Non è mai sta più interessante che adesso, ma mi aspetto che domani sia ancora meglio.

13.9.10

Chocoaholic

Incontro al caffè davanti alla British Library alcune colleghe del Master, per festeggiare con un immancabile nice cup of tea la consegna della tesi. Ovviamente, mi accompagnano Verdun e Pierrot: siamo tutti e tre cotti e nervosissimi a causa della mancata siesta pomeridiana. Per fortuna le colleghe in questione sono ancora childless, quindi prone ad osservazioni affettuose e intrattenimento spontaneo degli infanti.
Una di loro addirittura compra una barretta di cioccolata a Verdun, che la arraffa senza neanche guardarla in faccia.

"Hey! Cosa devi dire ad Anna?"

La pargola, osservando la barretta un po' perplessa:

"E' un po' piccola."

Era meglio quando non parlava.

31.8.10

As at the finish line of a marathon


Good news: the dissertation has been completed, polished, printed, binded and handed in!
This is the culmination of a very peculiar and intense year of studies, where I had the opportunity to transform what was a passion, a curiosity, into something much more defined and informed. I really enjoyed doing this MA in Children's Literature, in all its aspects: critical studies, historical perspectives, illustation analysis, reader response theory, comparative studies. They have enriched my knowledge and my perspectives, they have opened windows on so many different areas and aspects of children's books that I couldn't have foreseen. And I enjoyed the research for the assignments, ranging from feminist revisions of Cinderella to the carnivalesque in Sendak's picture books, from the influence of Locke's theories of education on the chidren's book trade in the eighteenth century to the implied reader of The Little Prince, from the story of the representation of the black minority in children's literature to the tension between pedagogical aims and sympathy for the rebel in The Adventures of Pinocchio: so many occasions to learn, to wonder, to be inspired.
Handing in the dissertation feels a bit like completing a marathon: I am exausted, physically and mentally; I feel like I need to catch up with things that have been left behind in this last great effort; I am longing to spend lots of time doing not very much with people I love - that is, cuddling with H and the kids. I am also trying to figure out the next step: how to channel this inspiration, how to apply the skills that I have gained through the MA - doing a PhD, returning to work, something else altoghether. Que sera, sera. That can be postponed: time for some celebrations now - bring on the Peter Rabbit grape juice!

22.8.10

British Library (continued)


"But I don't want to go among mad people!", Alice remarked.
"Oh, you can't help that", said the Cat: "we're all mad here. I'm mad. You're mad."
"How do you know I'm mad?" said Alice.
"You must be", said the Cat "or you wouldn't have come here."




Nelle reading rooms della British Library regna una pace olimpica, un silenzio assoluto, del tipo che se starnutisci fai sussultare anche quello seduto venti file più avanti. Questo clima monastico è raggiunto grazie a un regolamento ai limiti dell'assurdo, dunque very british, a cui si aderisce solo per via dei servizi eccezionali di cui parlavo nello scorso post. Qui ci sarebbe da aprire una parantesi sull' ossessione degli inglesi per le regole, e sull'ossessione degli italiani per trovare il modo di aggirarle, anche del tutto indiscriminatamente dal loro effetto: ma lasceremo da parte i luoghi comuni per andare dritti dritti al Caso Umano.

Eccomi qua.
Qualche esempio per far capire la brutalità delle regulations:

nelle reading rooms non si puo mangiare nè bere. no, neanche caffè. no, neanche acqua. c'è una fontanella minima fuori in cui tutti si abbeverano come cammelli (non un bello spettacolo, btw)

non si puo masticare cicles. è vero, puo essere fastidioso per il vicino. ma io ho una dipendenza da orbit abbastanza severa. se non rumino per qualche giorno mi viene voglia di fumare, che considerando che non ho mai fumato in vita mia è abbastanza inquietante

non si possono usare penne, evidenziatori, matite colorate, niente. solo matite. that's booooring!

Ora, considerate questa povera tapina, che non riesce a tenere gli occhi aperti perchè il pargolo si è beccato varicella, raffreddore e tosse contemporaneamente; che condivide il letto da una piazza e mezza con altre tre persone perche a casa nostra quando uno è malato ci sentiamo tutti un po' più bisognosi d'affetto; che deve finire di scrivere la tesi ma non riesce a partorire le ultime 2000 parole.

Chiudetela in una stanzone senza finestre con i suoi libri e il pc per otto ore. Si puo pretendere che il soggetto sopravviva senza caffè e cicles, due elementi fondamentali della sua dieta? Si puo chiederle di passare ore sui libri senza scarabocchiarli un po'? Censori della BL, ce l'avete un cuore?

Comunque non stavo neanche usando un evidenziatore: era solo una matitina giallino pallido. Stavo sottolinendo un mio libro. Mi ero guardata intorno prima di tirarla fuori: non ero l' unica, l' avevo visto fare qualche giorno fa da un' altra disperata.
Saranno passati 30 secondi prima che alle mie spalle tuonasse un intimidatorio:

"What is THAT?"

"Uhm...a pencil?"

"This is a coloured pencil. Coloured pencils are not allowed."

Si sono girati tutti: non mi sentivo così da quando ero stata beccata con i bigliettini di scienze sotto il quinterno, circa vent'anni fa. Tralaltro, mentre consegnavo il corpo del reato pensando come ha fatto a vedermi, ho scoperto che i controllori della BL sono anche telepatici, à la Sookie Stackhouse.

"You've been caught by the camera, you know. Anyway, you can have your pencil back when you go home. Ask at the counter."

By the CAMERA?
All'uscita, al counter, indico la matita al controllare, uno diverso, sperando che me la dia senza infierire. Illusa.

"Oh, is that yours? You naughty girl!"

...

15.8.10

British Library


An original idea. That can't be too hard. The library must be full of them." (Stephen Fry)


Capita, al turista a spasso per Londra, di passare davanti alla British Library; in genere è sulla strada per andare a farsi una foto mentre spinge il trolley contro il muro del binario 9 e 3/4 nella stazione di St Pancras, che è proprio dietro l'angolo.
L'architettura maestosamente gotica e davvero fiabesca di St Pancras fa un po' a pugni con quella del palazzo della British Library, che invece ricorda vagamente un edificio del kgb: eccolo qua.



Praticamente una parete di mattoni neanche stuccata, senza balconi, con poche finestre, piccole piccole. Roba che Verdun potrebbe farne un modellino in scala con i duplo in cinque minuti.
L'interno gli è venuto meglio. In effetti, gli è venuto talmente bene da consigliare una visita alla BL, dopo la foto con il trolley di harry potter. Se non altro, per riequilibrare la propria reader self-esteem.


Ora, succede che io stia passando un sacco di tempo alla BL nelle ultime settimane, con la speranza di finire la tesi entro i tempi previsti. Intanto, però, sono in carenza da contatto con i Signori Bambini, esposizione alla luce naturale, e di argomenti più interessanti. Poi, di un posto dove si è passato tanto tempo (c'era anche stato un ciak 1, quando avevo campeggiato qua per scrivere la tesi del BA) si finisce per voler avere un ricordo, fosse anche uno straccio di post. Perciò, BL.

La BL è una delle biblioteche più grandi del mondo, il che essendo a Londra suona quasi ovvio. E' una biblioteca solo di consultazione; compensa il fatto che si può consultare praticamente qualunque cosa scritta in Inglese dalla Magna Carta in poi. Con "qualunque cosa "intendo proprio tutto - libri, riviste accademiche, tabloid, mappe, registri - tutto Shakespeare e tutto Vanity Fair, insomma.
In realtà hanno anche un notevole archivio di materiale non in inglese, piu alcuni manoscritti originali (Alice in Wonderland, canzoni di Beatles, and so on), ma passa un po' in ombra, a causa suppongo del folkloristico understatement.
Questa montagna di carta è custodita in una serie di piani sotterrranei che ricordano vagamente i gironi infernali danteschi. Qualcosa non ci stava e l' hanno dovuto archiviare in un'altra biblioteca nel countryside, così ci possono volere 48 ore per fartela arrivare. Rimane chiaramente un servizio di dimensioni e potenzialità incredibili.

La BL from the inside è il genere di posto che ti fa venir voglia di studiare ad agosto: grandi spazi, estremo silenzio, tutto pulitissimo, organizzatissimo e efficentissimo. E' stata inaugurata dodici anni fa ma sembra tutto nuovo.
Nonostante ci sia un' infinità di posti a sedere, puntualmente intorno alle 11 del mattino compaiono davanti alle sale di lettura i cartelli: "This reading room is now FULL", stile parcheggio multipiano.


Comunque, al di là del valore artistico e archeologico del luogo, un possibile scopo della visita potrebbe essere di tipo antropologico. La tribù dei readers della BL ha le sue proprie leggi, scritte e non scritte.
I criteri estetici ad esempio sono abbastanza peculiari: nessuno guarda in che stato sono i tuoi capelli o che scarpe hai. Nein. Sei invece valutato esclusivamente dal tuo portatile.
Ora, nella nostra famiglia vige una regola per cui quando un qualunque electronic appliance di H diventa obsoleta, magicamente passa in mio possesso, e lui ne compra un modello nuovo.
Perciò, il mio computer fa ridere i chickens. Perciò, nella piramide sociale della BL sono sotto il gradino degli schiavi. Una nullità. Anche nel regno dei nerd, non e una bella sensazione.

In compenso, oggi un tizio seduto accanto a me mi ha chiesto se poteva vedere la mia copia di Pinocchio, giustificandosi con un allarmante: "E così esiste il libro! Credevo l' avesse inventato Walt Disney!". Complesso di superiorità ristabilito. Per ora.



(to be continued)

4.8.10

Chicken Pox

Chicken Pox...il genere di parole che suonano vagamente come qualcosa che ordineresti al thailandese, finchè tua figlia non si copre di puntini rossi e ti ritrovi a studiarti le foto un po' allarmistiche del manuale NHS "Birth to five".

I puntini rossi di Verdun non assomigliano vagamente a nessuna foto, ma più che altro per esclusione, visto che per le altre malattie toddlers-friendly è vaccinata, ho diagnosticato una varicella, conosciuta nel mondo anglofono come chicken pox, per ragioni che non voglio indagare. Il dottor Jafar ha confermato, e ha predetto un secondo caso in famiglia nel giro di 15 giorni. Owl.

Come ogni genitore per la prima volta alle prese con le malattie esantematiche, sono passata attraverso le cinque fasi che contraddistinguono il processo di assimilazione della lieta novella

1.Negazione
quali puntini? non vedo niente

2.Ulteriore negazione
saranno zanzare

3.Disperazione e autoflagellazione
noooo! sopravviverà? avrei dovuto farla vaccinare! non vaccinano per la varicella in Inghilterra? ecco, lo sapevo che dovevamo trasferirci prima in America, ormai tanto vale!

4.Constatazione che, nonostante l' apparenza non simpatica, la pargoletta, dopo una notte con la febbre a 37.5, sta meglio di prima

5.Occultamento delle prove e gita ai giardinetti
in caso qualcuno notasse i puntini rossi nonostante i capelli sciolti e la maglietta a collo alto, e chiedesse spiegazioni (evento altamente improbabile nella lovely), ho una risposta pronta. Ho fatto le prove allo specchio, sono super-convincente.

It's an allergic rush. Nut-related stuff.

(bisogna puntualizzare che la percentuale di allergici alle nocciole in UK è imponente. Per dire, l' Algida qui non distribuisce il cornetto normale, il cuore di panna, ma una variante nut free alla fragola, ovviamente immangiabile)

I know, I know, siamo untori. Ma i nostri 37 metri quadrati di superficie abitabile ci impongono di uscire anche in condizioni estreme. E se come giustificazione non fosse sufficiente, va detto che Verdun non è il genere di bambina che ama il contatto fisico non strettamente necessario. Perdipiù, nervosella com'è in questi giorni, se un bambino le si avvicina troppo lei ringhia. Sweets for my sweet, sugar for my baby.

30.7.10

E Babar ci dirà...

...se nel suo villaggio tutto fila dritto oppure no...

No.

Ecco cosa ha trovato stamattina la maestra Rachel nel pannolino di Pierrot:


Cerco dei margini di autogiustificazione nel numero di ore di sonno ridotto per via dei pargoletti raffreddati che si svegliano in continuazione, nella testa sulla tesi che procede a rilento, nella depressione galoppante per l' estate londinese già finita, nella luna calante; o forse è stato lo stesso Pierrot che con fine motor skills very advanced per la sua età si è infilato il pupazzetto nel pannolino da solo.
mmm
Fiato dei social services sul collo.

Unica nota positiva è che è H che va a recuperare i SB alla nursery al pomeriggio, così non ho dovuto trovare la faccia giusta da fare alla comunicazione dell' incidente.

Buttandola sul letterario: amo molto Babar.
E' un personaggio popolarissimo in terra natale, c'est-à-dire la France, e quasi altrettanto in UK; meno in Italia, per ragioni non chiare.
I libri di Babar sono speciali, delicati, molto a misura di bambino. C'è dietro la storia un po' triste dell'autore Jean de Brunoff che crea il personaggio e i primi tre album per i figli, è travolto un successo inaspettato e muore di malattia giovane, a 35 anni. Il maggiore dei figli, Laurent, da adulto riprende il mano il personaggio e crea altri 10 albi, con stile grafico e linguaggio praticamente indistinguibili dal padre.
I disegni degli elefanti, innovativi al tempo della pubblicazione, neglia anni '30, oggi un po' vintage, sono stati accusati di promuovere ideologie maschiliste, colonialiste, e altro. Mah. Probabilmente all' epoca gli autori erano meno politically correct che ai giorni nostri - il che, secondo me, non è sempre un male, btw.
Comunque i bambini, i miei alunni e anche Verdun, vedono soprettutto un elefante a cui si affezzionano molto e che amano reincontrare in storie sempre diverse e originali. Ne apprezzano, mi è sembrarto, proprio i toni pacati, il ritmo lento, in netto contrasto con tanta letteratura moderna per i piccoli e piccolissimi, che al contrario spesso punta su immagini e storie ultravivacizzate.
Verdun ama particolarmete i fatto che le immagini sono piene zeppe di micro-particolari, di quelli chesfuggono facilmente a un adulto ma non a un treenne. Sono disegni che dilatano il mondo egli elefanti molto oltre i confini della storia - comunque molto ben scritta, con una prosa molto poetica, perlomeno nella versione originale.Vale la pena, suggeriva un altro autore di libri illustrati, Maurice Sendak, di comprarli in edizioni grandi, grandi tre volte la faccia di un bambino, perchè ci possano entrare dentro per bene.
E' anche la prima volta che Verdun incontra il concetto di morte – la mamma di Babar muore uccisa da un cacciatore nel primo libro
L' ho sempre trovato un soggetto tremendamente difficile da affrontare con i bambini, anche ben più grandi dei miei; anche con gli adulti, a pensarci bene. Mi piace come è sviluppato l argomento attraverso i libri di Babar: come ci si potrebbe aspettare da un elefante, Babar non dimentica. Nonostante trovi una seconda mamma nella Vieille Dame, la sua perdita non è cancellata nè affievolita. Permea invece attraverso tutti i libri, senza mai avere la meglio su Babar. L' attenzione certamente è sulla vita; la morte tuttavia è riconosciuta come inseparabile dall' ordine delle cose, con malinconia ma senza paura. Un modo sano di presentarla ai bambini.

Insomma, molti meriti per Babar.

26.7.10

Wear your mask first

Ti dicono: se a nove mesi Pierrot è già stato in vacanza in Italia, in Francia e in California, allora avere bambini non compromette la possibilità di viaggiare. E' giusto accendere una candela per illuminare qualche aspetto poco chiaro della questione.

Andare via di casa, anche solo per un weekend lungo, è qual che mi ha permesso di mantenere un livello soglia di lucidità mentale negli ultimi tre anni. Risparmiamo su tutto, ma un viaggio ogni tanto deve rientrare. Quindi, lo consiglio caldamente a ogni genitore - e non, ovvio.

Riguardo al viaggiare con pupi, ho formulato quattro postulati basati sulla mia esperienza di vacanze con i SB:

1.programmare tutto nei minimissimi dettagli:
partenza, arrivo, orari, mezzi, pasti, cosa portare e cosa comprare sul posto, and so on
spontaneità e improvvisazione vanno comunque messe in valigia per affrontare al meglio il punto 2, e cioè

2.essere sempre pronti a buttare all' aria i piani e dedicarsi a tutt' altro

3. arrivare dappertutto in anticipo. largo, larghissimo anticipo;
il modo di perdere tempo si trova sempre, recuperarlo è impossibile. Scrive quella che è stata costantemente in ritardo per i primi 27 anni edella sua vita, e poi ha smesso. Incidente chiave in questo cambio di rotta è stata la perdita dell' aereo per tornare in italia quando Verdun aveva 6 mesi, con conseguente pernottamento nell' aereoporto di Stansted per prendere il volo successivo, alle 7 del mattino. Cose che lasciano il segno.

4. ridimensionare le aspettative. ridimensionarle brutalmente, intendo.
Mettiamola così:
se la propria idea di vacanza involve una o più delle seguenti attività:

relax
cultura
bighellonamento nel duty free
film sull'aereo
romanticismo
people-watching,

allora, grosse delusioni in arrivo.

Il concetto di vacanza va riformulato come segue: sopravvivenza in un posto diverso da casa per un certo numero di giorni. Se in questi giorni si riesce non perdere più di tre oggetti essenziali e ad avere almeno un momento Wow, guarda dove siamo!, la missione è da considerarsi riuscita, big cheers all around.

Detto ciò, rimango dell'idea che cambiare aria faccia bene, a tutti e quattro. Soprattutto a me e H, probabilmente, ma del resto, come insegnano le hostess, prima di mettere la mascherina ai bambini devi essere in grado di respirare tu povero adulto responsabile.

Un altro punto dolentissimo nella nostra famiglia sono le foto: dietro ad ogni immagine mulino bianco style pubblicata qui, ci sono venti scatti in cui Verdun si gira di proposito dalla parte opposta alla macchina o corre incontro al fotografo di turno cercando di strappargliela di mano; ore o ore di contrattazione che finiscono quasi sempre con compromessi di cui non vantarsi del genere: ok, se ti fai fare una foto decente puoi avere un leccalecca/ un biscotto/ un soldino di cioccolato/ ok, tieniti la macchina foto e facci cosa vuoi.

Così la scheda della macchina è sempre piena di foto di scarpe e marciapiedi

Lunga vita alla digitale

22.7.10

Attitude matters

In passato ho studiato come si definiscano "veri bilingui" i bambini esposti a una seconda lingua entro i tre anni, e come questo sarebbe scientificamente giustificato dal fatto che usano la stessa zona del cervello per immagazzinare informazioni su entrambe le lingue in uso. Se invece l' aquisizione avviene dopo i tre anni, si attivano altre aree del cervello, per cui la seconda lingua non raggiunge la stessa fluidità.Ok.

In seguito al nostro soggiorno in Francia mi sento in grado di aggiungere un corollario a questa teoria (secondo me comunque abbastanza discutibile): forse dopo i trent' anni è meglio lasciar perdere del tutto ;)
Mi è venuto in mente osservando H alle prese con il francese - un caso disperato.
Boh. Sarè che io il francese lo parlo da tanti anni, ho vissuto un anno nella sauvage Auvergne, sogno di vivere a Parigi un giorno o l'altro, e, dato non trascurabile, ascolto il piemontese da quando sono nata, ma a me sembre una lingua abbastanza immediata.
Ovviamente sono stata smentita. H si blocca sulla distinzione fra i fonemi u, ou e eu: chi mastica un po' di francese capirà che non è un indizio che faccia sperare in bene. Perdipiù, overconfident del suo inglese, pretende di parlarlo dappertutto, sbagliando. 'Che si sa che i francesi, specie se camerieri, anche se magari l' inglese lo sanno, tendono far finta di no, e soprattutto a ignorare palesemente qualunque richiesta che non avvenga nella loro lingua. Bisogna prenderli cosi, fa parte del folklore locale.

In proposito è stato illuminante l' incontro in un parco giochi di St-Malo con l' amico Bastien, seienne, per cui Verdun ha avuto una folgorazione. Quando ha scoperto che venivamo da Londra, Bastien si è illuminato, e ci ha spiegato che a scuola aveva imparato l' inglese. Sfortunatamente intanto Verdun era entrata in una fase di mutismo - come sempre quando ha a che fare con bambini più grandi.

Si è sbloccata quando lui le ha proposto di giocare a nascondino, ma quando lei ha iniziato a contare
"One, two, three..."

Bastien l 'ha fermata per puntualizzare:
"Non! C'est one, two, frì."

"Ehm, no, amico Bastien, è proprio one two three..."

"Bah, non , vous vous trompez , en fait c' est one, two, frì."

Così. Lapidario e vagamente condiscendente. Ho finito per dargli ragione, chiaramente.

Da cui si deduce che non è che i francesi non riescano a pronunciare determinati suoni, ma che proprio, fin dalla più tenera età, credono di essere dalla parte del giusto. Il potere dell'allure.
Del resto, il bello dell'inglese è che ognuno lo parla un po' come gli pare.

17.7.10

La Belle Vie

Tricky business, compiere trent' anni: troppo giovane per il De Beers (not really), troppo vecchia per il festino etilico con cadaveri da raccogliere il mattino dopo (again, si sarebbe anche potuto fare, ma due dei tre invitati si sarebbero dovuti ubriacare a succo d'uva di peter rabbit), non è chiaro quale sia il modo giusto di santificare la festa.
Se poi hai due Signori Bambini e vivi a mille chilometri dalla maggioranza delle persone con cui ti piacerebbe festeggiare, esiste una significativa probabilità di andare a dormire la sera della fatidica ricorrenza con la sensazione di aver dimenticato qualcosa.

Per evitare tale deprimente scenario, ho fatto convergere la scelta del regalo su una minivacanza altrove, e la scelta dell'altrove è caduta sul nord della francia, Bretagne et Normandie.
Non si tratta di una destinazione casuale: la neotrentenne ha infatto speso un notevole numero di pomeriggi tardoadolescenziali sognando a occhi aperti un matrimonio a Mont-St-Michel, prepotentemente suggestionata da uno spot Fiat.
Sarà per la prossima volta.

Intanto, la famiglia al completo si è trasferita per cinque giorni a St-Malo, antica città corsara della Bretagne, rasa la suolo nel '44 e ricostruita identica a prima, solo con pietre nuove di zecca: l'effetto è un po' quello del vero finto castello medioevale del Valentino, comunque abbastanza piacevole.
L'unica cosa rimasta illesa dai bombardamenti sono state le mura, impressionanti per dimensioni e passato autentico. In genere le citta murate mi mettono un po' d'ansia, ma bello di St-Malo è che passeggiando sulle mura, praticamente da qualunque punto, si vede il mare, molto lindo dato che maree galoppanti e temperature proibitive non invitano a fare il bagno.
I Signori Bambini hanno comunque razzolato felicemente sulla spiaggia e persino fatto amicizia con due locals.
Pierrot, entusiasta della scoperta dell'elemento sabbia, ha inventato un gioco che potremmo paragonare al gioco della fiducia, ma senza rete: si tira in piedi, molla la presa e cade immediatamente all'indietro, rigido come un tronco. Quando va bene uno dei genitori lo acchiappa al volo; a volte va male, ma lui non demorde. Ci ripetiamo il mantra "I bambini sono di gomma" e speriamo in bene.

Il giorno del mio compleanno, che sarebbe anche la vigilia del quatorze juillet, siamo andati a Mont-St-Michel, che è il genere di posto che nonostante appaia un po' ovunque, visto dal vero non può lasciare indifferenti.
Certo, la dimensione spiritule del luogo va un po' a farsi benedire, persa tra le orde di turisti, i flash e le bancarelle; non abbiamo nemmeno potuto apprezzare granchè il lato romantico del viaggio, occupati a pescare Verdun che ogni due gradini perdeva l' equilibrio.
Quello che rimane è un ibrido tra religione e moda, dove la monaca suona le campane appesa alle corde come Quasimodo mentre lancia occhiatacce ai turisti giappi che tentano di immortalarla, e lo shop della cattedrale vende rosari accanto a pupazzetti di tintin e pelouches di paul the octopus.
Però se a forza di salire scale riesci a raggiungere la cattedrale vera e propria e a ricavarti cinque minuti di riflessione, è bello lasciarsi suggestionare dal misticismo della Merveille, come la chiamano, e non è un overstatement,e dalla forza centipeta di un luogo capace di attirare a sè tanta gente diversa attaverso il tempo e lo spazio.

I SB si sono comportati da turisti professionali: Verdun ha tirato fuori il suo lato Robocop, scalando i ventisettemila gradini senza neanche dare la mano, perchè.
"No picca, me! Pierrot picco, just nine months: lui dà mano!"

Il suddetto Pierrot è invece entrato in modalità stand-by, koalizzandosi nel babybjorn da cui ha alternato momenti di letargo a larghi sorrisi per le foto; da dimenticarsi della sua esistenza, non fosse per il buzz del generatore che gli tiene accesa l'aureola.

Giornata intensa, dunque. La sera siamo tornati in hotel abbastanza stravolti e ci siamo rotolati tutti insieme per un po' sul lettone, senza che nessuno si facesse bernoccoli importanti: insomma, è stato un buon compleanno.

Grazie al magico you tube, ho ritrovato il video della pubblicità : le voilà!
Bisous!

7.7.10

Piccoli genitori crescono


C'è stata una seconda ricorrenza da festeggiare, sottintesa al terzo compleanno di Verdun: i nostri primi tre anni da genitori, miei e di H. Non ci sono stati brindisi e pacche sulle spalle, ma le nostre teste erano sintonizzate su un mix di sensazioni piuttosto disparate: incredulità per la rapidità con cui questi tre anni sono trascorsi; sospiro di sollievo al traguardo finale dei terrible twos; parziale amnesia riguardo alla nostra vita pre-Verdun (qui si potrebbe intravedere un meccanismo di autodifesa dai risvolti freudiani, ma sorvoliamo); curiosità di scoprire quale sarà il prossimo passo. Perchè anche se ogni giorno degli ultimi tre anni è stato speciale, è innegabile che più Verdun diventa una personcina a modo, più sviluppa un suo proprio carattere, e un suo modo di comunicare, fatto di parole, ma anche gesti, sguardi, e immancabili tantrums, più il gioco si fa interessante, e coinvolgente.

Cresciamo insieme: nonostante tutti i manuali di parenting sfogliati, e i consigli in merito, offerti un po' da chiunque, dalle nonne al postino, tutto quello che sappiamo sull'essere genitori l' abbiamo imparato da Verdun e Pierrot.

I Signori Bambini ci hanno insegnato innanzitutto quanto sia importante sapersi mettere nei loro panni. Ci hanno spiegato come essere bambini significhi essere in tutto più deboli e privi di energie rispetto a quello che li circonda; quanto possa essere difficile e tortuoso doversi abituare e trovare un senso a un mondo di cui spesso non capiscono i meccanismi, ultrapotenti per le loro forze. Come stranieri trapiantati in un mondo completamente diverso, che devono imparare a conoscere e dominare con mezzi propri.
Verdun e Pierrot ci ricordano costantemente come i bambini vivano d'affetto. Per loro, la ricerca dell' amore predomina su quella del piacere, è il primo bisogno di cui cercano soddisfazione. Se si sentono circondati d' affetto, diretto verso di loro, ma anche tra di noi genitori, allora il mondo è bello, altrimenti è brutto. Per loro, e' l unica dimensione che conta.
Allora cerchiamo di farli sentire sempre amati, di condividere le loro preoccupazioni e le loro gioie, di guardare il mondo attraverso i loro occhi, e di guardare a noi stessi attraverso di loro.

Perchè i SB non cercano solo qualcuno che li capisca, ovviamente: ci chiedono di essere capaci allo stesso tempo di offrire spiegazioni e direzioni, di educarli, in altre parole.
Ci interroghiamo su cosa significhi educare i propri figli. Siamo bombardati da messaggi in proposito, da scuole di pensiero su atteggiamenti da mantenere, sui no che aiutano a crescere, sui giocattoli che aiutano a parlare, sul corso di teatro che li renderà più confidenti. Non c'è libreria o biblioteca che non abbia un cospicuo numero di scaffali dedicato a manuali sul tema.
Eppure, a guardare bene, pare che il tutto essenzialmente si possa ridurre a due cose; le scrivo qui, come un promemoria. La prima, fare tutto il possibile per dare ai piccoli i mezzi con cui evolvere, ciò che serve per crescere - esperienza e affetto, soprattutto. La seconda, dare di sè stessi un modello affettivo che possa non essere copiato, ma servire come punto di riferimento.
Credo sia importante che Verdun e Pierrot abbiano a disposizione materiali ed esperienze con cui scoprire e costruire sè stessi, la loro forza e i loro limiti. E che, indipendentemente dalle nostre convinzioni, noi possiamo rappresentare per loro un modello di cui possano imparare e accettare le parti piu importanti: la coerenza, l'onestà, la capacità di amare.

Si tratta insomma di un' impresa di proporzioni ciclopiche. Da cui l' incertezza, la confusione, la paura di sbagliare (e il relativo fiorente settore editoriale).
Eppure, è impossibile tirarsi indietro, e nemmeno desiderabile. In effetti, se con la tua piccola, costante presenza di Signore Bambino porti tanta bellezza ed entusiasmo nel mondo dei tuoi genitori, è il minimo che tu possa chiedere in cambio.

30.6.10

3 is a magic number

Ha accettato di buon grado l'idea della visita al London Zoo in alternativa al birthday party, reso impossibile dalla mancanza di spazio e di contatti sociali. Però, per chiarire la sua posizione, ha preteso di legare al passeggino un palloncino rosa con scritto il suo nome e "3". Ha voluto pagare lei i biglietti d' ingresso, ma si è dovuta far prestare la carta di credito dal padre. Si è impossessata della visitor map, e non l'ha più mollata, ostentando una sicurezza che neanche baden powell. Ha imparato alcuni vocaboli nuovi fondamentali, tipo: okapi, emù, flamingo. E' rimasta incantata davanti alle giraffe. Si è arrabbiata con i leoni, che, cotti dal sole, non muovevano un dito. Ha sguazzato come un duck nel parcogiochi d'acqua; ha fatto la bulletta con una bimba più piccola, e obbedito con fervore alle istruzioni di una cinquenne. Ha cercato di parlare in italiano, ha capito che non funzionava, she switched to english. Non ha voluto dormire dopo pranzo: è stata irascibile e instabile tutto il pomeriggio, ma non ha ceduto, con una determinazione che si fa sempre più allarmante. Tornata a casa, non ha detto neanche ciao ai nonni che l' hanno chiamata per farle gli auguri, perchè troppo impegnata a trafficare con il lego. Ha mangiato tre bicchieri di fragole, si è fatta il bagnetto, ha visto due episodi di peppa pig. Ha cantato Twinkle Twinkle Little Star al fratello. Quando si è addormentato, ha azzardato un " 'acciamo i matti?", stroncato sul nascere. E' crollata, sfinita, alle dieci, sulla terza pagina del "Gruffalo", ricordandoci come compiere tre anni possa essere esaltante e stremante allo stesso tempo.
Buon compleanno, Verdun!

29.6.10

"Home ripening"

In vacanza i Signori Bambini scoprono la frutta; poi si torna a casa e sono sottoposti a cocenti delusioni. Succede ogni volta che mettiamo piede fuori da Londra, e non perche qui non ne mangino, anzi. E' solo che a Londra la frutta fa pietà. Anche la verdura, a dirla tutta, ma in questa sede ci concentreremo sulla frutta.

Il vero Londoner mangia la frutta solo per via dell' imperativo morale dei 5-a-day; o perchè, solo recentemente, ha capito che la patata non può soddisfare in toto il fabbisogno vitaminico di un uomo; o perchè ha letto qualche volantino allarmistico dell' NHS o un ritaglio del Sun sull'aumento dei casi di rachitismo nella lovely.
Fatto sta che nessuno mangia la frutta perchè è buona, per piacere: infatti, la frutta a Londra è praticamente insapore.

Raccontavo come nell'agriturismo toscano i Signori Bambini avessero fatto alcune scoperte del tipo: le albicocche crescono sugli alberi, sciolte, anzichè germinare spontaneamente in eleganti vaschette sugli scaffali di waitrose.
Ma il vero risvolto esaltante della cosa consiste nella scoperta dell'esistenza di un gusto proprio dell' albicocca, diverso dalla mela, dalla pera, dai pomodori: il fatto che tutta l' ortofrutta proposta da waitrose abbia lo stesso non-sapore non è estendibile su larga scala. Surprise!

Inoltre, chi l 'avrebbe mai detto, esistono diverse fasi nella vita di un'albicocca: verde, matura, marcia. E non hanno tutte esattamente la stessa grandezza, ce ne sono di grandi e piccole: per spiegare l'aspetto rivoluzionario di questa osservazione, ci tocca tirare in ballo ancora una volta Mr waitrose, che vende albicocche di pietra, tutte identiche, nello steso stato di pre-maturazione destinata a non realizzarsi MAI.
Le vaschette di frutta sono infatte taggate da un cartellino che reca l'ambigua scritta "Home ripening": letteralmente "matureremo a casa", praticamente "non solo appariamo come frutta di carta, ma sappiamo proprio di carta. Esiste in effetti una remota chance che una di noi maturi nella tua cucina. Ah-ah. Good luck about that."

Suppongo ci siano dietro ragioni prettamente economiche, dato che "congelando" la frutta in questo stato di non-maturazione vuol dire farla marcire solo molto tardi, e buttarne via meno. Chissà come fanno: la frutta in questione è importata quasi tutta dal sudafrica, dove, come conferma l'amica Mercia di Johannesburg, la frutta è più dolce della cioccolata. I conti non tornano.

L'alternativa ci sarebbe, si chiama Whole Foods, una catena americana di alimentari che ha aperto una sede a Londra - credo l' unica in Europa- un paio d' anni fa: fare la spesa da whole foods è un'esperienza trascendentale. E' tutto perfetto, profumato, pulito, organizzatissimo: c'è l'esperto dei formaggi, l'amico della frutta, il consigliere dei salumi; tutti sorridono come se pagassero per lavorare lì. Purtoppo qui invece i conti tornano benissimo, e il whole foods londinese (a differenza di quello americano), è inaccessibile per le nostre tasche, come del resto per quelle del 99% della popolazione. Solo quando ero incinta andavo apposta a comprare i finocchi, introvabili altrove per metà dell'anno. Ma scaduti i nove mesi, fine delle concessioni (no regrets). Ogni tanto faccio ancora lo stesso un giro a vanvera.

Nello spazio tra una vacanza e l'altra, Verdun si dimentica del doloroso ritorno alla realtà quatidiana: così, tornati dalla Toscana, appena siamo andati al supermercato ha puntato le albicocche locali. Poi, a casa, dopo averne addentata una , mi ha guardata storta e ha dichiarato:

"No aplicot 'etta!"

Come darle torto.