30.3.12

O brother, where art thou? (continued)

E noi come viviamo, qui a Los Alamos? Stiamo bene.
Permane, a distanza di settant'anni dalla costruzione di quella prima sorta di baraccopoli militare, la sensazione che la vita qui non possa essere normale o permanente. Gli scienziati impiegati dal lab continuno ad arrivare al lab da ogni parte del mondo. Alcuni rimangono, altri ripartono dopo qualche anno, qualcuno ritorna. Creano un tipo di multiculturalismo ovviamente diverso dalle grandi metropoli occidentali: si tratta di persone con curriculum di studio particolarmente brillanti, che arrivano qui con un contratto di lavoro, in genere molto ben pagato, in cui mettere in gioco le capacità maturate in tanti anni di studio e ricerca alle spalle.
Il benessere e l'altro livello di istruzione generale si riflette in tanti aspetti della vita pubblica: per esempio, la pulizia, la rarità di situazioni di criminalita o povertà, le risorse della biblioteca locale, l'attenzione per i bambini e la loro educazione.
Un altro aspetto che rende la vita qui inusuale è l'età media molto bassa: c'e una proporzione di bambini incredibile, mentre gli anziani sono decisamente rari, in parte per la questione dell'alta mobilità, in parte perchè bisogna essere piuttosto in forma per vivere ai 2500.

Nelle maggior parte dei casi, gli scienziati non arrivano soli, ma con le loro giovani famiglie, mogli e bambini piccoli. Ci si ritrova tutti in condizioni simili: con culture di partenza molto diverse; con bambini il cui sviluppo di un' identità di ibridi culturali non si è ben sicuri come aiutare; lontani migliaia di chilometri da reti di protezione familiari; e soprattutto, futuro prossimo poco prevedibile.
Molte di queste giovani mamme sono stay-at-home moms - mi ci iscrivo anche io, sebbene mi sia ricavata tre giorni alla settimana da dedicare alla ricerca per il mio dottorato. I bambini crescono in famiglia, "homeschooled", sebbene ci sia anche una scelta di playgroups e attività organizzate da centri diversi a cui partecipare insieme, genitori e bambini. Alla basi di questa scelta ci sono alcune considerazioni, tra cui: il bisogno, per tutti i bambini ma forse ancora di più per i nostri, di poter contare su delle relazioni con genitori e fratelli particolarmente forti, costruite sulla scoperta condivisa del mondo intorno; l'assenza della scuola statale fino all' inizio delle elementari, a cinque anni; lo stipendio del papà scienziato che garantisce una vita economicamente serena per tutta la famiglia; la relativa facilità di riprendere a lavorare una volta che i bambini entrano alle elementari.
Si fanno quindi scelte che magari altrove sarebbero più controverse o impossibili: si dedicano i primi anni di vita interamente i propri figli, che è il lavoro più sfiancante del mondo, ma quei momenti in cui si riesce a rallentare e a godersi lo spettacolo spazzano via dubbi e fatiche in un soffio.

Insomma, per noi, in questa fase della vita della nostra famiglia, Los Alamos è un buon posto in cui vivere. Ci permette di passare tanto tempo tutti insieme, di vivere molto all'aperto, a contatto con le foreste e il canyon, vicini a molte persone, grandi e bambini, con bagagli culturali estremamente diversi dai nostri, che consideriamo una grande risorsa. I Signori Bambini non hanno un raffreddore da un anno e mezzo, niente medicine, pochissimi giorni passati in casa. Sono sempre abbronzati, sempre affamati. Crescono insieme, giocano, chiaccherano, litigano e fanno pace in continuazione, e "Ok, you can be my best friend again". E' bello vederli crescere così vicini, ed è una risorsa importante nella consapevolezza di non avere un terreno troppo fisso sotto i piedi.

Non è chiaro quanto ancora rimarremo a vivere qua. Presto i nostri ritmi cambieranno di nuovo: dal prossimo autunno dovrò dedicare più tempo alla mia ricerca, Verdun inizierà la scuola elementare, cercheremo di iscrivere Pierrot e P'titi Loup in preschool per un paio di mattine alla settimana. So che la nostalgia per una vita in una dimensione urbana piu grande e trafficata, così come la voglia di riprendere il mio lavoro, torneranno presto a farsi sentire. Non ancora, però. E sono certa che guarderemo sempre a questo happy limbo con una tenerezza particolare. With constant sorrow.

26.3.12

O brother, where art thou?

Mi è venuta voglia di descrivere questo posto dove viviamo e dove è nato P'tit Loup.
E' passato più di un anno e mezzo dallo sbarco in America e non sono ancora riuscita a scrivere un post in merito. Intanto, amici e familiari brancolano nel buio: "Ci sono gli indiani? Fanno le corride? Ma come ha nevicato, non siete del deserto?". Tutti dubbi legittimi, peraltro: dici "Londra" e almeno un' immagine in testa stampata lì dal sussidiario della quarta elementare ce l'hanno tutti, ma "Los Alamos, New Mexico"? Probabilmente no.
Il fatto è che questi posti sono davvero difficili da descrivere a chi non è mai stato da queste parti. D'altra parte, è ancora più difficile che qualcuno passi di qua, considerati tempi e costi di un viaggio simile. Allora ci provo lo stesso con un post un po' Lonely Planet.







Siamo in New Mexico, nel Southwest degli Stati Uniti, ad est dell' Arizona e a ovest del Texas. Il New Mexico non è uno stato particolarmente ricco in termini di PIL o architettura o storia, perlomeno da un punto di vista europeo. In compenso, si caratterizza per paesaggi eccezionali e un curioso mix culturale anglo-latino-native american, che risulta in un atteggiamento generale di accoglienza e solidarietà molto forte.
La capitale di Stato, Santa Fe, è abbastanza esemplare: in mezzo al deserto ma a 2000 metri sul livello del mare, circondata dalle montagne - la coda delle Rocky Mountains. Una città di 65.000 persone che vivono soprattutto in queste casette di terra rossa, gli adobe, che raramente hanno più di due piani. Nell' architettura, nelle chiese, nei musei l' eredità messicana è forse la più marcata, ma ben amalgamata con altre culture. Santa Fe è anche il terzo mercato d'arte negli Stati Uniti, e gran parte dell'economia locale gira intorno a questo aspetto della città: c'è un numero impressionante di gallerie d'arte, ma anche gioiellerie, indiani che vendono bigiotteria di pietra turchese, sculture astratte e colore, colore ovunque.





Salendo per 25 km da Santa Fe attraverso una strada che sale dritta dritta tagliando il deserto e poi si inerpica tutta a curve per risalire la mesa, si arriva a Los Alamos. La prima volta che sono arrivata qui, il paesaggio mi ha lasciata letteralmente senza fiato: l'ampiezza dell'orizzonte, i colori delle rocce, la profondità del canyon, i ghiacciai lontani, il deserto che diventa montagna sotto i tuoi occhi. E la luce, sempre incredibilmente intensa, in qualunque stagione. Insomma, essendo cresciuta ai piedi della Val Susa avevo un idea di partenza di montagna un po' diversa.










La gente tuttavia non arriva qua per ammirare il paesaggio o per il foklore locale. Los Alamos ha una storia particolare, legata al Progetto Manhattan. La "città segreta" fu fondata per ordine del governo nel 1943, su un altopiano precedentemente quasi deserto. Il generale Groves e il fisico Oppenheimer misero insieme un esercito di scienziati e ingenieri, fornirono le risorse tecniche piu avanzate dell'epoca e gli affidarono una missione abbastanza precisa: costruire la bomba atomica prima dei Nazisti. Questi scienziati, recrutati da ogni parte degli Stati Uniti ma non solo, arrivavano in New Mexico avendo come unico recapito 109 Palace Street in Santa Fe - l'indirizzo di una panetteria. Da qui venivano fatti uscire da una porta sul retro e trasportati in gran segreto "uphill", nella piccola città che stava nascendo intorno al laboratorio piuttosto primitivo, fatta di casa semplicissime, senza strade asfaltate, circondata da filo spinato.






I bambini non usavano il loro cognome, gli scienziati non potevano parlare del proprio lavoro con le loro famiglie e tutta la corrispondenza era pesantemente censurata. Non molti tra gli stessi impiegati dal laboratorio avevano piena coscienza e comprensione di cosa stessero creando.
Il Progetto Manhattan risultò nella detonazione nel luglio 1945 della prima bomba atomica nel deserto delle White Sands, nel sud del New Mexico. Un mese dopo gli USA bombardarono Hiroshima e Nagasaki, obbligando il Giappone ad arrendersi e decretando la fine della seconda guerra mondiale.

Los Alamos rimase una città di proprietà del governo fino al 1957, quando venne aperta al pubblico. Parallelamente gli orientamenti della ricerca del laboratorio vennero estesi molto oltre l' ingegneria atomica, verso la chimica, la biotecnologielogia e l'ingenieria elettronica, sebbene la ricerca fisica mantenga un ruolo di primo piano. The lab ha conservato tuttavia uno status d'eccezione tra i centri di ricerca negli Stati Uniti e rimane in indiscutibilmente il fulcro della vita della città, dando lavoro a 9.000 persone in una comunità di 20.000 abitanti. La storia inusuale e legata alla ricerca scientifica della "città segreta" viene celebrata, ma anche messa in discussione attraverso istituzioni come il museo storico, che illustra la vita quotodiana della comunità durante la guerra, o le lezioni aperte la pubblico sulla storia del Progetto Manhattan . Si tratta di temi che non possono lasciare indifferenti, e vivere qui rende la storia degli secolo scorso particolarmente affascinante, nonostante i suoi risvolti tragici.

(to be continued)

21.3.12

He could be President!


E' arrivato il passaporto blu di P'tit Loup: prospettive da Agrippina a parte, fa un certo effetto.

E' un bel passaporto: ci sono una serie di riproduzioni di paesaggi americani, il genere di immagini un po' stereotipiche che però poi scopri anche molto fedeli, tipo la Statua della Libertà, la prateria, il Mount Rushmore, o il grizzly che pesca il salmone. C' è una serie di quotes di personaggi storici particolarmente influenti, che colgono bene l'essenza di questo Paese. C'è, soprattutto, il faccino sbalordito di P'tit Loup accanto alla bald eagle e alla bandiera a stelle e strisce.

Nessuno dei miei figli è nato in Italia, ma in qualche modo questo Signore Bambino sembra aperto più degli altri a una vita radicalmente diversa da quella che ho conosciuto io, con altre possibilità e altri limiti. Chissà cosa finirà per combinare.

Per ora è riuscito a tenere in mano il documento per una decina di secondi e a tentare di azzannarlo. Va specificato che alla sua età questa è una significativa dimostrazione di apprezzamento.


"Every generation has the obligation to free men's minds for a look at new worlds... to look out from a higher plateau than the last generation" (E. O. Onizuka)

16.3.12

A piedi nudi nel playground





Spring is here! Wishful thinking worked!
In realtà danno neve per lunedì, ma noi ignoriamo il meteo e ci godiamo il cielo cloudless, i piedi scalzi e il sole che ci ha già bruciato il naso.

2.3.12

Superpoteri

Manifestazione contro il riscaldamento globale




Non ho mai amato il freddo. Non mi piacciono l'inverno, la neve, il ghiaccio, l' umidità, i maglioni e le cuffie. I cinque anni a Londra hanno esasperato la mia natura metereopatica, e fosse per me me ne andrei volentieri in letargo fino a Pasqua.
Poi però sono arrivati i Signori Bambini, e con loro l' imperativo morale di uscire di casa con qualunque condizione atmosferica, al fine di salvaguardare il delicato equilibrio psichico della famiglia. Così negli ultimi anni mi sono reinventata entusiasta del freddo, appassionata di partite a palle di neve, scultrice di pupazzi, pattinatrice sul ghiaccio, fanatica dello slittino.
Ora però, dopo tre mesi di neve perenne e temperature ancora troppo spesso sottozero, l'entusiasmo inizia a vacillare. Ad essere più precisi, comincio ad avere le allucinazioni: oggi ho creduto di aver visto il primo daffodil in mezzo a un prato innevato, e invece era un pacchetto vuoto di patatine. "Wishful thinking." ha commentato l' amica J.

Eppure Verdun riesce ancora a strapparmi qualche sorriso a labbra viola, mentre torniamo a casa la sera veloci, dopo aver nutrito i poveri ducks del laghetto ghicciato.

"Hey! Tu puoi fare le nuvole!"




"Eh?"


" Io ho visto clouds uscire dalla tua bocca!


"Oh. E' solo fiato condensato , tutti possono...."



"Cosa hai detto?"




"Niente. Si, io posso fare le nuvole."