30.7.10

E Babar ci dirà...

...se nel suo villaggio tutto fila dritto oppure no...

No.

Ecco cosa ha trovato stamattina la maestra Rachel nel pannolino di Pierrot:


Cerco dei margini di autogiustificazione nel numero di ore di sonno ridotto per via dei pargoletti raffreddati che si svegliano in continuazione, nella testa sulla tesi che procede a rilento, nella depressione galoppante per l' estate londinese già finita, nella luna calante; o forse è stato lo stesso Pierrot che con fine motor skills very advanced per la sua età si è infilato il pupazzetto nel pannolino da solo.
mmm
Fiato dei social services sul collo.

Unica nota positiva è che è H che va a recuperare i SB alla nursery al pomeriggio, così non ho dovuto trovare la faccia giusta da fare alla comunicazione dell' incidente.

Buttandola sul letterario: amo molto Babar.
E' un personaggio popolarissimo in terra natale, c'est-à-dire la France, e quasi altrettanto in UK; meno in Italia, per ragioni non chiare.
I libri di Babar sono speciali, delicati, molto a misura di bambino. C'è dietro la storia un po' triste dell'autore Jean de Brunoff che crea il personaggio e i primi tre album per i figli, è travolto un successo inaspettato e muore di malattia giovane, a 35 anni. Il maggiore dei figli, Laurent, da adulto riprende il mano il personaggio e crea altri 10 albi, con stile grafico e linguaggio praticamente indistinguibili dal padre.
I disegni degli elefanti, innovativi al tempo della pubblicazione, neglia anni '30, oggi un po' vintage, sono stati accusati di promuovere ideologie maschiliste, colonialiste, e altro. Mah. Probabilmente all' epoca gli autori erano meno politically correct che ai giorni nostri - il che, secondo me, non è sempre un male, btw.
Comunque i bambini, i miei alunni e anche Verdun, vedono soprettutto un elefante a cui si affezzionano molto e che amano reincontrare in storie sempre diverse e originali. Ne apprezzano, mi è sembrarto, proprio i toni pacati, il ritmo lento, in netto contrasto con tanta letteratura moderna per i piccoli e piccolissimi, che al contrario spesso punta su immagini e storie ultravivacizzate.
Verdun ama particolarmete i fatto che le immagini sono piene zeppe di micro-particolari, di quelli chesfuggono facilmente a un adulto ma non a un treenne. Sono disegni che dilatano il mondo egli elefanti molto oltre i confini della storia - comunque molto ben scritta, con una prosa molto poetica, perlomeno nella versione originale.Vale la pena, suggeriva un altro autore di libri illustrati, Maurice Sendak, di comprarli in edizioni grandi, grandi tre volte la faccia di un bambino, perchè ci possano entrare dentro per bene.
E' anche la prima volta che Verdun incontra il concetto di morte – la mamma di Babar muore uccisa da un cacciatore nel primo libro
L' ho sempre trovato un soggetto tremendamente difficile da affrontare con i bambini, anche ben più grandi dei miei; anche con gli adulti, a pensarci bene. Mi piace come è sviluppato l argomento attraverso i libri di Babar: come ci si potrebbe aspettare da un elefante, Babar non dimentica. Nonostante trovi una seconda mamma nella Vieille Dame, la sua perdita non è cancellata nè affievolita. Permea invece attraverso tutti i libri, senza mai avere la meglio su Babar. L' attenzione certamente è sulla vita; la morte tuttavia è riconosciuta come inseparabile dall' ordine delle cose, con malinconia ma senza paura. Un modo sano di presentarla ai bambini.

Insomma, molti meriti per Babar.

26.7.10

Wear your mask first

Ti dicono: se a nove mesi Pierrot è già stato in vacanza in Italia, in Francia e in California, allora avere bambini non compromette la possibilità di viaggiare. E' giusto accendere una candela per illuminare qualche aspetto poco chiaro della questione.

Andare via di casa, anche solo per un weekend lungo, è qual che mi ha permesso di mantenere un livello soglia di lucidità mentale negli ultimi tre anni. Risparmiamo su tutto, ma un viaggio ogni tanto deve rientrare. Quindi, lo consiglio caldamente a ogni genitore - e non, ovvio.

Riguardo al viaggiare con pupi, ho formulato quattro postulati basati sulla mia esperienza di vacanze con i SB:

1.programmare tutto nei minimissimi dettagli:
partenza, arrivo, orari, mezzi, pasti, cosa portare e cosa comprare sul posto, and so on
spontaneità e improvvisazione vanno comunque messe in valigia per affrontare al meglio il punto 2, e cioè

2.essere sempre pronti a buttare all' aria i piani e dedicarsi a tutt' altro

3. arrivare dappertutto in anticipo. largo, larghissimo anticipo;
il modo di perdere tempo si trova sempre, recuperarlo è impossibile. Scrive quella che è stata costantemente in ritardo per i primi 27 anni edella sua vita, e poi ha smesso. Incidente chiave in questo cambio di rotta è stata la perdita dell' aereo per tornare in italia quando Verdun aveva 6 mesi, con conseguente pernottamento nell' aereoporto di Stansted per prendere il volo successivo, alle 7 del mattino. Cose che lasciano il segno.

4. ridimensionare le aspettative. ridimensionarle brutalmente, intendo.
Mettiamola così:
se la propria idea di vacanza involve una o più delle seguenti attività:

relax
cultura
bighellonamento nel duty free
film sull'aereo
romanticismo
people-watching,

allora, grosse delusioni in arrivo.

Il concetto di vacanza va riformulato come segue: sopravvivenza in un posto diverso da casa per un certo numero di giorni. Se in questi giorni si riesce non perdere più di tre oggetti essenziali e ad avere almeno un momento Wow, guarda dove siamo!, la missione è da considerarsi riuscita, big cheers all around.

Detto ciò, rimango dell'idea che cambiare aria faccia bene, a tutti e quattro. Soprattutto a me e H, probabilmente, ma del resto, come insegnano le hostess, prima di mettere la mascherina ai bambini devi essere in grado di respirare tu povero adulto responsabile.

Un altro punto dolentissimo nella nostra famiglia sono le foto: dietro ad ogni immagine mulino bianco style pubblicata qui, ci sono venti scatti in cui Verdun si gira di proposito dalla parte opposta alla macchina o corre incontro al fotografo di turno cercando di strappargliela di mano; ore o ore di contrattazione che finiscono quasi sempre con compromessi di cui non vantarsi del genere: ok, se ti fai fare una foto decente puoi avere un leccalecca/ un biscotto/ un soldino di cioccolato/ ok, tieniti la macchina foto e facci cosa vuoi.

Così la scheda della macchina è sempre piena di foto di scarpe e marciapiedi

Lunga vita alla digitale

22.7.10

Attitude matters

In passato ho studiato come si definiscano "veri bilingui" i bambini esposti a una seconda lingua entro i tre anni, e come questo sarebbe scientificamente giustificato dal fatto che usano la stessa zona del cervello per immagazzinare informazioni su entrambe le lingue in uso. Se invece l' aquisizione avviene dopo i tre anni, si attivano altre aree del cervello, per cui la seconda lingua non raggiunge la stessa fluidità.Ok.

In seguito al nostro soggiorno in Francia mi sento in grado di aggiungere un corollario a questa teoria (secondo me comunque abbastanza discutibile): forse dopo i trent' anni è meglio lasciar perdere del tutto ;)
Mi è venuto in mente osservando H alle prese con il francese - un caso disperato.
Boh. Sarè che io il francese lo parlo da tanti anni, ho vissuto un anno nella sauvage Auvergne, sogno di vivere a Parigi un giorno o l'altro, e, dato non trascurabile, ascolto il piemontese da quando sono nata, ma a me sembre una lingua abbastanza immediata.
Ovviamente sono stata smentita. H si blocca sulla distinzione fra i fonemi u, ou e eu: chi mastica un po' di francese capirà che non è un indizio che faccia sperare in bene. Perdipiù, overconfident del suo inglese, pretende di parlarlo dappertutto, sbagliando. 'Che si sa che i francesi, specie se camerieri, anche se magari l' inglese lo sanno, tendono far finta di no, e soprattutto a ignorare palesemente qualunque richiesta che non avvenga nella loro lingua. Bisogna prenderli cosi, fa parte del folklore locale.

In proposito è stato illuminante l' incontro in un parco giochi di St-Malo con l' amico Bastien, seienne, per cui Verdun ha avuto una folgorazione. Quando ha scoperto che venivamo da Londra, Bastien si è illuminato, e ci ha spiegato che a scuola aveva imparato l' inglese. Sfortunatamente intanto Verdun era entrata in una fase di mutismo - come sempre quando ha a che fare con bambini più grandi.

Si è sbloccata quando lui le ha proposto di giocare a nascondino, ma quando lei ha iniziato a contare
"One, two, three..."

Bastien l 'ha fermata per puntualizzare:
"Non! C'est one, two, frì."

"Ehm, no, amico Bastien, è proprio one two three..."

"Bah, non , vous vous trompez , en fait c' est one, two, frì."

Così. Lapidario e vagamente condiscendente. Ho finito per dargli ragione, chiaramente.

Da cui si deduce che non è che i francesi non riescano a pronunciare determinati suoni, ma che proprio, fin dalla più tenera età, credono di essere dalla parte del giusto. Il potere dell'allure.
Del resto, il bello dell'inglese è che ognuno lo parla un po' come gli pare.

17.7.10

La Belle Vie

Tricky business, compiere trent' anni: troppo giovane per il De Beers (not really), troppo vecchia per il festino etilico con cadaveri da raccogliere il mattino dopo (again, si sarebbe anche potuto fare, ma due dei tre invitati si sarebbero dovuti ubriacare a succo d'uva di peter rabbit), non è chiaro quale sia il modo giusto di santificare la festa.
Se poi hai due Signori Bambini e vivi a mille chilometri dalla maggioranza delle persone con cui ti piacerebbe festeggiare, esiste una significativa probabilità di andare a dormire la sera della fatidica ricorrenza con la sensazione di aver dimenticato qualcosa.

Per evitare tale deprimente scenario, ho fatto convergere la scelta del regalo su una minivacanza altrove, e la scelta dell'altrove è caduta sul nord della francia, Bretagne et Normandie.
Non si tratta di una destinazione casuale: la neotrentenne ha infatto speso un notevole numero di pomeriggi tardoadolescenziali sognando a occhi aperti un matrimonio a Mont-St-Michel, prepotentemente suggestionata da uno spot Fiat.
Sarà per la prossima volta.

Intanto, la famiglia al completo si è trasferita per cinque giorni a St-Malo, antica città corsara della Bretagne, rasa la suolo nel '44 e ricostruita identica a prima, solo con pietre nuove di zecca: l'effetto è un po' quello del vero finto castello medioevale del Valentino, comunque abbastanza piacevole.
L'unica cosa rimasta illesa dai bombardamenti sono state le mura, impressionanti per dimensioni e passato autentico. In genere le citta murate mi mettono un po' d'ansia, ma bello di St-Malo è che passeggiando sulle mura, praticamente da qualunque punto, si vede il mare, molto lindo dato che maree galoppanti e temperature proibitive non invitano a fare il bagno.
I Signori Bambini hanno comunque razzolato felicemente sulla spiaggia e persino fatto amicizia con due locals.
Pierrot, entusiasta della scoperta dell'elemento sabbia, ha inventato un gioco che potremmo paragonare al gioco della fiducia, ma senza rete: si tira in piedi, molla la presa e cade immediatamente all'indietro, rigido come un tronco. Quando va bene uno dei genitori lo acchiappa al volo; a volte va male, ma lui non demorde. Ci ripetiamo il mantra "I bambini sono di gomma" e speriamo in bene.

Il giorno del mio compleanno, che sarebbe anche la vigilia del quatorze juillet, siamo andati a Mont-St-Michel, che è il genere di posto che nonostante appaia un po' ovunque, visto dal vero non può lasciare indifferenti.
Certo, la dimensione spiritule del luogo va un po' a farsi benedire, persa tra le orde di turisti, i flash e le bancarelle; non abbiamo nemmeno potuto apprezzare granchè il lato romantico del viaggio, occupati a pescare Verdun che ogni due gradini perdeva l' equilibrio.
Quello che rimane è un ibrido tra religione e moda, dove la monaca suona le campane appesa alle corde come Quasimodo mentre lancia occhiatacce ai turisti giappi che tentano di immortalarla, e lo shop della cattedrale vende rosari accanto a pupazzetti di tintin e pelouches di paul the octopus.
Però se a forza di salire scale riesci a raggiungere la cattedrale vera e propria e a ricavarti cinque minuti di riflessione, è bello lasciarsi suggestionare dal misticismo della Merveille, come la chiamano, e non è un overstatement,e dalla forza centipeta di un luogo capace di attirare a sè tanta gente diversa attaverso il tempo e lo spazio.

I SB si sono comportati da turisti professionali: Verdun ha tirato fuori il suo lato Robocop, scalando i ventisettemila gradini senza neanche dare la mano, perchè.
"No picca, me! Pierrot picco, just nine months: lui dà mano!"

Il suddetto Pierrot è invece entrato in modalità stand-by, koalizzandosi nel babybjorn da cui ha alternato momenti di letargo a larghi sorrisi per le foto; da dimenticarsi della sua esistenza, non fosse per il buzz del generatore che gli tiene accesa l'aureola.

Giornata intensa, dunque. La sera siamo tornati in hotel abbastanza stravolti e ci siamo rotolati tutti insieme per un po' sul lettone, senza che nessuno si facesse bernoccoli importanti: insomma, è stato un buon compleanno.

Grazie al magico you tube, ho ritrovato il video della pubblicità : le voilà!
Bisous!

7.7.10

Piccoli genitori crescono


C'è stata una seconda ricorrenza da festeggiare, sottintesa al terzo compleanno di Verdun: i nostri primi tre anni da genitori, miei e di H. Non ci sono stati brindisi e pacche sulle spalle, ma le nostre teste erano sintonizzate su un mix di sensazioni piuttosto disparate: incredulità per la rapidità con cui questi tre anni sono trascorsi; sospiro di sollievo al traguardo finale dei terrible twos; parziale amnesia riguardo alla nostra vita pre-Verdun (qui si potrebbe intravedere un meccanismo di autodifesa dai risvolti freudiani, ma sorvoliamo); curiosità di scoprire quale sarà il prossimo passo. Perchè anche se ogni giorno degli ultimi tre anni è stato speciale, è innegabile che più Verdun diventa una personcina a modo, più sviluppa un suo proprio carattere, e un suo modo di comunicare, fatto di parole, ma anche gesti, sguardi, e immancabili tantrums, più il gioco si fa interessante, e coinvolgente.

Cresciamo insieme: nonostante tutti i manuali di parenting sfogliati, e i consigli in merito, offerti un po' da chiunque, dalle nonne al postino, tutto quello che sappiamo sull'essere genitori l' abbiamo imparato da Verdun e Pierrot.

I Signori Bambini ci hanno insegnato innanzitutto quanto sia importante sapersi mettere nei loro panni. Ci hanno spiegato come essere bambini significhi essere in tutto più deboli e privi di energie rispetto a quello che li circonda; quanto possa essere difficile e tortuoso doversi abituare e trovare un senso a un mondo di cui spesso non capiscono i meccanismi, ultrapotenti per le loro forze. Come stranieri trapiantati in un mondo completamente diverso, che devono imparare a conoscere e dominare con mezzi propri.
Verdun e Pierrot ci ricordano costantemente come i bambini vivano d'affetto. Per loro, la ricerca dell' amore predomina su quella del piacere, è il primo bisogno di cui cercano soddisfazione. Se si sentono circondati d' affetto, diretto verso di loro, ma anche tra di noi genitori, allora il mondo è bello, altrimenti è brutto. Per loro, e' l unica dimensione che conta.
Allora cerchiamo di farli sentire sempre amati, di condividere le loro preoccupazioni e le loro gioie, di guardare il mondo attraverso i loro occhi, e di guardare a noi stessi attraverso di loro.

Perchè i SB non cercano solo qualcuno che li capisca, ovviamente: ci chiedono di essere capaci allo stesso tempo di offrire spiegazioni e direzioni, di educarli, in altre parole.
Ci interroghiamo su cosa significhi educare i propri figli. Siamo bombardati da messaggi in proposito, da scuole di pensiero su atteggiamenti da mantenere, sui no che aiutano a crescere, sui giocattoli che aiutano a parlare, sul corso di teatro che li renderà più confidenti. Non c'è libreria o biblioteca che non abbia un cospicuo numero di scaffali dedicato a manuali sul tema.
Eppure, a guardare bene, pare che il tutto essenzialmente si possa ridurre a due cose; le scrivo qui, come un promemoria. La prima, fare tutto il possibile per dare ai piccoli i mezzi con cui evolvere, ciò che serve per crescere - esperienza e affetto, soprattutto. La seconda, dare di sè stessi un modello affettivo che possa non essere copiato, ma servire come punto di riferimento.
Credo sia importante che Verdun e Pierrot abbiano a disposizione materiali ed esperienze con cui scoprire e costruire sè stessi, la loro forza e i loro limiti. E che, indipendentemente dalle nostre convinzioni, noi possiamo rappresentare per loro un modello di cui possano imparare e accettare le parti piu importanti: la coerenza, l'onestà, la capacità di amare.

Si tratta insomma di un' impresa di proporzioni ciclopiche. Da cui l' incertezza, la confusione, la paura di sbagliare (e il relativo fiorente settore editoriale).
Eppure, è impossibile tirarsi indietro, e nemmeno desiderabile. In effetti, se con la tua piccola, costante presenza di Signore Bambino porti tanta bellezza ed entusiasmo nel mondo dei tuoi genitori, è il minimo che tu possa chiedere in cambio.