6.3.10

Thou shall be bilingual

Quando non sono in maternità, lavoro come insegnante in una scuola elementare di Westminster, nel centro di Londra. Insegnare in una scuola pubblica a Londra prevede, oltre a un atteggiamento di tipo missionario a causa dell' elevata percentuale di alunni provenienti da famiglie disastratissime, il contatto quasi esclusivo con bambini bilingui dalla nascita, che qua si definiscono EAL children (English as Additional Language). Io sono incaricata di una seconda elementare, quindi di bambini che hanno alle spalle solo un anno di istruzione formale in inglese, eppure sono in genere già quasi alla pari con i loro coetanei in termini di competenza linguistica. Nonostante le inevitabili difficoltà e aggiustamenti che richiede lavorare con questi bambini, mi piace questo tipo di ambiente scolastico, ho la sensazione che mi arricchisca molto, sia come insegnante che come persona. E ho maturato fede assoluta nel fatto che i bambini che parlano più di una lingua sino avvantaggiati rispetto ai monolingui, che la stragrande maggioranza degli EAL raggiunga una competenza linguistica uguale ai monolingui entro la fine della scuola primaria, che la flessibilità e la curiosità dei piccoli abbia la meglio sulle barriere linguistiche, blablabla...

Poi sono arrivati Verdun e Pierrot, e questa fede assoluta è stata messa in discussione, come spesso succede quando si affrontano questioni importanti a livello personale.Ho sempre incoraggiato i genitori dei miei alunni a parlare la loro lingua madre con i figli, lasciando i bambini liberi di scegliere come e quando usare le diverse lingue che hanno a disposizione; questo su esempio di insegnati più esperti di me e seguendo linee guida governative, basate, si suppone, su ricerca estesa.Quando aspettavo Verdun, però, questa sicurezza ha appunto cominciato a vacillare, e io e H abbiamo passato buona parte dei nove mesi a leggere tutto il reperibile sulla questione dell'educazione bilingue. Risultato: grande confusione.La letteratura in materia è vastissima, per larga parte aneddotica ed estremamente contradittoria. Del resto la questione è troppo estesa e soggettiva perchè esista una risposta univoca. Quando si parla di Signori Bambini e di apprendimento, è impensabile che un modello unico possa essere soddisfacente per tutti, dovrei saperlo bene. Ma diventare genitore per la prima volta fa un po' paura, e si tende a cercare risposte assolute - o almeno, a noi è successo.
(to be continued)

When I am not on maternity leave, I work as a primary teacher in Westminster, central London. Teaching in an inner London school requires, in addition to missionary espirit to face a majority of pupils coming from quite damaged families, contact amost exclusive with bilingual or multilingual children, that are known in school as EAL (English as Additional Language).
I am in charge of a Year 1 class, hence of children that have been in school for only a year, and yet most of them, almost all, have the same linguistic competence as their monolingual peers by the end of Year 1.
In despite of the challenges and difficulties involved by working with these children, I like my school environment, I feel as it is enriching me, both as a teacher and as a person. And I have developed absolute faith in the idea that multilingual children are advantaged compared to their monolingual pers, that they are able to reach the same linguistic competencies, that children's curiosity and flexibility is a powerful means to overcome linguistic barriers, blablabla...

Enter Verdun and Pierrot, and my absolute faith has been repeatedly questioned, as it often happens when important questions are dealt at a personal level.
I have always encouraged my pupils'parents to talk with them in their first language, leaving the children to choose when and how to use the diffent languages at their disposition; I have done that following the example of more experienced teachers, as well as government guidelines, supposedly based on extensive reasearch.
And yet, when I was pregnant with Verdun, this security started to tremble, and me and H spent a big part of the nine months reading whatever we could find on the subject of raising bilingual children. The result of all that reading being an extreme confusion.
There is a HUGE amount of literature on the topic, largely anecdotical and extremely contradictory. Besides, the question is too wide and subjective to be answered in a one-and-only way. When you are dealing with Signori Bambini and learning, universal models just do not work - I should know it pretty well.
But becoming fist time parents is scary stuff, and the tendance is to look for absolute answers - or this is what happened to us, anyway.
(to be continued)

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