2.6.10

Il cervello di mamma

Si discute, in Genitori Crescono, dell’ opportunità di inserire nel proprio curriculum professionale skills acquisiti attraverso l' esperienza della maternità o della paternità, vedi capacità di multistasking, problem-solving, teamworking, adattabilità a continui stravolgimenti di programma, estrema pazienza, raffinata comunicazione non verbale, capacità di resistere impassibili, per ore, davanti a soggetti ululanti, e avanti all'infinito, volendo.
Non è un idea strana, a pensarci bene: sono davvero abilità che si imparano solo sul campo, e che sono in genere immediatamente applicabili in tanti scenari professionali - mi sembra più significativo, per dire, che "5 anni nel Beinasco FC, ruolo: attaccante" - letto sul serio, qua non si inventa niente!

Il mio percorso è un po’ diverso, perché avendo sempre lavorato con bambini – come insegnante, istruttrice di nuoto, babysitter, organizzatrice di feste di compleanno da Mc Donalds – yes, yes!) certe attitudes and skills erano gia presenti in partenza – almeno sul curriculum : )
Ho comunque un' esperienza molto positiva in merito, che ho voglia di raccontare e di non dimenticare.
Sono rimasta incinta al penultimo anno di università, poi mi sono laureata comunque nei tempi previsti, proprio io che avevo cambiato indirizzo di studi mille volte, mai troppo convinta di stare facendo la cosa giusta: il miracolo è avvenuto in parte grazie ai salti mortali di H, in parte grazie alla presenza di Verdun che mi ha portata a concentrarmi su quello che facevo e a non perdere di vista i motivi per cui studiavo più di quanto non avessi mai fatto prima.
Freschissima di laurea ho iniziato a cercare lavoro. Non avevo scritto sul cv di essere mamma. Non saprei dire perchè, ma l'avevo omesso.
Durante la terza intervista è saltato fuori, in modo del tutto non programmato.
L' intervista aveva toni molto rilassati, le facce della direttrice e vice direttrice erano amichevoli, distese, e così quando mi hanno chiesto quanto pensavo di rimanere nella città in cui viviamo, Londra, io ho risposto: "Almeno qualche anno: mi piace l' idea che mia figlia cresca qui, che assorba quello che questa città ha da offrirle."
Ops. It slipped through.
Da lì abbiamo iniziato a parlare di come la forte presenza di bambini renda questa città un posto migliore, più allegro e vivibile, e di che tipo di vantaggi e svantaggi possano trarre i piccoli dal crescere in una metropoli. E di cosa possa rappresentare la scuola in una realtà come questa, come dovrebbe equipaggiare i propri alunni, quali dovrebbero essere le priorità.
E' andata a finire che sono stata assunta il giorno stesso, con contratto a tempo indeterminato, come insegnante in Year 1, proprio l' età a cui miravo.
Sono abbastanza sicura che Mrs M., la mia direttrice, mamma anche lei di tre ormai grandi, abbia valutato positivamente l' idea che avessi sulle spalle la responsabilità di crescere una figlia, con tutta la gioia, l' ansia, la frenesia e le abilità acquisite di cui sopra che questo comporta.
Le buone sensazioni che avevo avuto durante il colloquio sono poi state confermate, e, con qualche inevitabile ups and downs, la scuola si è rivelata un buon posto dove lavorare, sia in termini di rapporto con la staff che con i bambini.

Ecco qua: mi piace pensare le cose si stiano muovendo in questa direzione, in Inghilterra, in Italia, altrove. So che in realtà il riconoscimento dell'identità di genitore come un valore aggiunto sul mercato del lavoro è un traguardo ancora lontano, ma è importante che si diffonda piano piano una presa di coscenza in merito, sia da parte dei datori di lavoro che degli impiegati.
Non ne sono sicura, ma da quel che sento e leggo mi pare che le cose si stiano muovendo in questo senso. Chiaramente, non aiutano gli interventi alla marystar gelmini, che indicano come soluzione ottimale il ritorno al lavoro dal giorno zero, implicando un giudizio del congedo maternità come tempo perso - che tristezza. Se non altro, la sua intervista ha avuto la conseguenza di suscitare riflessioni in merito molto più equilibrate e – uhm – sensate (“sensible”). Per esempio, questa.

Questo post nasce anche dal fatto che in questo periodo stiamo dicendo addio a una serie di cose : dimissioni dalla scuola, chiusura del contratto con la nursery. Il trasferimento negli States è ormai sempre più reale e vicino, e comincia a prendere forma attraverso queste rinunce, questi piccoli addi: sono giorni un po’ malinconici, carichi di dubbi, nostalgici a priori. Ci sono già passata, cinque anni fa: spaventa, e poi passa. Don’t think twice, it’s all right.

7 comments:

  1. Sono convinta del fatto che la maternità aggiunga molto e non tolga alle capacità e competenze di una donna nel mondo del lavoro. Perchè sono convinta che aggiunga molto ad una donna,al suo carattere e alla sua personalità. Credo che ci aiuti a sdrammatizzare di più e ad organizzare meglio il tempo, in generale. E queste due caratteristiche trasportate nel mondo lavorativo sono una grande ricchezza. Purtroppo per tanti che riescono a vedere questo plus ce ne sono altrettanti che guardano solo al minus. Ne ho conosciuto qualcuno di questi che guardano solo al minus e purtroppo e incredibilmente anche donne. Per fortuna li ho tutti persi per strada. Il problema è che bisogna dimostrarlo continuamente questo plus e poi già pacche sulle spalle e complimenti quando ci riesci e dimostri che la prole da e non leva al tuo capo e ai tui colleghi. Piano, piano. Tanto siamo pazienti,no?!

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  2. Secondo me, non è un caso che il lavoro che ha valorizzato il tuo essere mamma sia stato quello di insegnante. Essere genitore è sicuramente un plus quando ci si trova a lavorare con le famiglie, che tu sia insegnante o assistente sociale o medico di base, ecc.
    Il problema in Italia è che chi fa queste professioni di solito non viene selezionato sulla base di un colloquio in cui può esprimere le proprie motivazioni: spesso in Italia sono decisive le nozioni e niente di più, perché proprio le professioni che dovrebbero essere più umane vengono assegnate in modo disumano.
    In bocca al lupo per il trasferimento!

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  3. ...quindi vi rasferite?

    Che meta avete scelto?

    Un saluto e un sorriso!

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  4. ...bello sentire una voce postiva in questo ambito. in giro se ne sentono poche. Mi piacerebbe scriverti in privato. Hai una mail? la mia è amodomiomaggie@gmail.com

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  5. Ciao, scusa se non passo mai. E' stato un periodaccio, infatti mi sono ammalata. Ma adesso voglio riprendere la mia vita normale...
    Interessante la tua esperienza, purtroppo in Italia le cose girano un po' diversamente. In UK anche avere il part time è molto più facile e infatti ora c'è il baby boom da noi invece...
    baci e in bocca al lupo per il trasferimento in US :-)

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  6. @nuvola: avevo dimenticato la capacità di sdrammatizzare, uno skill largamente sottovalutato (e duramente messo alla prova dai pargoletti)!

    @lanterna: mi sono resa conto di quanto sia inadatto il sistema di assunzione attraverso graduatorie proprio cercando di spiegarlo alle mie colleghe, che praticamente non riuscivano a capire di cosa parlassi : "Ma come, ti devono assumere senza neanche vederti?", "Come fanno a controllare che lavori bene" , ecc.
    Non che il sistema inglese sia del tutto flawless, però è un po' più sensato

    @extramamma: tutto vero. va detto però che la pseudo-minoranza muslim dà una notevole spinta al babyboom :)

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  7. Ciao Elle.

    Ti leggo da un po', anche se non ho bambini: mi piacciono molto il modo in cui scrivi e gli stralci londinesi che mi regali.

    L'idea che l'identità di genitore possa costituire un valore aggiunto nel mondo del lavoro, però, mi sembra un po' rischiosa...almeno in Italia, dove si organizzano le parate del Family Day e si boicottano i Di.co (che pure per le coppie di fatto proponevano una pari dignità annacquatissima).

    Il fatto di essere genitore non deve e non può costituire un discrimine (come nessun altro fattore, in nessun caso), cosa che purtroppo spesso avviene, ma secondo me non può neppure rappresentare di per sè un valore aggiunto: sarebbe tornare al mito della famiglia come bene supremo a prescindere, all'idea che, solo per il fatto di avere un figlio, una donna madre abbia una completezza maggiore rispetto a una donna non madre.

    So che non stavi propugnando la supremazia della mamme sulle non mamme e so che nella realtà una donna che ha o che vorrà avere dei bambini, a un livello più o meno sotterraneo, viene quasi sempre vista dal datore di lavoro come un peso...

    Diciamo che, nel mio mondo ideale, certe doti (l'acume, la capacità di avere pazienza, la tolleranza, la malleabilità, l'adattabilità, l'empatia), quando presenti in un individuo, dovrebbero costituire un consistente quid in più, a prescindere dalla loro provenienza...

    Ma parliamo di Utopia!

    Un grande in bocca al lupo per la nuova vita oltreoceano...

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