22.7.10

Attitude matters

In passato ho studiato come si definiscano "veri bilingui" i bambini esposti a una seconda lingua entro i tre anni, e come questo sarebbe scientificamente giustificato dal fatto che usano la stessa zona del cervello per immagazzinare informazioni su entrambe le lingue in uso. Se invece l' aquisizione avviene dopo i tre anni, si attivano altre aree del cervello, per cui la seconda lingua non raggiunge la stessa fluidità.Ok.

In seguito al nostro soggiorno in Francia mi sento in grado di aggiungere un corollario a questa teoria (secondo me comunque abbastanza discutibile): forse dopo i trent' anni è meglio lasciar perdere del tutto ;)
Mi è venuto in mente osservando H alle prese con il francese - un caso disperato.
Boh. Sarè che io il francese lo parlo da tanti anni, ho vissuto un anno nella sauvage Auvergne, sogno di vivere a Parigi un giorno o l'altro, e, dato non trascurabile, ascolto il piemontese da quando sono nata, ma a me sembre una lingua abbastanza immediata.
Ovviamente sono stata smentita. H si blocca sulla distinzione fra i fonemi u, ou e eu: chi mastica un po' di francese capirà che non è un indizio che faccia sperare in bene. Perdipiù, overconfident del suo inglese, pretende di parlarlo dappertutto, sbagliando. 'Che si sa che i francesi, specie se camerieri, anche se magari l' inglese lo sanno, tendono far finta di no, e soprattutto a ignorare palesemente qualunque richiesta che non avvenga nella loro lingua. Bisogna prenderli cosi, fa parte del folklore locale.

In proposito è stato illuminante l' incontro in un parco giochi di St-Malo con l' amico Bastien, seienne, per cui Verdun ha avuto una folgorazione. Quando ha scoperto che venivamo da Londra, Bastien si è illuminato, e ci ha spiegato che a scuola aveva imparato l' inglese. Sfortunatamente intanto Verdun era entrata in una fase di mutismo - come sempre quando ha a che fare con bambini più grandi.

Si è sbloccata quando lui le ha proposto di giocare a nascondino, ma quando lei ha iniziato a contare
"One, two, three..."

Bastien l 'ha fermata per puntualizzare:
"Non! C'est one, two, frì."

"Ehm, no, amico Bastien, è proprio one two three..."

"Bah, non , vous vous trompez , en fait c' est one, two, frì."

Così. Lapidario e vagamente condiscendente. Ho finito per dargli ragione, chiaramente.

Da cui si deduce che non è che i francesi non riescano a pronunciare determinati suoni, ma che proprio, fin dalla più tenera età, credono di essere dalla parte del giusto. Il potere dell'allure.
Del resto, il bello dell'inglese è che ognuno lo parla un po' come gli pare.

3 comments:

  1. Io non capisco un acca di francese ma masochisticamente mandiamo l'ometto ad una scuola inglese-francese! Considerato che l'inglese lo parliamo, come dici tu, 'un pò come ci pare' forse abbiamo speranze di interagire con il piccolo. Sul francese, dovesse prendere piede saremmo rovinati!Toccherà cominicare a studiarlo...:-)

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  2. hihihihi!! allora il bilinguismo di verdun sta avendo successo!
    bravi bravi, non c'é che dire!

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  3. Bellissimo, l'ho postato su FB. Certi condizionamenti culturali sono stupefacenti, a noi ci tocca l'arte di fregare il prossimo ai Francesi il complesso di superiorità. Culture or nurture? La seconda secondo me...
    L.

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