Lunedi prossimo è festa nazionale: il Presidents' Day. La data, da quanto ho capito, è stata stabilita un po' a casaccio, inizialmente per ricordare i compleanni di Washington e Lincoln, poi col tempo è diventata un' occasione per celebrare tutti i presidenti degli Stati Uniti. Si fa sul serio, comunque: scuole chiuse, H a casa dal laboratorio, tante bandierine a stelle e strisce.
Nella zona bambini della biblioteca ci sono i disegni da colorare con le facce dei presidenti più famosi, e l' espositore è pieno di libri sulla storia americana e autobiografie di uomini politici.
Mi sono ritrovata stamattina a contemplare il display con mixed feelings: in parte affascinata da tanto entusiasmo per la propria storia nazionale, in parte scettica riguardo all' apparente scarso approccio critico, in parte vergognosa della mia ignoranza in materia di storia americana, lacuna da colmare al più presto. Poi ci sarebbe il confronto impossibile con il modo italiano di percepire e ricordare il proprio passato storico e politico, ma questo è il genere di domande che apre voragini di questioni.
Per fortuna arrivano i bambini "second generation" della mia amica italiana a fare un po' di chiarezza. Il piccolo, due anni, prende un librone con Washington in copertina e chiede alla mamma:
"Chi è quetto?"
"Mmm...un presidente."
Interviene il fratello grande, cinque anni, prima elementare:
"Si mamma, ma è soprattutto un eroe!"
Il piccolo, visibly impressed , dice "Oh!" e dà un bacino al disegno di Washington.
Verdun osserva registrando per bene, ancora un po' incerta su quale sia la domanda da fare.
Onde evitare ulteriori richeste di approfondimento, i bambini vengono dirottati sul parcogiochi fuori dalla biblioteca. Verdun però prima di uscire afferra un disegno di Lincoln che colorerà a casa in stile Warhol, commentando:
"Assomiglia un po' a nonno"
Happy birthday Abe!