26.3.11

Laundry time

Com'è noto ai membri del club, trai privilegi riservati ai genitori di bambini piccoli rientrano le sveglie all'alba il sabato mattina. Chi mi ha conosciuta come "il bradipo" o anche "il ghiropardo" sa che questi risvegli anticipati e con zero margini di carburamento fanno abbastanza a legnate con la mia natura. Non che ai SB importi granchè, della mia natura.

Va detto che i pargoletti affrontano il resto della settimana in modalità single parent, cioè relativamente pacifici e gestibili; ma è chiaro che aspettano con ansia il weekend per avere due adulti da sfiancare a disposizione. Recentemente, Verdun ha iniziato a svegliarsi il mercoledì chiedendo:
"Oggi è saturday?"
"No."
"Allora possiamo andare noi a trovare papà al lab!!"
"Eh. Non vedrà l'ora."
"Cos'hai detto?"

Comunque, è ovvio che tante aspettatative non possono tollerare nessun tentennamento sull'ora della sveglia: il weekend bisogna farlo iniziare il più presto possibile, intorno alle sette, in genere (e si dice che c'è chi sta molto, molto peggio ).

E' difficile cogliere il lato positivo della faccenda finchè non si va a vivere nel Paese delle Lavatrici Condivise: dodici per centoventi appartamenti (cose che ti fanno riflettere sull'opportunità di tutte le prediche sull'importanza dello sharing con cui martelli i figli dalla mattina alla sera).
E' così che ti ritrovi nella laundry room, con l' amica J anche lei mamma di un unenne, occhi a puffo e sorriso arcigno, gongolanti per essersi accaparrate le ambite lavatrici&asciugatrici del sabato mattina. Davvero, ci si aggrappa a tutto.

16.3.11

Sanità ullallà

Insospettabilmente, i Signori Bambini sono amanti degli estemi, à la Manolo. Solo che al free climbing preferiscono le ebbrezze della quotidianità, per esempio sperimentare sulla propria pelle il dibattito sanità pubblica vs sanità privata.

Verdun e Pierrot nascono e crescono a Londra, in balia di un sistema sanitario pubblico che a leggere i titoli del Sun sarebbe in bancarotta da vent' anni; è probabile che sia un'esagerazione, ma di sicuro il proverbiale british understatement viene applicato con una certa spietatezza, anche sui piccoli. Dal parto
("Signora, ha partorito dodici ore fa, è andato tutto bene, adesso può anche andare a casa e lasciare il letto a chi ne ha bisogno"),
al pediatra che è consoderato uno specialista e quindi irragiungibile, alle visite in ambulatorio, altamente scoraggiate dalle inflessibili centraliniste
("Se non ha la febbre più alta di trentanove da almeno quattro giorni, è inutile portarlo qui."
"Nel senso che viene il dottore a casa?"
"No, nel senso che potete comprarvi il paracetamolo da boots senza telefonare e occupare inutilmente la linea."
"Of course.")

Così. Io non sono mai stata visitata da un dottore inglese, per dire, neanche durante le gravidanze che sono del tutto affidate alle temibili midwives. Il medico della mutua ha visto i SB un paio di volte, dove "visto" va inteso non come visitato, ma nell' accezione "dato un' occhiata da sopra il computer in cui stava inserendo i dati, intimando di non ripresentarsi se non fosse successo qualcosa di palesemente grave".
Bisogna dire per completezza che una volta il medico dell' ambulatorio ha regalato a Pierrot un campioncino di soluzione salina per il naso; sfortunatamente, risultava scaduto da un anno. Oh, bel pensiero, però. Non credo neanche che l' avesse fatto apposta.

Poi ti trasferisci ad appena settemila chilometri, e sbatti il naso contro l' estremo opposto. Sbarchiamo negli States ad Ottobre e facciamo l' assicurazione medica: una mezza scommessa sulla salute
"Che copertura scegliamo, alta media o bassa?"
"Mah, siamo giovani e forti, facciamo la media, 'che a far la bassa sembra di gufarsi un po' addosso."
"Vada per la media."
Segue un periodo che verrà ricordato come "Il Miracoloso Inverno Duemilaeundici", in cui l' unico ad ammalarsi è il pater familias, e i Signori Bambini, credendolo in vacanza, vanno a saltare sul letto in cui lui agonizza. Rimpianto generale per non aver puntato sulla copertura bassa.

Poi, domenica scorsa, l' incidente: Pierrot ha qualcosa nel pollice della manina, una scheggia o un pungiglione. La togliamo e il problema sembra risolto, finchè stamattina non si sveglia con il pollice gonfissimo e giallo fosforescente. Ogni tentativo di esaminargli l' arto viene respinto con un ringhio, interpretabile come "Strega! Non azzardarti a toccarmi la manina!".
E' così che finiamo alla Children's Clinic. Quello che, in base alla mie esperienza precedente, immaginavo sarebbe stato un intervento di cinque minuti con un'infermiera che buca il blister e mette un po' di disinfettante, si è trasformato in una visita di quarantacinque minuti, in cui Pierrot è stato visitato da due pediatri, che dopo essersi consultati hanno deciso di non bucare "per non traumatizzarlo", optando invece per una pomata magica che avrebbe dovuto indurre uno sgonfiamento indolore.
Intanto però si sono accorti che Pierrot aveva il naso chiuso, perciò hanno performed un esame di orecchie, naso e bocca completo, con strumenti che i SB non avevano mai visto in vita loro. Inquietati da un apparente eccesso di muco nei bronchi, hanno controllato l' ossigenazione, che è risultata a un livello soglia. Al che hanno proposto di ricoverarlo in osservazione per un paio di giorni.
"Ma io ero venuta per una pustola!"

Rassegnati alla scarsa cooperazione materna, gli hanno prescritto un antibiotico. Si sono un po' insospettiti quando ho dichiarato di non sapere se Pierrot fosse allergico a qualcosa, perchè l' antibiotico non l' ha mai preso - neanche Verdun, a dirla tutta: abbiamo sempre aspettato che passasse, per evitare le occhiate patetiche del british practitioner.
Alla fine abbiamo pagato venti dollari e siamo tornati a casa, con l' antibiotico e la pomata magica, e la promessa di tornare tra due giorni per controllare l ossigeno.
Conclusioni? Pro e contro, di qua e di là del pond. L'ideale sarebbe la cara vecchia via di mezzo, apparentemente irrealizzabile.
La buona notizia è che la pustola gialla si è poi dissolta spontaneamente nel bagnetto (charming, I know). Sollievo generale. La pomata magica dovrà attendere la prossima scheggia.

10.3.11

Corsa ad ostacoli (for beginners)











Why wasting time going all the way down to the playground when you have all-inclusive athletics fields right around the corner, all for yourselves? A hurdle tunnel, a sandpit, some mats, a few hundreds square metres of tartan, that's all we need. And some sunscreen.

2.3.11

Signor Nonno

Il bambino nella foto è mio nonno. Mio nonno oggi compie novant'anni. La mia famiglia osserva da sempre il rito di far finta di non ricordarsi dei compleanni, ma essendo lontanissima da casa posso allegramente ignorare tradizioni familiari e understatement torinese, e trafficare invece un pomeriggio intero con Verdun e Pierrot per preparare un biglietto di auguri.

Mentre traffichiamo, racconto ai Signori Bambini di quando mio nonno mi ha portata a scegliere un regalo per il mio complenno numero sette: in un negozio di giocattoli che ricordo enorme, avevo visto un coniglio bianco della trudi, ma non avevo detto niente perchè temevo che costasse troppo. "E noi non lo diciamo a mamma", aveva detto mio nonno, leggendo quel desiderio in uno sguardo. "Fin quando non ti stanchi, tu sei un bambino coi capelli bianchi", diceva una hit dello zecchino d'oro dell'epoca: mio nonno sembrava sapere bene cosa volesse dire essere piccoli. Ho gli occhi lucidi, ma sono lacrime agrodolci: c'è il ricordo ancora vivo dell'eccitazione e della gioia pura per quel regalo eccezionale, il senso profondo di gratitudine per avere avuto vicino una persona tanto sensibile, e la tristezza per non poter essere più vicina, almeno oggi, anche solo a far finta che non sia un giorno speciale.
Risuona il tasto dolente del fatto di privare i Signori Bambini di conoscere i nonni, di ricevere quell'affetto speciale, nella mia esperienza ancora più incondizionato e assoluto di quello dei genitori - anche se forse è solo una questione di percezioni: forse è solo che quando la bambina ero io, i nonni mi sembravano meno occupati a preoccuparsi e più a godere della nostra compagnia reciproca. Ci saranno altre opportunità, altre esperienze per Verdun e Pierrot, ma questo rimane l'aspetto peggiore del crescere i figli lontano dall'Italia.

Dopo aver finito il nostro bigliettino di auguri, guardiamo sul computer le foto scattate insieme al bisnonno l' ultima volta che siamo stati a Torino, e la vecchia foto in bianco e nero in cui il bisnonno aveva piu o meno l' età di Pierrot, e tendeva la manina perchè per farlo stare fermo gli avevano promesso un biscotto facendolo sventolandoglielo davanti (non erano proprio delle stelle della psicologia infantile, negli anni '20).
Tra una foto e l' altra, novant' anni di vita. Mio nonno vive nella casa in cui è nato, e di quella casa dove ho passato tante giornate ho dei ricordi molto cari. In quella casa io e mio nonno abbiamo giocato insieme all' autobus, rannicchiati sotto il tavolo del salotto. Abbiamo letto ad libitum le storie dei sette capretti e della rapa; ha inventato apposta per me e i miei fratelli le storie dei tre orsetti. Abbiamo guardato il Mago Pancione e Là sui monti con Annette. Abbiamo fatto insieme le divisioni in colonna e i cruciverba del Giornalino. E quando sono cresciuta, negli anni in cui la vita sembrava irrimediabilmente intricata, nella casa di mio nonno ho sempre trovato un'oasi di serenità.
Vorrei poter passare di lì oggi, ma non è possibile. Allora mi piace immaginare mio nonno in cucina, seduto al tavolo con la nostra ultima lettera e il disegno dei Signori Bambini: voglio pensare che gli ricorderanno che, in questi giorni in cui la lucidità sfugge e le giornate passano lente, ha intorno tante persone che gli vogliano bene, che hanno trovato in quella cucina l'appoggio e il coraggio per fare passi importanti, che gli sono profondamente grate. Spero che arrivi il nostro affetto, anche da lontano.