29.4.10

Big sis'

Procede, molto a rilento, lo svezzamento di Pierrot. Placcato nella sua sdraietta, attende che la madre prepari latte e baby rice, e frulli la pera. Intanto urla come un disperato, inducendo nella cuoca accelerazione cardiaca e sudore alle mani, che non aiutano quando si ha a che fare con polveri e misurini.
Verdun invece entra immediatamente in modalità "udito selettivo": apparentemente imperturbata dalle urla del fratello, continua a giocare con le sue bambole. Ogni tanto però alza lo sguardo e gli rivolge un empatico:
"Ooo ciò, ooo ciò..."
(Lo so, lo so - ci sono passata anche io)

Gli da un bacetto sul cranio livido di furore, e poi torna a concentrarsi su Dog, Boy, Bà e Nini, che sono i suoi bambini e la fanno sempre disperare, nonostante vengano educati da Verdun con metodi rigidissimi che neanche Gina Ford

Altrove nei blog ci si interroga sull'effetto dell'arrivo del fratellino sul primogenito, preoccupandosi di quanto il grande potrebbe sentirsi amato di meno o trascurato, reagire male...

E' tempo di spezzare una lancia a favore di 'sti poveri secondogeniti (ma anche terzogeniti e seguenti): da quando è arrivato Pierrot, voglio più bene anche a Verdun. Credo sia perchè la guardo non piu solo come una bambina piccola, dipendente dall'autorità adulta, ma anche come persona che si relaziona con un altro bambino, con qualcuno al suo livello, o comunque relativamente vicino.
Lei sta svelando un lato tutto nuovo della sua personalità, generoso e altruista nei confronti del piccolo, che evidentemente percepisce come ancora più fragile e indifeso di lei. E' delicata, quasi materna: cerca di prendersene cura come può, nel tempo che le rimane a disposizione quando non è impegnata a crescere e corazzarsi lei stessa.
A volte cerca di insegnargli dei giochi: di recente ne ha inventato uno che chiama "Butti giù". Le regole del "Butti giù" sono piuttosto semplici: consiste nel cadere dal lettone di proposito al rellentatore, praticamente a quattro zampe, senza fracassarsi la testa.
Verdun ha perfezionato queste finte cadute con infinite sessioni di pratica, è adesso sembra intenzionatissima a insegnarle al fratello (tanto interesse a sviluppare questi skills potrebbe essere giustificato dal fatto che entrambi i pargoli sono caduti dal lettone nei loro primi giorni di vita, in un tentativo di co-sleeping poi rapidamente abbandonato).
Il giovane Pierrot non è ancora ovviamenete in grado di cadere dal letto per finta, ma intanto osserva la sorella con devozione e palese ammirazione, che esprime buttando lì sillabe a caso, babebadadebadè. Non c'è verso di annoiarsi, in questa casa.

24.4.10

Watching TV: ad memoriam (continued)

Ancora un paio di considerazioni si questi ultimi tre anni passati senza tv.

La prima, è che non mi è mai, proprio mai, mancata. Non ho mai avuto nè voglia nè tempo di accenderla, ed è una cosa che mi ha abbastanza stupito. Sono anche diventata un po' intollerante, nel senso che quando vado a trovare i miei genitori in Italia e la sento accesa, ad esempio mentre si mangia, mi infastidisce parecchio. Ma non dico mai niente, perchè ho mangiato con la tv accesa vent'anni senza fare una piega, quindi è chiaro che è solo questione di abitudine.

La seconda conclusione, che bilancia un po' quanto detto fin qui, è che vivere senza tv in casa nel 2010 non è la scelta radicale che poteva essere venti o forse anche solo dieci anni fa. Quando, per dire, i bambini provenienti da famiglie senza tv sfoggiavano in genere anche terrificanti maglioni fatti a mano dalle madri e come merenda per l' intervallo, al posto del soldino mulino bianco, avevamo una fetta di torta incartata nel domopack - o addirittura un frutto, quasi una blasfemia nei cupi anni '80.
Comunque: un sacco di roba che una volta si sarebbe vista in televisione oggi si può guardare via computer. Nel nostro caso: cartoni animati su you tube (Peppa Pig, Pocoyo e Pimpa rule), film (raramente un INTERO film in una botta sola, troppo sonno arretrato), serie americane (al momento, oltre all'ovvio Lost e al quasi incoffessabile Gossip Girl, siamo infognati con Mad Men), a volte persino puntate di programmi italiani (H, ad esempio, ha una specie di necessità fisiologica di vedere periodicamente Santoro e indignarsi un po').

Resta il fatto che la tv in casa non c'è, il che per una cresciuta a pane e candycandy come me è un turnover abbastanza imprevedibile. Magari non definitivo, ma comunque un' esperienza interessante.
Il tavolino ikea che ospitava il televisore è stato immediatamente occupato da mercanzia varia dei Signori Bambini; all'occorrenza, può trasformarsi in tavolo per disegnare, vagone della metro, cassa di tesco, aereoplano, ristorante chez Verdun. La donzella è un po' carente in vocabolario, ma recupera in immaginazione.

23.4.10

Watching TV: ad memoriam

Sento parlare in giro della National Turn Off Your TV Week, e mi scappa un sorriso pensando al nostro televisore. Me lo immagino in cima a una pila di rottami varii in una discarica nelle Midlands, ma è piu probabile che, nel corrente spirito liberal-green-democrat, sia già stato smantellato, reciclato e trasformato in pratiche lattine di chicken soup with rice. Magari ho un pezzo di tv in frigo, chi può dirlo.

Il televisore infatti l' abbiamo buttato via tre anni fa, proprio nel senso letterale del termine. Una notte, abbiamo atteso l' ora più buia, ci siamo incappucciati stile Macchia Nera (le precauzioni non sono mai troppe! Viviamo in zona congestion charge, praticamente ci sono telecamere ovunque), e l' abbiamo abbandonato vicino ai cassonetti della spazzatura.
Mi rendo conto che sia stato un atto abbastanza vandalico, ma l' alternativa sarebba stata cercare il numero del council, chiamare cinquanta volte prima di trovare la linea libera, farsi mandare il paperwork, mandare la richiesta per l' omino specializzato che avrebbe dovuto chiamarmi per mettersi d' accordo su quando passare... non un'alternativa realistica, insomma.

L' avevamo comprato, quel televisore, pieni di buone intenzioni, appena sbarcati in UK. L' avevamo trovato su ebay per cinque sterline, in pratica avevamo speso di più di metro per andare a recuperarlo. Eravamo finiti in zona cinque, l' ultima fermata della linea nera: all' uscita della stazione la sensazione era piu da villaggio texano abbandonato che da Londra. Avevamo temuto che fosse una presa in giro, invece l' indirizzo era giusto: ci aveva ricevuto un indiana molto anziana, che non aveva nessuna intenzione di provare a parlare inglese - neanche hello, intendo; le anziane indiane possono essere piuttosto radicali in questo.
Comunque, la signora aveva telefonato alla figlia, english speaker e presumibilmente autrice dell'annuncio su ebay. Era seguita una timida contrattazione, del tipo:
"Saremmo venuti a prendere la tv."
"Ah si, potete date le sei sterline a mia madre."
"Ma, veramente su ebay c' era scritto cinque..."
"Ok, allora cinque. Vi serve anche un frigo?

A gesti, l' anziana aveva tentato di comunicarci che erano in vendita svariati altri elettrodomestici - tutto sotto i five pounds - di cui purtroppo non avevamo bisogno; all'epoca, vivevamo in un residence universitario. Un peccato.

Contraddicendo tutte le aspettative, questo gioellino dell' elettronica fece il suo dovere per circa due anni.
Eravamo fuori casa, all' università, praticamente tutto il giorno, ma alla sera spesso accendevamo la tv. Non si trattava di un'attività ludica, o di mettere il cervello in stand by, come quando in italia lasciavo acceso, per dire, su Un posto al sole.
Innanzitutto, perchè qualunque cosa vista in inglese senza sottotitoli richiede concentrazione. Potrei vivere qui per il resto della mia vita, e sono abbastanza sicura che non raggiungerò mai il livello di comprensione immediata che ho in italiano. Perciò anche guardare East Enders, che possiamo appunto paragonare alla soap napoletana, però ambientata nell' East End di Londra, richiede uno sforzo cerebrale probabilmente maggiore di quello richiesto agli autori dei dialoghi. E questo è un pensiero piuttosto fastidioso per un potenziale telespettatore.
Seconda questione: la programmazione. Qualcosa si salva, ovviamente, ma, telegiornali a parte, la stragrande maggioranza del palinsesto delle reti pubbliche (dopo che avevamo comprato la tv per cinque sterline, installare sky sarebbe stato incoerente - nonchè impossibile, visto il modello anni settanta) si divide tra reality show, reality show che coinvolgono celebrities, e gli inquietanti programmi a tema investimenti immobiliari, che sono una fissazione assoluta dell'inglese medio e meritano decisamente un post a parte. Da non dimenticare, per la sezione sport, i tornei di cricket e quelli di freccette - se pensavate che il tennis fosse noiso, think again.

Insomma, anche nella vita pre-Signori Bambini, non eravamo granchè come teledipendenti (questo discorso riguarda strettamente la mia vita in UK; in Italia, al contrario, ho sempre spento il cervello davanti a un sacco di boiate senza troppi ripensamenti).
Poi, con l' arrivo di Verdun, abbiamo smesso definitivamente di accendere la tv: specilamente nel suo primo anno di vita, il tempo libero era devoluto a recuperare un po' di sonno, a studiare o anche solo ad apprezzare il silenzio; guardare la tv era proprio l' ultima cosa che ci passava per la testa.
E così, un po' per creare spazio nel nostro minuscolo flat, un po' per risparmiare sulla bolletta, abbiamo finito per buttarla via.

(to be continued)

17.4.10

Adapt and survive

Rileggendo l' ultimo post, mi sono resa conto che tendo sempre più spesso a chiamare gli oggetti che hanno a che fare con i Signori Bambini per nome: ne parlo come se fossero i miei migliori amici, praticamente li ho antromorpofizzati. Pessimo segno.
(ricordo di aver sentito tempo fa qualcuno dire: "You do not become an infant just because you have one"; chiaramente, era un qualcuno senza prole)
Comunque, nel caso del phil & ted, il doppio passeggino ritratto nell'ultima foto, tanto entusiasmo è quasi giustificato. Mi spiego.

C' era una volta un'antica civiltà in cui, quando nasceva un bambino, il fratello maggiore veniva scalzato dal passeggino senza troppi complimenti per fare posto alla nuova creatura. A quel punto non gli rimaneva che arrangiarsi a trovare un modo di muoversi autonomamente, camminando, correndo, strisciando, and so on. Così andò, ad esempio, per i miei fratelli, che hanno due anni e tre mesi di differenza.

Tra Verdun e Pierrot passa lo steso intervallo di tempo: tuttavia, Verdun è figlia dei suoi tempi, cresciuta nella metropoli, figlia di due disperati che, avendo rinunciato alla macchiana, si ritrovano a percorrere a piedi distanze notevoli; e soprattutto, è estremamente pigra, e testarda come un mulo.
Quando ero incinta e cercavo di immaginarmi in giro per Londra con i pargoli, mi sono resa conto che le probabilità di ritrovarmi con Pierrot sul passeggino e Verdun piantata in mezzo al marciapiede perchè non voleva piu camminare erano piuttosto alte, così ho ceduto all'acquisto del doppio passeggino.

Esistono tre tipi di doppio passeggino. Ma non è stata una scelta difficile, perchè:
- quello con due passeggini attaccati uno di fianco all'altro non permette un ingresso rapido ed elegante da starbucks, che è praticamente la nostra seconda casa
- quello con due passeggini attaccati in fila, uno dietro l' altro, mi inquieta solo a guardarlo, perchè attenta come sono, al primo semaforo mi sarei dimenticata di avere 'sta locomotiva davanti e mi sarei fatta tranciare via almeno un figlio dal primo bus di passaggio
-non restava quindi che l' opzione 3: quello con due seggiolini uno sopra e uno sotto, modello brevettato da due neozelandesi, phil & ted, appunto, che possiamo ragionevolmente supporre plurimiliardarii.

Il phil & ted costa una barca di soldi; praticamente, per dare un senso alla spesa dovrei fare altri cinque figli. Eppure qui a Londra, dove far figli molto vicini sembra sia piuttosto trendy, a guardarsi in giro nei parchi, di phil & ted se ne vedono un infinità.
La spiegazione è abbastanza semplice: il marketing di questa simpatica coppia di neozelandesi - kiwi li chiamano qui (?) - si basa sul fatto che quando hai due bambini in età da passeggino saresti pronto a sborsare praticamente qualunque cifra in cambio di qulacosa che ti renda più facile la vita, e, in particolare, il trasporto della prole.
E la loro idea funziona, funziona bene. Il passeggino può apparire ingombrante, ma è leggero e ultra maneggevole. Si piega facilmente, attccare il telo antipioggia è facile, insomma, un passeggino for dummies.
Chiaramente il fratello piccolo, nel nostro caso il giovane Pierrot, crescerà con una visione del mondo periferica. Ma essendo appunto nato per secondo, ha già capito di essere destinato a sviluppare una certa capacità di adattamento alla situazione che magari a Verdun non era richiesta. C'est la vie.
Del resto, il motto del brand phil & ted è "Adapt and Survive". Forse è questo che mi ha convinto più di tutto: se non altro, sono nello spirito giusto. Adattamento e sopravvivenza credo siano un po' le linee guida di qualunque famiglia con bimbi piccoli - e non sono sicura che col tempo la situazione diventi più facile. Intanto, lunga vita a phil & ted.

11.4.10

Nè carne nè pesce

Alla rispettabile età di sei mesi e mezzo, Pierrot sta attraversando un periodo un po' strano: non è più un tiny baby indifeso e impotente, e non è ancora il toddler che vorrebbe diventare.
La palestrina è diventata piccola, il babybjorn stretto, guardare il mondo da sdraiati è ormai roba da dilettanti. Rotola da un lato e dall'altro, striscia come un marines ("commando crawling", lo chiamano qui) a velocità piuttosto sostenute, ma di andare a quattro zampe non se ne parla ancora. Cerca di stare seduto, con scarsi risultati: però si ostina, ci riprova. Ha un sacco di energia che non sa bene come usare; appare un po' frustrato.
Osserva i movimenti della sorella con infinita ammirazione: vorrebbe seguirla, fare quello che fa lei, mangiare quello che mangia lei, ma è ancora molto presto. Si accontenta di copiarla come può: quando lei gli parla fa un sacco di versi strani, se lei ride ride anche lui, se lei fa i capricci anche lui si incupisce. Cerca di trovare un senso a quello che gli sta intorno, ma gli sfugge.

Nè carne nè pesce: una sorta di preview dell' adolescenza. Lui la affronta con la sua consueta verve, sempre sorridente, solo la sera chiede un po' più di attenzioni, un bagnetto più lungo, stare in braccio fin che non crolla di sonno, e di fatica.
Quando Verdun aveva la sua età, ero sempre sul chi va là per qualche segnale di progresso, per un'anticipazione di un qualche stadio successivo. Questa primissima infanzia di Pierrot invece la sto vivendo con più serenità, consapevole che basta alzare lo sguardo dalla concretezza della quotidianità, per vedere questi Signori Bambini bruciare le tappe a una velocità folle, ogni giorno una nuova milestone.
Comunque, per soddisfare questa nuova voglia di fare e vedere del piccolo, sabato abbiamo cambiato l' assetto del phil & ted (il passeggino a due posti, uno sopra uno sotto) da toddler+baby a toddler+toddler. Poco dopo la foto, però, Pierrot è tornato nel marsupio: nell'incertezza, qualche volta gli piace ancora fare il pesciolino.


8.4.10

(Health) visitors (continued)

Raccontavo nel post precedente che la missione segreta dell' health visitor, simpatica figura professionale very british a metà strada tra l' infermiere e l' assistente sociale, è controllare che la giovane madre non covi tendenze suicide.
Dopo due settimane di agguati a domicilio con falsi pretesti di controlli neonatali, all' ultima visita l' health visitor si toglie la maschera e sottopone la puerpera a un test della depressione basato su domande del tipo: quante volte hai pianto negli ultimi giorni, per quante ore, descrivi il tipo di pianto...
Quando Obi (il nostro health visitor) mi ha interrogata per la prima volta, dopo la nascita di Verdun, ho pensato che si riferisse alla bambina, non a me, cosi abbiamo dovuto ricominciare daccapo.
Mi sembrava assurdo che indagasse su quanto piangessi IO: Verdun deve il suo nome al fatto che ha passato i suoi primi tre mesi di vita a urlare in continuazione, ci mancava solo che mi mettessi a piangere anche io. Poi, leggendo di qua e di là, ho scoperto che esiste effettivamente una situazione puttosto diffusa di malessere/depressione/babyblues post-parto, quindi probabilmente è un bene che ci sia un servizio del genere offerto a chi ha bisogno di sostegno.
Solo che io non ne ho avuto bisogno. Spero di non attirare troppa sfortuna scrivendolo, ma a me la depressione post-parto non è mai venuta. All'arrivo di Verdun, e di nuovo dopo quello di Pierrot, è seguita una sensazione di estrema euforia, come quella della mattina del 25 dicembre quando ero bambina appena prima di aprire i regali,o quella, tipica di un periodo successivo, degli innamoramenti fulminanti; poi, piano piano, con gli inevitabili alti e bassi, siamo scivolati in una pseudo-routine, e l' euforia si e attenuata - spenta no, però.
Comunque, per questo motivo gli health visitors mi hanno sempre guardata con sospetto e fastidio: pare che ormai il mito dei babyblues sia così diffuso che se non sei emotivamente distrutta entro il secondo mese di vita del bebè , forse non stai facendo le cose come si deve. Così ho finito per infastidirmi a mia volta: ora, io dopo la nascita dei pargoletti sono rimasta generalmente abbastanza su di morale, però le insicurezze non mi sono mancate, e lo sguardo torvo di Obi ha generato ansia e tensione, cose che sostanzialmente la sua categoria professionale è pagata per evitare. Conclusione: se troverò l' energia per riprodurmi ancora, non succederà in UK. Amen.

(Gordon, se stai leggendo questo post dovresti scorgere tra le righe un suggerimento per il risanamento della spesa pubblica che passerebbe quasi inosservato. Tranne che a Obi e compagne, ovviamente. )

6.4.10

(Health) visitors

Uno dei temi proposti dall'iniziativa "Mamma che ridere" riguarda lo stormo di visitatori inopportuni che sono in genere corollario inevitabile alla nascita dei pargoletti. Quando però partorisci a mille km da parenti e amici, la situazione è un po' particolare.
Nel nostro caso, i potenziali visitatori hanno ascoltato il nostro invito a tenersi alla larga per i primi due mesi, intervallo di tempo minimo perchè la famiglia si adattasse ai ritmi della new entry. Tuttavia, anche noi siamo stati oggetto della piaga del visitatore indesiderato nella forma degli health visitors.

Prima di emigare in UK, gli unici visitors di cui ero a conoscenza erano quelli di una serie fantascientifica anni '80 che mi era proibito guardare, perchè si temevano incubi notturni e incursioni nel letto dei genitori. A vederli adesso fanno quasi tenerezza, ma all' epoca erano considerati l' apoteosi dell' horror, e io comunque ero in zona scuola materna, quindi relativamente facilmente impressionabile.
Poi a Londra, vent' anni dopo, ho scoperto questo genere di visitors ben più inquietanti: gli health visitors, appunto. Trattasi di infermieri specializzati in community care, una sorta di ibrido tra l' operatore sanitario e l' assistente sociale. Non lavorano in ospedale o in ambulatorio, ma ti piombano direttamente in casa per i controlli più assurdi. Il 90% di quello che dicono sono ovvietà imbarazzanti - il resto non si capisce. Il grosso del loro lavoro sta nel distribuire volantini informativi e compilare dossier custoditi dio sa dove. L' avevo detto che questi facevano paura sul serio.

La piaga degli health visitors colpisce in particolare le puerpere: il sistema sanitario inglese prevede infatti la dimissione ospedaliera dodici ore dopo il parto (abbastanza terrificante, soprettutto in caso di figlio numero uno), seguita da controlli dell' health visitor a domicilio ogni tre giorni per le seguenti due settimane.
L' health visitor è in genere donna, nera e gigantesca. Arranca sulla scala a chiocciola che conduce al tuo appartamento, ed entra in casa con un incoraggiante: "Hello. Questa NON è certo e la casa ideale per un bambino."
L'health visitor, che nel nostro caso si chima Obi Anobi (non è un nome d'arte), si piazza in salotto con l' apparente intenzione di discutere i progrssi del bambino, pesarlo, controllare come lo nutri , come lo metti a dormire, come lo cambi, offrire sostegno e incoraggiamento con frasi del tipo: "Sono davveri felice di vedere come sei brava a cambiare i pannolino" ("I am really pleased to see how confident you are in changing her nappy" - giuro, ci mancava solo che mi desse uno sticker con scritto Well done mummy!)

Comunque si tratta solo di una copertura: la sua missione segreta - ma non troppo- è controllare che la madre non covi tendenze suicide.
(to be continued)